Un nuovo acquisto sul nostro portafoglio, come da segnale operativo inviato poco fa: acquistiamo (incrementiamo la posizione) il fondo CB-ACCENT SWAN ULTRA SHORT-TERM HIGH YIELD "B" EUR (LU0417109930) per un 5% del portafoglio, pari quindi a circa 5.000 Euro.
Per incrementare la quota azionarie è ancora un po’ presto, poiché ottobre/inizio novembre spesso è un periodo infausto per le Borse, per cui non riteniamo opportuno correre tale rischio e preferiamo attendere che si manifestino le premesse per il rally di Natale.
Come vedremo poco più sotto, inesorabilmente prosegue la marcia al rialzo del nostro portafoglio, che buca i precedenti massimi e si porta su un nuovo massimo storico. La costanza di crescita di questo asset è davvero impressionante, perché di fatto – pur con la sua normale e fisiologica volatilità – si porta di massimo in massimo con qualsiasi situazione di mercato.
Prima di vedere i nuovi numeri del nostro portafoglio facciamo un rapido ragionamento su quanto risulta in merito all’aumento dei debiti pubblici in Europa. Di fatto l’Italia lo ha raddoppiato dal 2000 ad oggi, ma c’è chi sta peggio come la Spagna che lo ha quadruplicato. E naturalmente la “corsa” al debito con l’emergenza Covid-19 accentua le difficoltà sotto il profilo fiscale, con Italia, Francia e Spagna che risultano le più esposte.
Per l’Italia si stima che a fine 2020 avremo un debito pubblico di circa 2.600 Mld, cioè un incremento di 190 Mld rispetto a fine 2019. Come ben sappiamo, l’emergenza legata alla pandemia ha fatto esplodere ovunque le emissioni di titoli governativi, nessuno escluso e se da un lato passeremo ad un rapporto debito/PIL del 160% rispetto al precedente 135%, dall’altro siamo in buona compagnia.
Infatti, non sta meglio di noi la Francia, con una stima per fine 2020 di un debito pubblico triplicato nello stesso periodo di tempo, con un aumento di 1.750 Mld a fronte di soli 800 Mld di PIL. E, per quanto possibile, la Spagna va pure peggio: nello stesso arco temporale è passata da un debito pubblico di 362 Mld ai 1.300 Mld stimati per quest’anno, ovvero quasi il quadruplo.
Ecco spiegata – in parte – l’ostilità dei “falchi” e dei “rigoristi” del nord nei confronti del sud Europa, considerando che la Germania ha anch’essa raddoppiato il suo indebitamento nominale, ma a fronte di una crescita del PIL nominale quasi allo stesso ritmo. Tuttavia, la verità è che considerando solo le prime quattro grandi economie dell’Eurozona (appunto Germania, Francia, Italia e Sagna), in poco più di 20 anni abbiamo visto esplodere il debito pubblico per circa 5.500 Mld, di fatto il 50% dell’intero PIL dell’Eurozona.
Ora, poiché gli europei hanno sperimentato due grandi crisi in poco più di un decennio è facile comprendere che, per quanto razionale, a stretto giro non sarà possibile imporre ai cittadini-contribuenti ulteriori sacrifici per fare quadrare i bilanci. E questo, a ben guardare, in quasi tutti gli Stati, perché porterebbe molto facilmente ad una crisi politica potenzialmente irreversibile nell’unione monetaria.
Però come sappiamo, i debiti esistono e in qualche modo andranno ripagati. E rebus sic stantibus, le vie con cui ripagheremo questi debiti sono tre. La prima, attraverso il “Recovery Fund”, obiettivamente varato obtorto collo dal Consiglio europeo, che in quanto fondo comune da 750 Mld in buona parte composto da sussidi, cioè prestiti a fondo perduto, ha di fatto mutualizzato i debiti tra i Paesi dell’euro.
Seconda via, grazie alla BCE – ma a ben guardare grazie anche alla FED – che con la politica monetaria ultra-espansiva e tassi reali negativi sta di fatto facendo “mangiare” parte del debito all’inflazione, per bassa che sia. Infine, terza via, e non è una bella notizia, poiché ad oggi tutti stanno beneficiando dell’ombrello offerto dagli stati più solidi, come Germania, Olanda e Austria, a loro si dovrà rendere conto dopo il 2023 ottemperando l’assoggettamento a piani di consolidamento fiscale negli anni post-pandemia.
Tornando al nostro portafoglio, come detto in apertura di articolo, abbiamo raggiunto un nuovo massimo storico per un NAV, al close di ieri, pari a 101,51 rispetto al precedente a 101,44 toccato a fine settembre. Sempre stabile la performance su base annua, superiore al 3% con un rapporto rischio/rendimento ottimale.
Tabella e grafico dell’equity line aggiornate nella consueta sezione “Portafoglio”, ove è stata anche aggiunta la sintesi del rendimento del “vecchio” portafoglio Rischio Contenuto.