Come gestire la liquidità: tutte le alternative ai soldi sotto il materasso!


E’ stato il tema dominante delle ultime settimane, accentuato dai “rumours” su una qualche forma di patrimoniale o di prelievo dai c/c. Ecco allora una rassegna delle varie scelte possibili per chi voglia ridurre le proprie risorse liquide detenute in banca.

Cedole & dividendi

Quella del titolo non è una battuta! Non pochi italiani stanno infatti pensando di ritirare la propria liquidità dai conti correnti e di metterli se non sotto il materasso (per questioni di igiene!) quanto meno nella cassaforte di casa – nel caso se ne disponga una – o comunque in qualche anfratto segreto della propria abitazione. Al proposito si dice che tanti mobilieri ricevano regolarmente da mesi domande di interventi su arredi nuovi o già posseduti per creare scrigni abilmente dissimulati. Il tutto è l’effetto di tre fattori: troppe voci di più o meno imminenti prelievi forzati sui conti correnti, ipotesi che nessuno può scartare ma nemmeno confermare! ● troppa liquidità in nero, cancro eterno dell’Italia ● troppi disinvestimenti, per una diffusa incapacità nel gestire i risparmi. Il quadro è chiaro ma meno evidenti sono due aspetti:

1°) Tutti i prelievi sopra i 10.000 euro al mese da bancomat o sportelli possono essere oggetto di controlli allo scopo di contrastare riciclaggio di denaro, usura e abusivismo finanziario. Una volta ciò avveniva solo su autonoma segnalazione della singola banca; oggi l’Agenzia delle Entrate può controllare ogni movimento poiché tracciato. Quindi attenzione…attenzione e … attenzione.

2°) Prelevare liquidità (nel rispetto di quanto appena detto) in assenza di una chiara strategia deve tenere conto del fatto che talvolta “xe pèso el tacòn del buso” (“il rimedio è peggiore del danno”) per dirla alla padovana.

Il contesto è chiaro e così vanno verificate le ipotesi possibili per evitare che, volendo non restare esposti con la liquidità ai quattro venti, ci si abbandoni a ben altri rischi. Ecco perché proponiamo oggi un’analisi delle soluzioni possibili nel totale rispetto delle norme in vigore.

Liquidità all’estero

E’ la più estrema ma nelle ultime settimane sembra essere tornata di moda. Si giustifica solo per importi rilevanti, poiché i costi di gestione su c/c stranieri possono essere cospicui. Non si scappa comunque né da prelievi sulla liquidità né da patrimoniali, dato che il tutto deve avvenire alla luce del sole (cioè in dichiarato mediante fiduciaria o RW), il che assimila di fatto questa soluzione alla detenzione di liquidità in Italia. Inoltre le banche estere aspettano i fuggitivi per depredarli nel migliore dei modi (Lugano docet!). La scelta ha un valore puramente rassicurante: detenere i soldi in Svizzera fa sentire bene. E allora perché non valutare altre ipotesi meno complesse: per esempio l’Austria, la Germania o il Lussemburgo? Si resta nell’area Ue, pur con il dubbio che in un’Europa, come quella degli ultimi mesi, le garanzie che la sicurezza si trovi a Innsbruck, Monaco di Baviera o in qualche principato cominciano a scricchiolare, a cominciare da una: c’è proprio da fidarsi delle banche straniere? Il “gioco” comunque vale solo – lo ripetiamo – per importi iper consistenti.

Trasferimento delle risorse in assegni circolari

Soluzione semplice ma che comporta due problemi: 1°) la detenzione dell’assegno in un luogo sicuro, anzi ultra sicuro; 2°) la durata: oltre 30 giorni decade il diritto di regresso alla girata, ma visto che emittente e beneficiario corrispondono il problema non dovrebbe porsi, con un condizionale d’obbligo legato alle prassi delle singole banche. Inoltre il fisco potrebbe esercitare dei controlli sui motivi dell’emissione di un circolare autointestato, che alcuni istituti rifiutano fra l’altro di realizzare, a torto o a ragione (anche perché l’operazione viene automaticamente tracciata per importi oltre 10.000 euro).

Libretto postale

Si può aprirlo online o presso uno sportello, non si hanno costi ma…si finisce direttamente in bocca allo Stato e non è forse la scelta migliore per molti!

In cassetta di sicurezza

La sicurezza appunto protegge da eventuali furti ma non certo dall’occhio dell’Agenzia delle Entrate, che può chiederne l‘apertura in presenza di sospetti di evasione fiscale o riciclaggio di denaro. E’ una soluzione adatta solo a chi ha anticipato da anni i tempi cupi.

Pronti contro termine

Di tutte le ipotesi è forse la peggiore. Si tratta di contratti in cui un venditore, generalmente una banca, cede bond di proprietà a un acquirente: normalmente sono titoli di Stato e obbligazioni dello stesso istituto. Il contratto prevede l’impegno di riacquistarli in un breve lasso di tempo prefissato. Si hanno tutti i rischi: dell’emittente, dei sottostanti (i bond), dei rendimenti bassissimi, della durata prefissata (da 1-3 mesi a 12 mesi), dell’imposta di bollo 0,20% e dell’immediata tassazione in caso di patrimoniali o altro.

