Quattro soluzioni, due tradizionali e due innovative, per non restare a secco con i rendimenti. Indispensabili poiché il potere di acquisto sta scendendo precipitosamente. E in più per un nuovo rischio, quello di una patrimoniale specifica.
Cedole & dividendi
Negli ultimi giorni vari report dell’industria dell’asset management hanno suggerito – in una fase di incertezza quale l’attuale – di mettersi liquidi. Che è come se i costruttori di automobili consigliassero di non acquistare in estate perché in autunno arriveranno i nuovi modelli! Non si è mai sentito. Eppure una leader molto autorevole del settore, quale Pictet, nella sua ultima asset allocation dice chiaramente: “I nostri indicatori tecnici suggeriscono che non è il momento per acquistare né azioni né obbligazioni”. Identici consigli da parte di altri leader.
C’è un particolare di cui non si tiene poi conto: l’inflazione è modesta ma allo stesso tempo si avverte una netta perdita del potere di acquisto. Le due cose sono solo apparentemente collegate, poiché la seconda dipende soprattutto da tre fattori: 1°) redditi di lavoro dipendente e pensionistici che non aumentano; 2°) redditi patrimoniali – salvo per chi faccia trading azionario o obbligazionario (minoranza assoluta sul fronte degli investitori) – che languono; 3°) inflazione reale, riferita a tutti i beni di consumo e non solo a quelli del paniere Istat, maggiore di quanto proclamato. Il bilancio complessivo sta diventando pesante. Ciò nondimeno nessuno ne parla, poiché questo viene considerato un problema dei singoli e non della collettività, sebbene lo sia.
Liquidi quindi? Gli italiani lo sono già, con un eccesso di capitali detenuti sui conti correnti e conti deposito che assommano a oltre 1.400 miliardi di euro, cui bisognerebbe aggiungere centinaia e centinaia di miliardi custoditi in cassette di sicurezza, casseforti e quant’altro. La scelta di smobilitare in questa fase asset a forte profitto (soprattutto bond) si può giustificare così soltanto se si sa cosa fare. In altre parole non per aggiungere liquidità a liquidità, poiché comunque soggetta a:
● inflazione (dato medio nel 2019 = 0,84%)
● perdita di potere d’acquisto indiretto
● costi di gestione
● rischio di una patrimoniale che colpisca proprio la liquidità, la più semplice e immediata da concretizzare. Oggi si può stimare in un 15-20% di probabilità.
Andiamo allora al sodo e vediamo quali sono le alternative più praticabili per non cadere in un “loop” senza fine.
► Conti deposito: mah!
Li propongono con dinamismo le banche piccole e grandi. Analizziamoli nei dettagli.
Rendimenti |
C’è chi offre tassi lordi oltre l’1% ma si tratta quasi solo di banche marginali, non sempre aderenti al Fondo di tutela dei depositi, che vale comunque con il limite di 100.000 euro per codice fiscale. Alcune offerte di istituti maggiori si attestano dallo 0,10% allo 0,30% con però precisi obblighi sulla svincolabilità. Se si considera l’inflazione in corso in Italia il rapporto rischio/rendimento resta negativo. |
Spese |
Il bollo dello 0,2% significa 200 euro per un investimento per esempio di 100.000 euro e incide pesantemente sul rendimento finale. |
Rischi |
Quello delle durate predefinite è il maggiore dopo il già accennato rapporto rischio/rendimento. Una tassa patrimoniale potrebbe colpire duramente i c/d, dato il periodo minimo necessario richiesto per lo svincolo. |
Vantaggi |
In pratica solo quello di poter suddividere il capitale in lotti fra diverse banche aderenti al Fondo di tutela. |
► Buoni fruttiferi postali: attenti!
Stanno tornando un po’ di attualità presso gli investitori più tradizionali e alla ricerca di redditività. Quest’ultima è reale?
