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I merger bancari sono uno dei catalizzatori dell’attuale situazione azionaria in Italia. Dopo l’operazione Intesa-Ubi, che porta proprio oggi al delisting dell’azione Ubi (con un inevitabile impoverimento di Piazza Affari), si attende tanto altro. E in questa direzione potrebbe andare l’aumento di capitale di Bper Banca, che ancora da oggi – giornata quindi campale – offre al massimo 891.398.064 azioni ordinarie nel rapporto di 8 nuove azioni ogni 5 diritti, al prezzo unitario di 0,90 euro. Il mercato non ha reagito inevitabilmente in maniera positiva all’avvio dell’operazione, con una debolezza del titolo che si sta accentuando proprio nelle ultime ore. Dai massimi a 4,3 euro di febbraio il titolo ha subito prima l’impatto Covid e poi le indiscrezioni sulle evoluzioni possibili derivanti dal matrimonio Intesa-Ubi. Lo si ritrova quindi così sotto gli 1,18 euro, a conferma della scontata previsione di un forte aumento della volatilità.
Cosa non piace? - Il fatto che l’aumento di capitale sia iperdiluitivo, come dimostrano i numeri. Ciò comporterà ulteriori scivoloni per l’azione: la scelta migliore per l’investitore sarebbe stata quindi di vendere prima dell’avvio dell’operazione per poi rientrare ad aumento effettuato. D’altra parte una rilevante volatilità (ed è inevitabile) la si riscontra anche sulla quotazione dei diritti, collocati in apertura di seduta a 0,54 euro e scesi già sotto 0,25 euro dopo quasi due ore di contrattazioni.
L’ipotesi forse migliore – La gestione degli aumenti di capitale è sempre complessa perché dipende naturalmente da tanti fattori, il primo dei quali è il prezzo di carico di un’eventuale posizione già in portafoglio. La strategia solitamente consigliata è di vendere le azioni, conservare i diritti e con il ricavato della cessione esercitare questi ultimi. Eseguendo dei calcoli nemmeno troppo complessi si può valutare, così facendo, di quanto si abbassa il prezzo di carico, obiettivo primario da perseguire se le quotazioni in base alle quali sono stati effettuati gli acquisti in passato risultassero troppo elevati. L’alternativa può essere di vendere semplicemente i diritti alle condizioni migliori e di attendere le evoluzioni.
Chi partisse da zero – Si trova naturalmente nella situazione migliore, perché le quantità di diritti in vendita appaiono – almeno osservando il “book” nelle prime ore di contrattazione – di gran lunga superiori a quelle in acquisto, sebbene questi dati possano essere falsati da arbitraggisti inevitabilmente all’opera su un aumento di capitale così complesso. Da segnalare che la Consob è intervenuta in passato con una sua presa di posizione sugli aumenti iperdiluitivi, che si può leggere all’indirizzo Internet http://www.consob.it/web/area-pubblica/aumenti-di-capitale-iperdiluitivi (i tempi di carico sono talvolta lunghi!).
Capire il perché - Il prezzo di emissione delle nuove azioni incorpora uno sconto del 30,97% rispetto a quello teorico ex diritto (Terp) delle azioni ordinarie Bper calcolato al 29 settembre. Il calendario dell’offerta, oltre al fatto che i diritti di opzione siano esercitabili dal 5 al 23 ottobre, prevede la loro negoziazione in Borsa dal 5 al 19 ottobre. L’operazione è finalizzata all’acquisizione degli sportelli Intesa-Ubi che la fusione fra queste ultime ha portato a vendere per la sua concretizzazione. Uno dei motivi di perplessità sta proprio in questo, in quanto la si considera forse una scelta poco strategica in un momento complesso per il sistema bancario italiano. Oltre quindi alla iperdiluizione dell’aumento c’è l’incertezza sull’obiettivo, il che porta alle vendite in atto. Salvo che si tratti di un passo nella direzione di un altro merger e quindi verso prospettive oggi indefinibili.