Conti deposito

E’ la soluzione più diffusa e da cui molti vogliono fuggire, temendo per la stabilità della banca (quella che offre di più solitamente è meno solida), per l’arrivo di una patrimoniale e per vincoli talvolta penalizzanti. Oggi appaiono come un’alternativa scontata e un po’ vetusta: se non c’è altro!

Etf e fondi monetari

Nella maggior parte dei casi non fruttano nulla, anzi hanno rendimenti negativi. Alcuni intermediari li propongono evidenziando i notevoli scambi messi a segno ma a utilizzarli massicciamente è proprio il sistema finanziario per operazioni cortissime in cui l’effetto tassi sotto zero non ha impatti. E’ pur vero che vari emittenti di fondi hanno messo a punto strumenti più dinamici ideati per le tesorerie aziendali ma resi disponibili anche alla clientela “retail”. Vanno valutati in un’ottica di diversificazione.

Bot

Ormai non sono più il deposito di chi cerca sicurezza ma un’alternativa quasi da trading, poiché molto volatili. A un anno possono garantire rendimenti netti di qualche decimo di punto in percentuale. Se corti – il che impone continui ‘roll over’ di trimestre in trimestre – presentano yield negativi. Considerando poi commissioni e imposta di bollo ha senso buttarsi di nuovo nelle braccia di uno Stato di cui spesso si ha poca fiducia?

Bond a scadenze cortissime

La crisi di marzo ha colpito le quotazioni di non poche emissioni obbligazionarie. Si sono determinate così varie occasioni di bond soprattutto bancari a breve scadenza scesi sotto 100. Sono state opportunità che il mercato ha velocemente messo in pancia. E’ evidente comunque che al loro rimborso il problema liquidità si riproporrebbe.

Covered bond

Le obbligazioni bancarie garantite – appunto covered bond - sono titoli obbligazionari, emessi da banche, che si caratterizzano principalmente per la presenza di una duplice assicurazione: la più importante è rappresentata da un sottostante portafoglio di crediti di qualità primaria, ceduto dall’emittente a una società cosiddetta veicolo. A loro volta gli attivi trasferiti costituiscono un patrimonio separato da quello appunto della società veicolo a beneficio degli acquirenti delle obbligazioni, in favore dei quali è così rilasciata una garanzia. Troppo complessi? Il mercato li giudica però molto affidabili, grazie a rating elevatissimi, e proprio per questo le loro quotazioni sono alte. Il problema è che vengono inseriti soprattutto in gestioni e prodotti strutturati da parte delle stesse banche. Sono quindi poco liquidi.

Bond zero coupon

Quelli in euro stanno piacendo molto e risultano spesso in testa alla classifica degli scambi obbligazionari. Logicamente c’è il rischio emittente e inoltre ci si espone a variazioni di prezzo in funzione di vari fattori.

Polizze vita con gestione separata

Se riuscite a mettere le mani su una cosiddetta Ramo 1 pura (cioè senza quota parte in fondi azionari o altro) bene! E’ una buona e diffusa soluzione da non scartare. Attenzione però: molte sono investite soprattutto in Btp e altri governativi europei. Cercate allora le polizze con sottostanti basse quote di nostri titoli di Stato, sempre che quelli degli altri Paesi siano davvero affidabili quando rendono qualcosa. Il dubbio comincia a circolare.

In sintesi: che catastrofismo! Niente va bene. E’ inevitabile che in una rassegna di forme di investimento si analizzino soprattutto rischi e difetti. Tanto più se si tratta di trovare forme alternative alla liquidità. Il bilancio del tutto è uno solo: la diversificazione resta regina anche su questo fronte, dove una ricetta realmente vincente non c’è. Marzo ha ancora una volta dimostrato che gli asset reali (in tutte le loro varie forme) hanno saputo reggere alle tempeste ma ciò è scontato, seppur con il problema di minori garanzie di immediata liquidabilità. I “real asset” sono però proprio l’opposto della liquidità e non rappresentano quindi che una risposta indiretta e di lungo periodo al problema. Su cui bisogna comunque agire, perché tre pericoli si stanno delineando all’orizzonte:

● oneri bancari in crescita;

● sempre minori rendimenti dei conti deposito;

inflazione in rialzo se i costi del coronavirus finiranno per rimbalzare sulle spalle del cittadino-consumatore.

Di patrimoniale o altro abbiamo già scritto di recente e questo è un rischio in più di cui non si può depotenziare i possibili effetti distorsivi, che colpirebbero qualsiasi forma di investimento, a meno che si voglia incorrere in reati penali.

In conclusione occorre un po’ di scontato ottimismo, pur in un contesto così complesso. Proviamo a crederci: “Andrà tutto bene!”. Forse.

Non accontentarti solo degli articoli Free!

Registrati gratuitamente e avrai accesso senza limitazioni ai servizi premium per 7 giorni!