SEGNALI DI ENTRATA E DI USCITA DEL MODELLO QUANTITATIVO LOMBARD PER IL TRADING SULLE AZIONI NASDAQ TIME FRAME SETTIMANALE. ESCE OGNI INIZIO SETTIMANA.
IL REPORT SI COMPONE DI SEGNALI DI ACQUISTO PER NUOVE POSIZIONI E DI AGGIORNAMENTO PER I TITOLI GIA' PRESENTI IN PORTAFOGLIO.
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L'avvio del terzo trimestre è stato piuttosto burrascoso, con una brusca frenata iniziale, cui ha fatto seguito un recupero (a metà) nelle giornate conclusive della settimana. Questo evento deve invitare alla prudenza per le prossime sedute. Non dimentichiamoci che siamo su soglie discriminanti molto delicate (max storici) che, in caso di mancata rottura come di fatto sta avvenendo, potrebbero generare una fase di assestamento verso il basso. E’ pur vero che l'azionario USA ha assorbito nell'ultimo periodo un bel po' di colpi, dalla escalation sui dazi, al deterioramento del manifatturiero, alle recenti minacce di impeachment ed alle recentissime (delle quali parleremo in seguito) e molto probabili attuazioni di dazi contro l’Europa dopo la sentenza del WTO a favore degli Stati Uniti.
Quindi, quando ti aspetti che la tempesta diventi uragano, ecco arrivare il sole a dissipare le nubi sotto le sembianze della FED e delle revisioni positive dei dati occupazionali dei precedenti mesi. Infatti il rimbalzo di Wall Street negli ultimi due giorni della settimana ha ricomposto il pessimo quadro fornito dalle prime due sedute di ottobre, che hanno rappresentato la peggiore partenza di trimestre degli ultimi 11 anni. Come dicevamo la ripresa è scaturita dai deludenti e controversi dati macroeconomici che hanno aumentato le aspettative di un taglio degli interessi, per la terza riunione consecutiva, da parte della FED che si riunirà alla fine di ottobre a Washington. Lo strumento FedWatch del gruppo CME, giovedì scorso, valutava con una probabilità del 87,1% un taglio dei tassi ad ottobre, percentuale poi ridotta al 76,4% dopo la pubblicazione dei dati sull’occupazione di venerdì.
Diamo subito uno sguardo ai numeri della settimana appena passata iniziando dall’unico che ha riportato guadagni (bene, vista la performance negativa di due venerdì fa), l’indice NASDAQ100 che ha chiuso le contrattazioni a 7754,10 guadagnando il + 0,94% seguito dall’indice S&P500 che chiudendo a 2952,01 ha perso il – 0,33% ed infine l’indice DOW JONES (quello che meno aveva perso due fine settimane fa) che ha chiuso a 26820,25 perdendo il -0,92%, ma che in settimana è arrivato a perdere fino al – 4,01%. Di seguito i relativi grafici:
ORO
L'oro da qualche seduta "soffre" la straordinaria forza del dollaro, ma il quadro di fondo rimane favorevole a ulteriori allunghi. Oltre alla forza del dollaro, si fa sentire la chiusura dei mercati finanziari della Cina: lo Shanghai Gold Metal è uno dei poli di interscambio dell’oro più affollati del mondo.
Anche questa commodity ad inizio settimana aveva subito una bella batosta che aveva portato i corsi a registrare un livello di 1458,90 $/oz., molto vicino ai livelli di supporto suggeriti (bravo a chi è riuscito ad acquistare), per poi recuperare le perdite chiudendo la settimana sopra il livello di 1500 (1504,65 $/oz. per la precisione). Come si può notare dal grafico l’area di prezzi 1440/1450 $/oz. si sta rivelando un buon supporto sul quale poter agire con acquisti moderati. Rimane sempre valida l’area di resistenza 1550/1560 $/oz. per alleggerimenti, mentre in ottica “mordi e fuggi” l’area 1520/1525 $/oz. rappresenta un buon livello.
