Bond sotto la lente – Se nemmeno i Treasuries credono nella Fed…


Anche i grandi gestori sostengono che la compressione degli yield è solo un pericolo, poiché temono forte volatilità, mentre incassano i forti profitti realizzati con la corsa delle quotazioni dei titoli di Stato Usa.

Cedole & dividendi

Tassi Usa allo zero! Ci si poteva attendere che l’effetto fosse devastante per il rendimento delle varie scadenze e invece…ci si ritrova con il decennale in salita oltre lo 0,80% (ore 11 di oggi martedì 17 marzo), il che contrasta con il forte movimento ribassista fino allo 0,318% di pochi giorni fa, quando i Fed Funds si attestavano all’1%. Cosa non sta funzionando? Se perfino i Treasuries – così come d’altra parte l’azionario di Wall Street – si deprimono in termini di quotazioni c’è da pensare forse che la crisi sia più preoccupante di quanto perfino i pessimisti valutano?

I big sostengono che…

Siamo andati a sentire allora alcune voci di analisti delle maggiori banche statunitensi. In Goldman Sachs si afferma che tassi allo zero sono un enorme pericolo, poiché espongono i Treasuries a volatilità esasperata e a potenziali veloci correzioni nel breve e medio termine. Di qui le vendite, che si possono definire cautelative. In BlackRock la posizione è meno netta: quanto stordisce i mercati – sostengono – sta nel fatto che Treasuries eccessivamente forti non costituiscono più una protezione rispetto all’azionario, seppur quest’ultimo sia in territorio oltremodo negativo. La classica correlazione inversa starebbe cioè saltando. Michael Purves, amministratore delegato di Tallbacken, fa un ragionamento lineare: “Le quotazioni sono cresciute troppo e spingono gli investitori a vendere, poiché appaiono maggiori le potenzialità di calo che non quelle di ulteriori aumenti”. M&G Investments non parla ma ammette di aver ridotto le sue posizioni temendo correzioni brusche.

Volatilità alle stelle

Quasi tutti riconoscono che yield allo 0,3-0,4% non sono oggi sopportabili e che perfino allo 0,8% costituiscono un pericolo in presenza di una variabilità delle quotazioni destinata a crescere. Lo conferma proprio la seduta in corso, durante la quale si sono visti movimenti notevoli delle quotazioni e quindi dei rendimenti. Sulla “yield curve” la scadenza a un mese è salita allo 0,34% (+67,8% in poche ore) contro lo 0,38% dell’annuale (+33,3%) e lo 0,803% del decennale (+10,3%). In altre parole gli obbligazionisti in titoli di Stato Usa vedono la manovra dei tassi come una scelta obbligata a causa del virus e delle pressioni di Trump ma non credono nella sua durata nel tempo. Hanno ragione? Difficile rispondere. Certo è che in una fase così esasperata, dopo incredibili rialzi delle quotazioni, il bilancino si muove sul “sell”, a favore della liquidità e soprattutto dell’incassare plusvalenze quasi irripetibili.