Risparmio & famiglie: beni rifugio protagonisti del dopo Covid


Non ci rivolgiamo ai collezionisti di Ferrari o di quadri d’autore. Ci indirizziamo a chi fatica ad accantonare e vuole pensare al proprio futuro. Tutto cambierà e ciò avverrà anche per gli asset protettivi.

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Valutare ogni aspetto della vita in maniera diversa! Ce l’ha imposto il coronavirus e ce lo stanno imponendo realtà sociale ed economia. Forse pochi se ne sono resi conto ma anche la gestione dei beni rifugio – seppur argomento secondario rispetto alla globalità delle trasformazioni in corso – ha subito uno sconvolgimento, che interessa poco gli straricchi ma molto le famiglie, quelle più colpite dalla crisi in corso. Lo testimoniano le richieste di approfondimenti in tal senso che LombardReport ha ricevuto nelle ultime settimane. Impostiamo allora la barra verso qualche sereno porto di destinazione in un mare certamente agitato e incerto.

Un principio fondamentale, la facilità di liquidare – Il Covid-19 fra le tante cose che ha purtroppo insegnato sta facendo emergere un problema fondamentale, quello della liquidabilità degli asset su cui si investe: non in termini di book di Borsa ma di possibilità effettiva di scambiare. D’ora in poi diventerà fondamentale nella valutazione di qualsiasi bene rifugio. L’esperienza di questi due mesi ha esaltato in tale ruolo l’importanza dell’oro, che registra tempi di realizzo velocissimi, soprattutto mediante gli Etf con sottostante fisico, sebbene questi ultimi siano strumenti finanziari e quindi in teoria estranei alla nostra valutazione. E’ importante però stabilirlo subito per correttezza. Secondo ricerche pubblicate da media inglesi l’indice di liquidità dell’oro è salito a 0,000018, punteggio altissimo e superiore ai corporate bond (0,188), mentre i titoli di Stato stanno scendendo nella relativa classifica. All’opposto la peggiore liquidabilità l’hanno dimostrata le auto d’epoca e non quelle da miliardari ma pure gli esemplari accessibili agli appassionati di vetture della propria gioventù. Il mercato si è letteralmente bloccato ed era inevitabile che fosse così. Diamo allora per scontato che la vecchia ricetta della nonna di un patrimonietto – adeguato alle risorse di ciascuno – con un po’ di oro fisico si conferma scelta saggia, sebbene oggi più vincolata dalle norme di compravendita e fiscali rispetto al passato.

Prima nella nuova lista… - Forse un po’ a sorpresa a dominare la scena dei beni rifugio nella nuova accettazione del grande pubblico sta imponendosi la prima casa, perché la reclusione ha evidenziato qualità e difetti di dove si vive. E la voglia di investire in questa direzione è di colpo risalita alle stelle, soprattutto in termini di spazi, silenziosità, protezione ambientale, disponibilità di parcheggio e altro ancora. E’ possibile che la reazione più ovvia del dopo Covid-19 riguardi proprio l’ipotesi di un nuovo immobile abitativo pensato in prospettiva futura, il che potrebbe essere agevolato da tassi di interesse destinati a rimanere bassi per anni. Restano tuttavia molte incertezze su come reagiranno i prezzi alla fine dell’imposto isolamento. In estrema sintesi la residenza principale torna a svolgere il ruolo di rifugio (in tutti i sensi) per eccellenza, soprattutto nel caso di immobili tecnologicamente innovativi.

