Franco svizzero vigoroso! Bitcoin che tenta di consolidare! Oro in netta ripresa! Tutto sale in questo confronto fra asset protettivi solo apparentemente paradossale. Gli equilibri stanno però scomponendosi e bisogna così prepararsi a un nuovo futuro più prossimo di quanto non si pensi.
Hot markets
Nello stato di confusione che caratterizza ormai i mercati c’è una guerra a distanza in corso da mesi fra tre asset protettivi del tutto diversi fra loro ma su cui si concentrano le attenzioni degli investitori, con i più prudenti convinti della superiorità delle valute forti (franco svizzero ma anche yen e corone nordiche), i cauti ma non troppo dell’insostituibilità dell’oro e gli ultra dinamici del ribaltamento a favore delle criptovalute. Chi ha ragione e chi torto? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Partendo una volta tanto dall’ultimo anello della catena, in altre parole dall’andamento degli strumenti riferiti a ciascuno dei tre componenti del paradiso o dell’inferno - a seconda di come la si vede – fra i beni rifugio della “old” o della “iper new” economy.
Etn Wisdomtree Long Chf Short Eur (valuta Eur) |
JE00B3MR2Q90 |
Performance 1 anno + 2,7% |
Etp Wisdomtree Bitcoin (valuta Usd) |
GB00BJYDH287 |
Da 3/12/2019 (debutto) a 17/1/2020 / + 23,0% |
Etc Wisdomtree Physical Gold (valuta Usd) |
JE00B1VS3770 |
Performance 1 anno + 23,2% |
Il confronto ha senso? Sì considerando che l’emittente è lo stesso e che sono questi i relativi replicanti con cui si opera maggiormente sui mercati finanziari, sebbene l’Etp sul bitcoin sia quotato solo da poco tempo e unicamente alla Borsa di Zurigo.
► Il primo verdetto è inesorabile. La valuta forte di riferimento, il franco svizzero, si conferma bene rifugio ma senza alcuna forma di profittabilità, poiché l’eventuale utilizzo di obbligazioni espresse in Chf si caratterizza da anni per rendimenti negativi. Dopo il colpo grosso del 15 gennaio 2015, quando la Banca centrale elvetica annunciò di abbandonare la soglia minima di 1,20 contro euro, regalando performance fantastiche a chi si era collocato su una valuta considerata allora monetariamente debole ma strutturalmente forte, il franco ha mostrato una certa volatilità pur riconfermando – soprattutto negli ultimi mesi – il suo vigore protettivo. Agli 1,08 delle ultime sedute si osserva infatti un responso nettissimo:
● tutti gli indicatori tecnici dicono “buy” contro euro, anzi “strong buy”, al punto tale che sono concordi su periodicità giornaliera, settimanale e mensile. Rara una simile concordanza di segnalazioni nell’ambito valutario. E’ un avviso di tempesta per il modo finanziario? Volendo ipotizzare dei livelli, si individuano rafforzamento netto alla rottura di 1,057 e debolezza invece in caso di ritorno oltre 1,11.
● anche gli oscillatori di volumi evidenziano un quadro a favore del Chf.
In sintesi: valuta rifugio per eccellenza, di anno in anno conferma un consolidamento sull’euro dagli oltre 2,2 del decennio 1980 (quando i conti si facevano rispetto a un paniere di divise europee differenti, perché l’euro non si ipotizzava nemmeno) agli attuali 1,08. Il ruolo protettivo è stato certamente eccellente ma ora c’è da chiedersi se possa proseguire su questo cammino, soprattutto in presenza di una “concorrenza” cresciuta oltre modo.
► C’è chi ipotizza che a svolgere tale compito interverranno ben presto le criptomonete. E’ un sogno o un incubo? E’ realizzabile o irrealizzabile? La loro estrema volatilità è stata fino a oggi un tormento ma la situazione potrebbe cambiare grazie ad alcune caratteristiche:
1°) L’assenza di un’autorità centrale – o meglio di una Banca centrale – regolarizzatrice potrebbe anche non essere un male, poiché i signori dei grandi poteri finanziari hanno sinora fatto solo i loro interessi, non difendendo certamente il mondo dei piccoli e medi investitori. Perché non ipotizzare allora una cripto concepita solo per preservare il suo valore, magari correlandolo all’oro, all’argento o a un insieme di metalli preziosi? La supposizione è tutt’altro che irrealistica e c’è chi ci sta già lavorando, naturalmente di là della fantomatica esperienza venezuelana del Petro.
2°) La mancanza di inflazione – propria del concetto di cryptomoney – rappresenta un richiamo molto attraente.
3°) La struttura della blockchain ha potenzialità infinite. Entro dieci anni (forse meno!) si può pensare che il sistema attuale di banca, di prodotto finanziario - pensiamo ai fondi che richiedono giorni e giorni per essere liquidati! - e di intermediazione apparterà a un passato remoto, di cui nessuno sentirà la mancanza. La domanda che ci si pone è come si può verificare la legittimità di una transazione se non c’è un’autorità centrale che abbia la possibilità di effettuare i controlli necessari? La risposta è già stata data dai costruttori delle catene a blocchi. Risulta troppo tecnica e non vogliamo certo tediarvi con simili divagazioni. Il problema sembra comunque risolto e potrebbe portare a servizi finalizzati soltanto alla protezione dei patrimoni con modalità totalmente sconvolgenti.
