Nuovo massimo storico del portafoglio mentre la scure di Fitch si abbatte su Atlantia


Ne avevano già parlato qualche articolo fa, ma la vicenda Atlantia è ben lungi dall’essere conclusa, tra revoca concessioni, maxi-sanzione, abbassamento dei pedaggi e revisione del rating. Insomma, ce n’è abbastanza per mettersi le mani nei capelli, e non tanto per le possibili conseguenze, ma ancora una volta per la gestione all’italiana della vicenda, senza dimenticare i fini reconditi che porteranno a certe decisioni.

Iniziamo dai fatti: su Atlantia si è abbattuta la scure di Fitch, che ne ha declassato il debito a “junk”, ossia al rating “spazzatura”. Una bella botta, non c’è che dire. Per ora le obbligazioni non sono precipitate ma tracheggiano comunque con prezzi in discesa ma sufficientemente lontani dai minimi toccati in quel drammatico agosto del 2018. Ad ogni buon conto, giusto per avere qualche numero, il bond con scadenza 03.02.2025 XS1558491855 quota in area 94,50 rispetto ai minimi in area 87; l’emissione Atlantia 1.875% Call 13.07.2027 XS1645722262 quota in area 92,80 rispetto ai minimi in area 85.

Questioni di mercato a parte, la holding della famiglia Benetton rischia ora più che mai la revoca delle concessioni e la contestuale modifica del contratto di concessione del 2007, con la riduzione dell’entità dell’indennizzo fissato in oltre i 20 Mld ai non più di 7 di cui si dibatte in questi giorni. Normale che la preoccupazione serpeggi tra gli azionisti, i quali hanno interpellato nientemeno che la Commissione europea chiedendo che il nostro Stato rispetti gli accordi.

Come si è giunti a questo? Molto semplice, anche se potrebbe apparire dietrologia spicciola: il governo Conte vuole punire i Benetton, ma non per la tragedia del Ponte Morandi, bensì per il mancato salvataggio di Alitalia. Eggià, perché come abbiamo avuto modo di commentare in un precedente articolo, l’atteggiamento del governo nei confronti della famiglia Benetton era già chiaramente cambiato nel momento cui gli imprenditori trevigiani hanno negato il loro appoggio per l’ennesima cordata per salvare Alitalia.

E ora il governo sembra proprio intenzionato a forzare la mano, visto che stavolta anche il PD invoca la revoca delle concessioni dopo averla avversata per oltre un anno. Come sappiamo, della manutenzione del ponte Morandi avrebbe dovuto occuparsi Autostrade per l’Italia – controllata da Atlantia – che su quel tratto è concessionario; il governo Conte, sostenuto allora da Movimento 5 Stelle e Lega minaccia immediatamente la revoca delle concessioni. In quel frangente, dall’opposizione, il PD è l’unico partito a chiedere che prima intervengano le sentenze e solo eventualmente dopo il governo decida cosa fare sulla base del contratto stipulato nel 2007.

Nel corso dei mesi successivi il governo si mostra più morbido verso i Benetton, e ne ha convenienza poiché sta trattando (sottobanco prima e alla luce del sole poi…) il loro coinvolgimento nel salvataggio di Alitalia, essendo la famiglia di Ponzano Veneto a capo anche di Aeroporti di Roma. E sin qui tutto bene, perché almeno sino allo scorso autunno il “baratto” sembrava cosa fatta: Atlantia avrebbe messo 300 Mln per salvare la compagnia aerea e il governo avrebbe evitato la revoca, optando magari per una sanzione.

Però, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, e il Movimento 5 Stelle precipita nei sondaggi ma non vuole perdere la faccia anche su questo tema e si mette di traverso. Non avendo ricevuto quindi alcuna garanzia sul versante delle concessioni autostradali, Atlantia si ritira dalla cordata salva-Alitalia con Fs, Tesoro e Delta Airlines con cui avrebbe iniettato denaro fresco nelle casse della compagnia.

Da qui in poi apriti cielo: al di là di tutto, ciò che lascia l’amaro in bocca è che non c’è intenzione di vera giustizia per la tragedia, ma solo un “regolamento di conti” tra lo Stato e una società privata, che dopo avere beneficiato di coperture politiche per troppi anni, viene ora punita per aver fatto saltare il banco sul salvataggio di un’altra società decotta da innumerevoli anni. Ciliegina sulla torta, è normale che con questi siparietti gli investitori esteri trovino conferma che investire in Italia comporti rischi inaccettabili.

Tornando al nostro portafoglio, tocchiamo un nuovo massimo storico a distanza di poco meno di un mese dal precedente. Infatti, il nostro NAV vale oggi, ai prezzi correnti di mercato, 118,28 contro i 118,18 del precedente massimo di fine 2019. La performance cumulata inizia ad avvicinarsi al 10%, considerando che a febbraio del 2016 il NAV iniziale del portafoglio valeva 107,99 e che contro i 118,28 attuali porta ad un risultato complessivo del 9,53%.

Portafoglio come di consueto aggiornato nell’apposita sezione.