Bond con volatilità in un giorno del 100%? E’ normale? L’ipotesi di un QE2 ha stravolto i mercati. Mentre aumentano gli scandali finanziari. Con il rischio di una “bomba” che potrebbe esplodere. Tanti consigli per scantonarla.
Cedole & dividendi
Cominciamo con un interrogativo. Quanto vi fidate dei banchieri centrali? Ognuno si dia la sua risposta ma sembra che un sondaggio a livello internazionale (tenuto nascosto) abbia portato a una conclusione inesorabile: l’opinione pubblica dà loro tanto credito quanto ai politici. Il perché è chiaro: i banchieri centrali sono diventati loro stessi politici, con mire – specialmente a fine mandato – di trasformarsi in protagonisti delle scene governative. Così parlano ormai da statisti e dialogano con messaggi spesso da oracoli, cioè da sacerdoti le cui verità vanno interpretate. Tutto questo non esclude che nella loro azione di banchieri centrali abbiano spesso commesso gravi errori, forse evitabili. Le critiche contro l’operato della Bce da parte di alcuni leader dell’asset management nella settimana appena conclusa ne sono la conferma. Il rimprovero più diffuso: anni di sacrifici non hanno alimentato l’inflazione, che – quando riapparsa – è dipesa solo dal caro petrolio o da fattori nazionali.
Le loro più recenti mosse (non ci riferiamo soltanto a Fed e Bce) appaiono in effetti improntate a schemi e metodi della pura teoria monetaria, con esiti prevedibili seppur sconcertanti. Un esempio? Quanto successo martedì. I titoli di Stato dell’area euro hanno messo a segno performance stupefacenti, di cui gli obbligazionisti ringraziano per un regalo realmente inatteso, basato solo su semplici ipotesi estrapolate dalle parole di Draghi. Isteria pura! Il piccolo e medio risparmiatore intanto non capisce e comincia a chiedersi se abbia senso una situazione in cui il prestare denaro per dieci anni a Paesi nemmeno tanto solidi e super indebitati comporta rendimenti vicini allo zero. Si sta creando una nuova bolla speculativa, ancor più gigantesca di quelle vissute in un recente passato? Quando si vedono – come accaduto martedì – titoli di Stato muoversi con una volatilità dell’80-100% in una sola seduta il timore è più che giustificabile. Inoltre questa volta sono saliti ma se la prossima scendessero?
Sempre il piccolo e medio risparmiatore nota che: ● le curve dei rendimenti dei governativi sono sballate nella maggior parte dei Paesi del mondo (e anche nell’area euro si cominciano a vedere strani trend); ● in Svizzera gli yield si attestano al negativo fino ai 20 anni; ● in Germania fino ai 18 anni; ● il franco svizzero si riavvicina agli 1,10 contro euro; ● l’oro sale; ● la corsa agli acquisti di immobili di altro prestigio da parte dei super ricchi continua; ● si potrebbe proseguire con tante altre voci, che confermano la ricerca di super protezione.
Nel frattempo gli scandali finanziari aumentano e sono un segnale delle difficoltà del settore di garantire rendimenti accettabili, visto che la storia conferma una correlazione stretta fra i due fenomeni.
Torniamo però un momento indietro segnalando come di nuovo nella convinzione del piccolo e medio risparmiatore, cioè del cittadino che fatica tutti i giorni, Quantitative Easing, Tltro e tassi sotto zero non svolgano assolutamente il ruolo cui sono destinati. Lo dimostrano gli ultimi anni, con risultati quasi nulli, confermati dal fatto che stiamo per entrare di nuovo dentro un congegno infernale in cui per il rischio non si paga più una remunerazione corretta. E in cui all’azienda con 200 dipendenti il sistema bancario impone tassi di interesse micidiali e a un qualunque investitore, con un patrimonio anche modesto, le banche offrono liquidità a percentuali dello zero e passa, purché destinata a essere impiegata in altri investimenti, con un micro effetto leva che contribuisce a un enorme effetto leva del sistema e ai prodromi di una bomba, che magari non esploderà ma che potrebbe deflagrare con una potenza molto maggiore rispetto al caso Lehman, le cui origini sono state simili.
Non vogliamo tediarvi con altre chiacchiere e passiamo invece all’obiettivo di oggi, un test “salva risparmi”, da eseguire solo se il ragionamento finora esposto vi ha convinto. Si articola in dieci domande cui ciascuno deve dare le adeguate risposte in base alle scelte effettuate nella gestione del proprio denaro.