Rendimenti |
Sono ricomparsi, sebbene marginalmente, ma attenzione alle astute comunicazioni delle Poste. Proclamano redditività apparentemente interessanti, sebbene riferite alla scadenza finale, che è di solito lunga. La versione 3x2 prevede per esempio uno 0,35% lordo per il periodo di possesso fino al termine del 3° anno e dello 0,90% dal 3° al 6° anno, sebbene si pubblicizzi uno 0,90%! L’investimento si rivelerebbe comunque in perdita nella situazione attuale dell’inflazione. Se si smobilita prima la situazione diventa in ogni caso ancor meno favorevole. |
Spese |
Non si ha nessun costo per sottoscrizione, rimborso e gestione, salvo gli oneri fiscali. |
Rischi |
Molteplici: scarsa flessibilità di rimborso; non pagano interessi periodici; non hanno un prezzo di mercato; l’emittente è comunque lo Stato italiano. In sintesi: meglio un Btp Italia! |
Vantaggi |
Si comprano e non ci si pensa più! E' un reale beneficio? |
► Sul conto con un piccolo Pac in azioni e/o bond: non male
E’ una soluzione “fai da te” che può essere presa in considerazione da chi vuole abbinare la liquidità con un progressivo accumulo di rendimento nel tempo, modulabile in funzione delle singole esigenze di ogni risparmiatore.
Rendimenti |
Possono essere interessanti purché si realizzi un vero Pac a piccole quote suddivise nel tempo (periodicità ogni due o tre mesi). Si dispone di 100.000 euro? 90.000 restano sul conto corrente di una primaria banca e con i restanti 10.000 si acquistano quote di azioni (per esempio Eni ed Enel) o di obbligazioni (per esempio l’Intesa San Paolo Tv Sub 30gn22 – Isin IT0005118838 – in euro a taglio 1.000 e la Mediobanca Tv Floor 25ge24 – Isin XS1928480752 in euro a taglio 1.000). Di anno in anno si riduce la quota di liquidità variando eventualmente i Pac. |
Spese |
Le commissioni di acquisto riferite ai Pac. |
Rischi |
La patrimoniale è il maggiore. Poi quelli riferiti agli emittenti degli strumenti finanziari, in presenza di cataclismi. |
Vantaggi |
La modularità nei modi, nei tempi e negli strumenti. |
► Sul conto con un piccolo Pac in Etf: ancora meglio
Seconda soluzione “fai da te”, che in una fase così incerta appare più consona rispetto alle proposte standard delle banche e dell’industria finanziaria.
Rendimenti |
Se il Pac (modalità come nel caso precedente) è ben costruito e si prende un po’ di rischio in più sull’andamento delle quotazioni dei prodotti che lo costituiscono, considerando che comunque gli Etf non comportano pericoli di fallimento perché il loro patrimonio è autonomo e separato da quello della società che li gestisce, si fa “ciao ciao” al rendimento zero. Qualche esempio? ● iShares Usd EM Bond Eur Hedged (titoli di Stato Paesi emergenti espressi in Usd con copertura del cambio - dividend yield 4,8%); ● Xtrackers Global Inflation-Linked Bond (titoli di Stato “inflation linked” dei Paesi sviluppati con copertura del cambio – dividend yield 0,9%); ● Ubs Usa Socially responsible hedged (società Usa a elevato rating ambientale e sociale con copertura del cambio – dividend yield 1,5%). E’ solo una proposta delle tantissime opzioni possibili, che si possono differenziare o concentrare su sottostanti ampiamente generici o specifici. |
Spese |
Le commissioni di acquisto riferite ai Pac. |
Rischi |
La patrimoniale è il maggiore. Naturalmente c’è poi il fattore andamento mercati, che un Pac ben strutturato consente di abbassare al minimo. |
Vantaggi |
La modularità nei modi, nei tempi e negli strumenti. Inoltre un rendimento di base anche più che soddisfacente. |
► E altro ancora…
Ci limitiamo a quattro strade percorribili, due molto banali - le prime - e due più innovative - le ultime - sebbene le opzioni siano pure tante altre. L’industria finanziaria per ora non ha studiato prodotti evoluti “ad hoc” per la liquidità, sebbene negli ultimi tempi si siano visti strumenti innovativi, con buoni rendimenti e tempistiche molto corte, riservati però alla clientela più ricca, quella dei “private”. E’ un primo passo, che noi naturalmente seguiremo con attenzione, perché questo è il tema oggi più sentito dagli investitori evoluti.