Abbiamo già detto della relazione con l’oro. Alcuni analisti hanno segnalato come negli ultimi giorni il bitcoin abbia perso poco più di quanto calava il gold, mentre nelle sedute precedenti il trend era stato corrispondente ma con il segno più. Il sito specializzato CoinTelegraph ha di recente segnalato che: 1°) la correlazione tra "oro digitale" e “oro fisico” è quasi raddoppiata negli ultimi tre mesi: lo rivelano nuovi dati pubblicati da Bloomberg. Le statistiche mostrano che il rapporto tra bitcoin (BTC) e gold è passato da 0,496 a 0,837 (ricordiamo che "1" indica un nesso perfetto, mentre "-1" una non correlazione totale). 2°) il riconoscimento del bitcoin come bene rifugio è stimolato dalla rilevanza delle sue caratteristiche non sovrane in un contesto geopolitico imprevedibile.
In sintesi: qui siamo in un terreno sconosciuto. Tutto è possibile, soprattutto davanti all’entrata in scena delle valute digitali di Stato, ipotizzate, sudiate e promesse in tante parti del mondo. Diventeranno reali? Serviranno a proteggere i risparmi dei cittadini? Oppure lo faranno solo quelle di società globali come Facebook o Google? Su questo fronte è vera guerra di nervi, con congetture di ogni tipo. Nella fase attuale il ruolo di rifugio è ancora tutto da dimostrare e lo conferma il fatto che l’analisi tecnica sia poco affidabile nella valutazione dei trend, a causa delle cosiddette “pump and dump”, potenziali frodi destinate a gonfiare le quotazioni per scopi speculativi. Ciò non esclude che le potenzialità di una trasformazione per esempio da franco svizzero fisico a franco svizzero digitale – magari non gestito direttamente dalla Banca centrale di Berna e garantito da un sottostante aurifero – esistano e vadano prese in considerazione. Non si minimizzi quindi il ruolo delle criptovalute, per ora strumento di narrativa per alcuni, di dileggio per altri (per esempio i signori degli imbrogli monetari con conti correnti nei paradisi fiscali!!) e di trading per non pochi. Presto o tardi cambieranno faccia.
► A questo punto bisogna parlare di oro. Ipotizzarne un ruolo marginale sarebbe insensato. C’è tuttavia una correlazione di cui occorre tenere conto. E’ quella con il Treasury decennale, come evidenziato nel grafico qui sotto. Se lo yield del titolo di Stato Usa scende la quotazione del gold sale e all’opposto se il primo va su.
Non si può tuttavia esaurire l’analisi su un solo fattore di relazione, che vale in condizioni di economia in crescita o stabile. Se qualcosa invece andasse storto il quadro cambierebbe ancor più a favore del gold per tre motivi:
1°) Le tensioni geopolitiche stanno aggravandosi e nascono (inutile sottolinearlo!) da aree estrattive del petrolio. Ciò può comportare un aumento delle sue quotazioni – come si è visto di recente – vero obiettivo perseguito dall’amministrazione Trump, che vuole esportare greggio Usa a quotazioni maggiori per impattare positivamente su una bilancia dei pagamenti in rosso ma in lento miglioramento. Ciò vuol dire inflazione in un contesto che favorirebbe indirettamente proprio l’oro.
2°) Sempre Trump – se rieletto – sarebbe capace di mettere in campo un’azione per abbattere i rendimenti dei Treasuries, pur in presenza di inflazione. Ciò sarebbe combustibile per l’oro.
3°) Quando c’è paura (e ora nel mondo ce n’è tanta) l’aurifero lievita a dismisura. Le conferme vengono dalla Gran Bretagna, dove si è avuta una corsa al gold durante le incertezze della Brexit, da Hong Kong, dove i disordini hanno spinto gli acquisti del metallo giallo, e dal sud America in crisi, dove i ricchi comprano preziosi che poi trasferiscono verso destinazioni sicure. Tutte queste preoccupazioni aiutano anche a spiegare perché le banche centrali siano acquirenti nette di oro fin dal 2010.
Un’analisi grafica del gold realizzata su periodicità annuale e riferita a un lunghissimo periodo – dal 1970 a oggi – dimostra tre perentorie verità: ● dal 2001 al 2014 la media mobile a 10 sedute, unica utilizzabile su una cadenza così rilevante, ha costantemente sostenuto il movimento rialzista; dal 2015 al 2018 ha fornito timidi segnali di debolezza; dal 2019 l’evoluzione è tornata positiva. ● il SuperTrend è sempre stato “long” senza alcuna esitazione; ● sui 1.550 $ - cioè alla quotazione in corso – si identifica un livello importante di resistenza/supporto su una frequenza così lunga.
In sintesi – Il metallo giallo conferma quindi il suo perfetto ruolo protettivo, sebbene sia esposto alla correlazione inversa con il rendimento del decennale Usa. E proprio da un eventuale legame con le valute digitali – o almeno alcune – potrebbe sopraggiungere un ulteriore fattore di spinta in un contesto di beni rifugio destinato a rivoluzionarsi forse già nel decennio in corso.
Lo scenario conclusivo appare ben diverso da quanto si sostiene da qualche tempo, ovvero che gli asset rifugio non esisterebbero più. All’opposto confermano bene il proprio ruolo e in prospettiva lo faranno ancor meglio grazie all’ampliamento della compagine. Non resta così che aspettare.