Un veloce aggiornamento del nostro portafoglio, con poche novità dai mercati che hanno di fatto metabolizzato le mosse della BCE e sono in attesa di quelle della FED prima di prepararsi al periodo estivo (che al momento è solo sul calendario e molto meno nel meteo…), per predisporsi alla prossima stagione borsistica. Intanto in USA l’atteso taglio dei tassi, a seguito delle parole di Powell della scorsa settimana, fa letteralmente collassare i rendimenti dei titoli spazzatura, i cosiddetti “junk bond”, e di fatto in tutto il globo è caccia agli ultimi rendimenti rimasti dopo il crollo delle settimane scorse.
Come sappiamo la settimana passata Powell si è espresso chiaramente per un taglio dei tassi negli USA, nel caso in cui le tensioni commerciali tra USA e Cina montassero ulteriormente e minacciassero la crescita del Pil e la tenuta dell’inflazione. Sul fronte macro i dati di venerdì scorso sull’occupazione riferita a maggio sono stati ben peggiori delle attese, con soli 75.000 posti di lavoro creati, ovvero ben 100.000 in meno del consensus. E con il petrolio in caduta libera nelle ultime settimane è molto probabile che l’inflazione si allontani dal target.
Inutile dire che ormai i mercati scontano ampiamente il taglio dei tassi da parte della FED, posto che i governativi decennali offrirono oggi poco più del 2% e i biennali sono ben sotto tale soglia di rendimento. I corporate, anch’essi, hanno beneficiato delle aspettative accomodanti e così i rendimenti dei bond in USD con rating “AAA” sono diminuiti di 2 bps (al 2,96%), quelli dei bond “BBB” sono diminuiti di 4 bps (al 3,81%) e quelli “junk” hanno vissuto un tracollo medio di ben 39 bps (al 6,21%).
Di fatto, quindi, si osserva sul mercato un deciso restringimento degli spread tra “investment grade” e “high yield”, nonché tra questi e i governativi. Si pensi ai due estremi, e cioè alla distanza di rendimento tra i bond “AAA” e i ”junk”: ebbene, lo spread è diminuito di ben 37 bps, e tra “BBB” e “junk” di 35bps. Numeri di non poco conto considerando i ben diversi gradi di rischio.
Ma d’altra parte, è comprensibile – e di fatto è sempre stato così ciclicamente – che visti i rendimenti praticamente azzerati, se non addirittura negativi, in gran parte del resto del mondo avanzato, l’unica alternativa concreta che il mercato ha per ricavare “yield” dal reddito fisso è puntare sui bond di bassa qualità. Bond che, paradossalmente, diverrebbero meno rischiosi grazie alla riduzione del costo del denaro; tuttavia, se questo in parte è vero è però altrettanto vero che il rischio emittente non è tutto spiegato dal costo del denaro e quindi anche una politica accomodante non rende necessariamente “più sicuri” bond di bassa qualità.
Intanto il nostro portafoglio riprende la marcia e si riavvicina al massimo storico: ai prezzi correnti di mercato il NAV vale oggi 113,45 rispetto ai 113,02 precedenti, ed esprime un progresso del 2,55% da inizio anno e un progresso del 4,24% dai minimi di novembre. Sempre liquidi per una parte del portafoglio, che senza nessuna fretta andremo ad utilizzare a tempo debito.
Portafoglio come di consueto aggiornato nell’apposita sezione.