1°) Quanto del patrimonio è investito in real asset, cioè in quei beni concreti che non hanno possibilità di andare a leva? Sono immobili, terreni, oro e argento fisici, diamanti, vigne & vino, varie risorse naturali, prodotti agricoli facilmente conservabili, piccole fonti di energie rinnovabili e altro. Se il possesso fisico pone in alcuni casi dei problemi si può ricorrere a strumenti indiretti (soprattutto Etf) con strutture semplici che investano sugli stessi sottostanti. Ce ne sono più di quanto non si creda ma molti intermediari non li propongono perché a loro non convengono. Oppure comprate un garage, dei lingotti d’oro, l’orto del vicino o un maso in montagna. Comporteranno pur sempre dei rischi ma non quelli dell’esplosione di una bolla.
2°) Conoscete i tempi di realizzo di eventuali disinvestimenti? Ciò significa che prima o durante l’investimento occorre informarsi in merito, per esempio per le gestioni patrimoniali e le polizze di Ramo 3 più aggressive, maggiormente esposte alle variabili dei mercati. Non fidatevi comunque delle raccomandazioni degli intermediari, sempre ottimisti in merito. I prodotti strutturati richiedono inevitabilmente riscatti lunghi (i contratti stabiliscono 15 giorni). In presenza di situazioni di emergenza la società di gestione potrebbe però trovarsi in difficoltà a vendere i sottostanti ed essere costretta a protrarre le tempistiche. Se ne tenga conto. Per i fondi il problema è meno grave ma anche qui esiste la condizione dei 15 giorni massimi (un’eternità nel mondo della finanza!), con in più l’incertezza della quotazione di uscita, che dipende dal Nav (Net asset value), consistente nella divisione del valore dell’intero patrimonio del fondo per il numero delle quote in circolazione nel giorno di valorizzazione. Quello reso noto sui media è vecchio almeno di due giorni e quindi inutile in situazioni di stress, nelle quali esiste poi il rischio estremo di una sospensione dei rimborsi, prassi più diffusa di quanto non si creda, se ciò è avvenuto negli ultimi anni per alcuni fondi immobiliari e perfino obbligazionari. Casi rari ma che devono convincere a essere prudenti e a scegliere strumenti con capitalizzazioni né troppo grandi né troppo piccole.
3°) Quando investite soprattutto in azioni e obbligazioni vi siete informati se la relativa società è esposta a forti leve finanziarie? Non vi intratteniamo su questo aspetto ma ricordiamo che uno dei parametri maggiormente utilizzati nella prassi professionale, è il cosiddetto “leverage”, cioè il rapporto tra indebitamento e capitale proprio. Se è pari a 1 l’azienda non ha debiti, perché tutti i finanziamenti sono rappresentati dal solo capitale proprio. Se il valore è compreso tra 1 e 2 il capitale proprio è maggiore dell’indebitamento, situazione normale, poiché ogni azienda è strutturalmente indebitata. Quando, invece, assume un valore maggiore di 2 significa che i debiti sono maggiori del capitale proprio e che quindi la situazione finanziaria potrebbe essere compromessa, con di fatto una sottocapitalizzazione. Negli ultimi anni – complici i tassi a zero – la prassi della leva è esplosa ed espone a rischi non stimabili.
4°) Se siete investiti in obbligazioni corporate e high-yield ne conoscete gli spread medi di mercato? In altre parole la differenza fra pezzo di acquisto e di vendita in condizioni normali. Se è bassa (fino ai 50-60 pb) tutto ok ma oltre bisogna allertarsi per prevenire eventuali tensioni. Durante la crisi Lehman ogni transazione si bloccò, salvo per i titoli di Stato più solidi. Il resto divenne carta straccia per non poche settimane. Occorre essere coscienti di questo rischio.
5°) Stesso problema per le azioni a bassa capitalizzazione e per molti certificati. Siete consapevoli di qual è la loro liquidità? Magari non pongono problemi in condizioni di mercati rilassati ma se qualcosa va storto possono diventare strumenti illiquidi. Meglio così non credere nelle belle promesse dei “market maker” obbligati a sostenere gli scambi. La stessa Borsa Italiana ammette: “Nelle situazioni di stress di mercato, gli operatori market maker Mifid2 potranno quotare con quantitativi dimezzati e con spread raddoppiati, rispetto a quelli indicati” facendo riferimento a una specifica tabella. Occorre però considerare che la teoria è una cosa e la pratica un’altra.
