Sembra incredibile, ma la notizia è arrivata come una bomba: un documento a dir poco esplosivo contro la BCE di Draghi rischia di minacciare un ritorno di crisi dell’euro. Infatti, un documento contro Mario Draghi, firmato da sei ex dirigenti della BCE e pubblicato venerdì scorso, rischia di far esplodere le tensioni (già elevate…) nel board in merito ai tassi e al QE. In estrema sintesi, nelle due pagine del documento, viene espressa preoccupazione per la “crisi in corso della BCE” e si avanza il sospetto che le misure adottate servano perlopiù per “proteggere i governi altamente indebitati dal rischio di un rialzo dei tassi”. Una sconfessione in piena regola dell’era Draghi che viene così giudicata sostanzialmente “non indipendente” rispetto alla sfera politica.
Inevitabili e per certi versi prevedibili le conseguenze che tale documento avrà sulla vita interna all’istituto, a partire dai primi passi che dovrà muovere Christine Lagarde dal mese prossimo, quando prenderà il posto di Draghi. Di fatto, è inutile negarlo, i tedeschi stanno provando a forzare la mano e siamo allo scontro tra nord e sud dell’Europa, tra i c.d. “falchi” e le c.d. “colombe”. Non ci sarebbe da stupirsi più di tanto sulle tensioni interne dovute allo scontro – per altro atavicamente storico – tra nord e sud se non fosse che a suo tempo gli stimoli di Draghi erano stati largamente condivisi sulla percezione di un rischio deflazione e di crisi dell’euro altrimenti inevitabili.
Poi è indubbio che, numeri alla mano, a distanza di quasi cinque anni dal varo del QE gli effetti sull’Eurozona si sono mostrati modesti in termini di crescita del PIL e di raggiungimento del target d’inflazione; non di meno i rendimenti sovrani in tutta l’area sono crollati ai minimi storici, dando origine ad una potenziale bolla obbligazionaria pericolosa in caso di normalizzazione dei tassi e ha permesso ai governi di temporeggiare sulle riforme e il risanamento fiscale.
Ciò che pare scaturire da questa vicenda è che quello in corso non sia un dibattito solo teorico e destinato a rimanere tale: lo scontro, di fatto, è tra due linee di pensiero e cioè tra quanti ritengono che l’Euro sia uno spazio per soli Stati virtuosi e governi responsabili e altri che si mostrano – forse più per interesse proprio che per convinzione – disposti ad andare incontro alle necessità di rifinanziamento dei debiti da parte degli Stati a costi quanto più bassi possibili per renderli sostenibili.
Sotto l’egida di Draghi, per otto anni, ha vinto questa seconda impostazione, sostenuta con buona pace dal governo tedesco ma solo per allontanare il rischio di rottura dell’area. Con la Lagarde la “continuità intellettuale” sarebbe assicurata, ma le voci sempre più fuori dal coro ed esternate con un vigore insolito lasciano pensare che puntino ad evitare che il mandato della francese sia in continuità con quello attuale. Come sempre, staremo a vedere, ma intanto iniziamo a considerare che potrebbero esserci delle piccole o grandi variazioni di impostazione alla BCE nel prossimo futuro.
Tornando alle nostre analisi, con la nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve, registriamo questa settimana rendimenti ancora in lieve allargamento. Questa settimana abbiamo rendimenti negativi sino alle scadenze 2031; il tratto a lunga sale di qualche bps e si porta in area 0,25% di rendimento contro lo 0,22% della scorsa settimana per le scadenze 2049; sulla scadenza a 10 anni siamo in lieve contrazione in area -0,14%. Curva che rimane un po’ più ripida e sempre molto molto erratica nella parte a breve. Più stabili invece i forward su Euribor 6 mesi che sul tratto a lunga si attestano ora in area 0,65% mentre si mantengono stabili sul tratto a breve in area -0,70%.
Sostanzialmente stabili i rendimenti dei decennali e gli spread contro Bund: il decennale tedesco rimane sostanzialmente stabile a -0,57% di rendimento, la Francia sempre ferma a -0,27% e l’Irlanda rimane va a 0,00%. Fermo anche il rendimento della Spagna che rimane a 0,12%, mentre migliora un po’ il Portogallo che si assesta a 0,13%; l’Italia sempre poco sotto l’1,00% con il rendimento attuale a 0,98% A livello di spread Vs Bund abbiamo Portogallo, Spagna e Italia rispettivamente a 69 bps, 68 bps e 154 bps.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati è sempre invariato il quadro di medio periodo a livello strategico, così come si confermano le evidenze del Trendycator in merito ai BOTTOM registrati su Bund, Gilt e Treasury; solo sul nostro Btp per ora manca l’evidenza di un BOTTOM. Trendycator rimane quindi SHORT su tutte le curve analizzate, con l’area UK che vede il Gilt rimanere in area 0,45% di rendimento; sull’area BUND il rendimento fermo in area -0,60%. Sul Btp Trendycator ancora SHORT con rendimenti che “ballano” tra area 0,90% e area 1,00%. In lieve contrazione i rendimenti USA, con Trendycator sempre SHORT sul decennale che va verso area 1,50% di rendimento.
Bond Weekly Ranking
Riprendiamo l’analisi sotto forma di ranking dei bond con rating sotto l’investment grade, a caccia di idee da rapporto rischio/rendimento un po’ spinto. Il ranking considera i bond in Euro con scadenza dal 01.06.2020 al 31.12.2025, aventi rating da BB+ sino a CCC+ e con rendimento minimo del 4,00% lordo.
ATTENZIONE: si rammenta che i bond High Yield hanno un rischio spesso non trascurabile in termini di Credit Risk, per cui non sono da considerarsi come suggerimenti operativi, bensì come mere segnalazioni che non saranno poi seguite in modo organico. Pertanto chi decidesse di prendere spunto da tali segnalazioni dovrà poi seguire in via autonoma l’andamento del titolo e le eventuali notizie relative all’emittente, controllando con frequenza il mercato.