Seconde case con tanto lavoro – Un’altra tendenza che sta affermandosi consiste nella possibile ripresa di ruolo protettivo e allo stesso tempo creativo di reddito da parte delle seconde case affittate a scopo turistico. Si prevede un vero e proprio boom nella prossima estate e forse nei prossimi anni per quelle collocate in località di montagna (tutte le Alpi ma meglio le località minori) e nelle cittadine di mare non troppo lontane dai grandi centri abitati. Negli anni ’70 e ’80 il risparmio delle famiglie si indirizzava verso questo asset e verso i titoli di Stato. Entrambi hanno subito disaffezione nell’epoca della globalizzazione e soprattutto l’immobiliare da vacanza era entrato in crisi. Si avverte ora un ritorno di interesse grazie agli affitti con Airbnb e compagnia varia ma – va subito sottolineato – questo tipo di bene rifugio richiede maggiore lavoro rispetto al passato, per due motivi: ● concorrenza spietata standard di servizio imposti notevolmente più alti anche per case di basso valore. Il discorso qui si amplierebbe a dismisura, perché l’attività si è professionalizzata. E si sta trasformando in un quasi impiego per la moglie o il marito senza lavoro e specialmente per il singolo che vuole autonomia. I rendimenti in effetti salgono: un appartamentino a Milano Marittima può garantire il 5% lordo per utilizzi di tre mesi, mentre alcune località di montagna con doppia stagione spuntano anche l’8-10%. In questo caso però il ruolo di bene rifugio esige strategie, tempo e disponibilità a relazionarsi con le controparti (intermediari e clienti). Decisiva la scelta di agire in un contesto di specializzazione del prodotto puntando su target bene individuati: per esempio sportivi, famiglie con bimbi, viaggiatori con animali al seguito ecc.

A sorpresa emergono loro – Alcuni operatori intervistati rivelano un netto risveglio proprio nella fase Covid di due tipologie di asset su cui forse non si sarebbe scommesso uno o due anni fa: le case di campagna, anche ruderi da ristrutturare nel tempo, e piccoli lotti di terreno da utilizzare per business biologici. C’è chi scommette che il futuro sia in questi due contesti, soprattutto in un'Italia con ampia offerta di casolari abbandonati. Un agente lombardo afferma in merito: “Avevo in vendita due case isolate nel Lodigiano. Quando è arrivato il virus ho detto al proprietario di rinunciare, perché prevedevo interesse sotto zero. Invece mi sono ritrovato a rispondere alle uniche telefonate di persone allettate da qualche immobile che chiedevano se quelle case disponevano di terra. Ne ho parlato con vari colleghi e la conferma è stata inesorabile: la gente – spaventata – vuole lasciare le città e ritirarsi in campagna. Durerà? Io penso di sì, così come confermo che sono attrattive le piccole attività agricole destinate a micro produzioni di nicchia. La richiesta viene soprattutto dai giovani o meglio dalle giovani coppie”.

Quelli finanziari ma meno esposti alla finanza – Non c’è solo il bene rifugio fisico ma anche quello cosiddetto mobiliare, cioè con sottostanti strumenti finanziari. Su questo fronte la pandemia sta rivoluzionando alcuni prodotti: per esempio i contratti assicurativi cosiddetti di Ramo 1 o 2. Per ora non c’è nulla di concreto ma alcune società avrebbero allo studio strutture più protettive con l’innesto di polizze salute. L’industria deve ridare infatti fiato a una propensione forte al risparmio su forme garantite per investimenti anche minimi in una situazione di bassi tassi di interesse, destinati a restare tali almeno per anni. Con un rischio di fondo (di cui scriviamo al punto successivo), quello inflattivo. Gli equilibri si stanno modificando e ne conseguiranno nuove forme protettive fondamentali in una visione pensionistica che si modificherà radicalmente. Tutto è ancora vago ma alle famiglie alla ricerca di beni rifugio il consiglio di attendere le evoluzioni future va dato. Siamo ancora in emergenza. Prima di pensare a investire in una Ramo 1 o 2 delle generazioni attuali attendete quindi un po’ di tempo, quello sufficiente perché arrivino prodotti concepiti in maniera innovativa.