6°) I titoli di Stato sono strutturalmente sicuri. Sempre? La didattica finanziaria sostiene di sì ma tutti sappiamo che non è vero. In presenza di situazioni di forte stress si evidenzia un divario fra Paesi solidi e Paesi deboli, sintetizzabile nell’asticella di separazione riferita al parametro del debito/Pil dell’80%. Ciò significa che anche nazioni considerate forti come Spagna (96,7%), Francia (96,1%), Gran Bretagna (90,4%) sono potenzialmente a rischio. Il mercato invece premia attualmente i Bono di Madrid (rendimento del decennale 0,44%), gli Oat di Parigi (rendimento del decennale 0,05%) e i Gilt di Londra (rendimento del decennale 0,85% con rischio cambio €/£), effetto degli stravolgimenti delle politiche monetarie. Che dire poi di Italia, Portogallo e Grecia? Sono fuori classifica in un’ottica di difesa di un patrimonio. Quali alternative? I Paesi a rating AAA, dove qualche occasione c’è ancora (ma questo argomento sarà riservato agli abbonati a Lombard Report).
7°) Quanti Etf avete in portafoglio? Meglio loro di qualsiasi altro prodotto finanziario? Lo dicono in molti e ci trovano d’accordo. Purché: ● siano a replica fisica, seppur la replica cosiddetta sintetica preveda comunque delle garanzie di protezione; ● siano molto liquidi, il che dipende non solo dallo spread denaro-lettera ma anche dagli indici e quindi panieri sottostanti (una cosa è investire sull’S&P 500 e altra cosa sulla Borsa messicana!); ● abbiano un “tracking error”, cioè una differenza tra rendimenti giornalieri e quelli del rispettivo indice molto contenuti; ● non si attui il cosiddetto prestito titoli, che in fasi di stress dei mercati è un pericolo.
8°) Di quanta liquidità disponete? E’ un'altra scelta da fare con responsabilità. Spesso l’investitore pensa: “Sì, ma così sono tranquillo!”. Mica tanto se si considera che fra inflazione, imposte e oneri bancari si rischia di perdere ogni anno dall’1 all’1,5%. Ci sono risparmiatori extra prudenti che dall’inizio della crisi Lehman hanno bruciato quasi un 20% del capitale in termini di valore reale. Reazione motivata di chi ci legge: “Ma se tutto il resto è ..altrettanto scuro quanto la cioccolata…meglio questo rischio!”. Ok, purché si sia consapevoli che si tratta di una decisione momentanea, con cui affrontare eventuali tempeste, sempre che si sia in grado di prevenirne l’arrivo. E purché non si cada nelle trappole di prodotti illiquidi quali i certificati di deposito, soprattutto per le scadenze entro i 18 mesi, che presentano poi il rischio emittente, il quale potrebbe fare default, sebbene per le banche aderenti intervenga il Fondo di Garanzia Interbancario con il classico limite dei 100.000 euro. Oltre sarebbe tutto perso.
9°) Siete informati sulla solidità della vostra banca? Inevitabile raccomandarlo dopo i troppi casi di crisi di istituti piccoli e medi proprio in Italia. E’ sufficiente verificare alcuni semplici indicatori di bilancio, quale il Cet1 ratio, che le stesse banche sono obbligate a portare a conoscenza dei clienti. Non può essere inferiore all’8% ma meglio se si colloca su livelli più alti, per esempio oltre il 12-13%.
10°) Avete creduto alle offerte mirabolanti di qualche strano intermediario? Con rendimenti per esempio del 10-15% ogni settimana? O del 30-40% al mese? Rivolgetevi agli organi di controllo perché siete semplicemente caduti in una truffa. Ne vengono segnalate sempre di nuove e la stessa Consob è intervenuta in merito di recente, avvertendo come sia una piaga che si diffonde.
Sono dieci i consigli “salva risparmi” che vi proponiamo. Potremmo proseguire con altri ma il check principale si limita a queste sostanziali precauzioni. Che consistono nel verificare lo stato dell’arte della rischiosità di ogni investimento, per conoscere gli eventuali punti deboli su cui intervenire. Le probabilità di una nuova Lehman? Basse (allo stato attuale) ma non trascurabili.