A settembre è successa una cosa che spesso succede durante i patatrac. E questo ha spaventato moltissimo gli investitori. Le azioni sono crollate ma anche tutti gli strumenti che di solito si utilizzano per proteggersi dai rischi sono crollati. Hanno accompagnato nel viaggio verso il basso i Treasury americani, l’oro, il bitcoin e persino la volatilità del VIX è scesa.
Quando succedono queste evenienze è evidente che gli investitori passano dalla quinta marcia alla terza.
Il dato di fatto ad oggi tuttavia è che siamo al rialzo e posto il grafico dell’indice degli indici, l’SP500, per dimostrarlo:
Sul mercato italiano segnaliamo i seguenti titoli:
DIASORIN: è un titolo che fa parte del gruppo Cobid 19 in quanto la FDA americana ha licenziato i suoi test diagnostici per epatite B e per Covid 19. I ricavi nel primo semestre sono aumentati del 9,1% e il margine operativo lordo è anch’esso aumentato del 10.3%. La marginalità è salita dal 39,8% al 40,2%. Purtroppo il business ex covid ha registrato un calo del 17.3% e quindi diciamo che possiamo dire ufficialmente che se passa in fretta la pandemia son dolori.
ERG: ottima forza relativa, è tornato sui massimi degli ultimi anni. Purtroppo la redditività è in declino costante negli ultimi 3 anni passando da un E-margin del 19.42% nel 2017 ad un E- margin del 3.14% nel 2019 ben prima della crisi del covid. Nel primo semestre 2020 i conti sono stabili rispetto al semestre precedente. Non ci sono segnali di inversione del trend.
GVS: ottima forza relativa e redditività stellare con un ROE al 35% nel 2019. L’azienda si occupa di sistemi filtranti per diversi settori tra cui l’health care. Anche questa è una azienda COVID 19 perché nel primo semestre 2019 il fatturato è cresciuto del 25% proprio a seguito della pandemia. IL margine operativo lordo è cresciuto del 71%. Il management prevede di chiudere l’anno con un incremento del 23-41% rispetto all’anno precedente.
INTERPUMP: una delle società più solide del nostro listino ed oggetto in passato di diverse scorribande nostre, delle quali le ultime due in perdita. Da allora l’abbiamo lasciata nell’angolo volutamente aspettando che un giorno arrivasse il tanto sospirato giorno del breakout da quella che sembra essere una congestione orizzontale poliannuale. A questo punto temiamo soltanto il falso breakout, il cui precedente al ribasso è stato esiziale per chi lo avesse seguito. Da monitorare con attenzione, tanto più che nonostante la difficile situazione del primo semestre i conti sono in diminuzione ma provenendo da una situazione eccezionale sono tutto sommato sempre e comunque invidiabili: ricavi per 639,54 milioni di euro, in contrazione del 9,1% rispetto ai 703,2 milioni realizzati nei primi sei mesi dello scorso anno. A parità di perimetro di gruppo e di tassi di cambio, il fatturato sarebbe sceso del 18,7%. In contrazione il margine operativo lordo (-14,1%), che è passato da 162,18 milioni a 139,25 milioni di euro; di conseguenza, la marginalità è scesa dal 23,1% al 21,8%. Interpump ha chiuso lo scorso semestre con un utile netto (esclusa la quota di terzi) di 62,52 milioni di euro, rispetto ai 91,51 milioni contabilizzati nei primi sei mesi del 2019, in conseguenza all'aumento dei costi operativi e degli oneri finanziari. Nel solo secondo trimestre i ricavi del gruppo sono saliti del 17,8% a 295,57 milioni di euro, mentre l'utile netto è sceso a 29,38 milioni. I vertici di Interpump hanno segnalato che nelle settimane successive alla chiusura del semestre si registrano segni di ripresa degli ordinativi, che se confermati nei prossimi mesi potrebbero essere indicativi di un ritorno verso normali livelli di business.
Aspettiamo conferme sul grafico.
TINEXTA: rottura della lunga congestione ma manca il momentum.