Un rischio di fondo – Dobbiamo dirlo perché l’argomento è scottante. L’opinione pubblica - tramortita da quanto sta avvenendo – ignora una discussione accademica in corso fra gli economisti soprattutto Usa: l’inflazione esploderà e si trasformerà in iperinflazione? L’ipotesi si sta facendo strada sull’onda di tutte le riorganizzazioni in atto nell’economia in generale e soprattutto nei servizi. Un esempio semplicissimo: il ristorante costretto a ridurre del 50% i suoi tavoli potrebbe essere invogliato dall’aumentare i prezzi. Se ciò vale negli Usa figurarsi in Italia, dove il controllo in merito è stato solo un tentativo (non riuscito) di un lontano Governo Ciampi, se la memoria non fa cilecca. Poi nessuno si è più dato da fare nel nome di quel vero abbaglio da politici e specialisti delle statistiche che è il paniere Istat. Diamo allora per scontate due probabili realtà: nel breve e medio termine l’inflazione ci sarà ma strisciante, cioè non dichiarata, realtà ancor più penalizzante per le famiglie; ● nel lungo termine salirà. Difficile dire se si trasformerà in iperinflazione. Comunque le scelte di investimento di oggi devono tenere conto di una simile ipotesi. Alla quale la vera risposta sta (purtroppo per i fautori dei beni rifugio) nella finanza, con mix di prodotti azionari-obbligazionari più reattivi rispetto per esempio all’oro o agli immobili in presenza di variazioni violente del costo della vita. La classifica degli asset protettivi, secondo un’indagine condotta negli Usa presso gli istituzionali, vede questa classifica:

1°)

Obbligazioni inflation linked

2°)

Portafoglio diversificato di obbligazioni a tasso fisso e variabile

3°)

Immobiliare

4°)

Portafoglio azionario a livello “worldwide”

5°)

Reit immobiliari

6°)

Portafoglio azionario/obbligazionario con suddivisione 60/40

7°)

Materie prime (rame, argento e prodotti agricoli)

8°)

Oro

L’irruzione delle digitali – Infine si deve segnalare come le migliori performance durante il periodo di costrizione abitativa degli ultimi due mesi sono state registrate dalle criptovalute, che hanno spadroneggiato la scena rispetto a oro e obbligazionario ad alto rating. Una casualità? Bitcoin ed Ethereum hanno messo a segno da metà marzo fortissime accelerazioni, non addebitabili solo al boom dell’e-commerce. Giovanni Bonomo ha di recente scritto in un articolo su una pubblicazione economica che “vedere nel Bitcoin un bene rifugio resta a tutt'oggi una scommessa. A inizio 2019, dopo che il mercato azionario era crollato, il Bitcoin si comportava quasi come un porto sicuro, alla stregua dell'oro. Non per niente viene chiamato "oro digitale", dato che fa anche da parametro aureo per la conversione delle altre criptomonete nelle valute fiat. Non sempre però questa proporzione inversa tra azioni e Bitcoin si verifica, restando il suo andamento del tutto imprevedibile: basti pensare a quanto successo tra giugno e luglio dello scorso anno, periodo in cui il Bitcoin cresceva e si apprezzava al pari delle Borse, e a quanto successo, all'opposto, due anni addietro, nel 2018, quando tutto scendeva nelle piazze finanziarie internazionali, compreso il Bitcoin”. Altri ritengono invece che la correlazione fra criptovalute e beni rifugio stia sempre più affermandosi per motivi tecnici molto complessi. Accettarla come un dogma è assolutamente prematuro ma escluderla del tutto sarebbe illogico, seppur quest’asset sia riservato in piccola frazione solo ai giovani più sensibili alle evoluzioni future dell’economia.

Chi perde e chi vince – La crisi ha certamente modificato l’insieme dei classici asset difensivi per eccellenza, azzerando quasi del tutto la validità dei conti deposito, indebolendo il ruolo delle polizze assicurative (che in alcuni casi escono con le ossa rotte dal trauma Covid), stemperando il peso di Bund e Treasuries e confermando invece quello dell’oro, pur con qualche esitazione, e di alcune valute, con il dollaro Usa e il franco svizzero in prima linea. In fondo è giusto che sia così perché le citate diverse tipologie di strumenti appartengono al mondo finanziario, proprio quando i piccoli e medi investitori, quelli appunto che rappresentano le famiglie medie, hanno decisamente indicato la scelta di una netta propensione verso gli asset fisici. La svolta durerà? E’ presto per dirlo ma le prime reazioni si muovono nella direzione di un reale cambiamento degli obiettivi di risparmio.

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