Di seguito il grafico weekly dell’ORO:
LA POLITICA USA DI DONALD TRUMP
Dopo la notizia dello scorso fine settimana secondo la quale l’amministrazione USA stava valutando la limitazione dei flussi di denaro verso la CINA, arrivando ad ipotizzare anche un delisting delle Società cinesi dai listini azionari statunitensi, è giunta ad inizio di questa settimana la notizia che ha depresso i mercati azionari americani e mondiali e cioè che il WTO, l'Organizzazione mondiale del commercio, ha attribuito agli Stati Uniti il diritto di applicare dazi sui prodotti importati dall'Europa come compensazione per gli aiuti pubblici concessi al consorzio aeronautico Airbus. Una vittoria significativa per gli USA che arriva dopo una lotta legale di 15 anni sui sussidi all'aviazione. In assenza di accordi dell'ultima ora saranno colpiti, a partire dal prossimo 18 ottobre, beni di importazione dalla UE per 7,5 mld $. Un provvedimento che colpirà anche l'Italia (che questa volta non c’entra nulla). Nell'elenco figurano infatti parmigiano, pecorino e prosciutto. L'ammontare di dazi sarà diverso: si valuta un 10% sui grandi aerei commerciali e un 25% su prodotti agricoli e industriali.
"Gli Stati Uniti dovranno andare avanti con le contromisure autorizzate dall'OMC fino a quando l'UE non prenderà finalmente provvedimenti per smettere di infrangere le regole e danneggiare gli interessi degli Stati Uniti", ha affermato un alto funzionario dell'ufficio del rappresentante commerciale degli Stati Uniti (USTR). "Di conseguenza, l'USTR sta prendendo provvedimenti per far valere i nostri diritti".
L'USTR ha richiesto un incontro il 14 ottobre con l'OMC per ottenere l'autorizzazione formale a emanare i dazi. L'amministrazione stabilirà dazi del 10% sui prodotti aeronautici e dell'industria aeronautica dell'UE e del 25% su varie merci agricole e prodotti industriali, con un elenco ufficiale che verrà pubblicato in seguito. L'amministrazione ha dichiarato che avrebbe pianificato dazi su beni come il formaggio, olio d'oliva, succo di frutta, gelatina, frutti di mare, vino e tessuti.
La Casa Bianca pur avendo inizialmente richiesto dazi per 11 mld $, dopo la sentenza Trump ha dichiarato ai giornalisti: "È stata una grande vittoria con l'OMC", "Tutti quei Paesi stavano buggerando gli Stati Uniti. È stata una vittoria di $ 7 miliardi".
I funzionari dell'UE hanno a lungo contestato che le loro politiche equivalgono a un programma di sovvenzioni. La commissaria europea per il commercio Cecilia Malmstrom ha messo in guardia gli Stati Uniti dall'introdurre nuove tariffe. In una dichiarazione fornita dalla Commissione europea ha affermato: "Riteniamo che anche se gli Stati Uniti ottengano l'autorizzazione dall'organo di risoluzione delle controversie dell'OMC, optare per l'applicazione di contromisure ora sarebbe miope e controproducente".
Funzionari della Casa Bianca hanno osservato che la sentenza dell'OMC ha consentito di attuare dazi del 100%, mentre l'amministrazione ha deciso di abbassare i dazi in risposta ai commenti del pubblico. I funzionari hanno aggiunto che i dazi potrebbero essere diminuiti se i sussidi ad Airbus saranno eliminati. "Siamo pronti e disposti a negoziare. Speriamo che l'aggiunta dei dazi porti a tale negoziazione", ha detto un funzionario della USTR.
Gli Stati Uniti e l'UE hanno combattuto dal 2004 per stabilire se le rispettive politiche del settore aerospaziale nei confronti di Airbus e Boeing costituiscano pratiche sleali. La sentenza dell'OMC ha affermato che Airbus ha sovvenzionato l'UE concedendogli un trattamento preferenziale sui tassi di interesse. L’OMC ha anche dichiarato che: "L'organo d'appello ha confermato le conclusioni del gruppo secondo cui Airbus ha pagato un tasso di interesse inferiore ... rispetto a quanto sarebbe stato disponibile sul mercato e, di conseguenza, è stato conferito un vantaggio.
I funzionari dell'UE hanno ribattuto che gli Stati Uniti hanno sovvenzionano ingiustamente la Boeing. Mentre da parte USA dichiarano che la presunta sovvenzione era una agevolazione fiscale di $ 100 milioni concessa a Boeing dallo stato di Washington, non una politica del governo federale. (Sarebbe come dire che una regione della Francia o della Germania, giusto per nominare le due nazioni più autorevoli del consorzio, abbia deciso di tassarsi concedendo un’agevolazione fiscale all’Airbus e che la UE non c’entra nulla…..ma per cortesia !!).
A prima vista l’introduzione dei dazi colpirebbe molto più la Germania rispetto alle altre nazioni UE, guidata in modo non trascurabile dalla sua industria automobilistica. Di contro, il danno agli Stati Uniti potrebbe colpire gli enormi impianti automobilistici tedeschi in Alabama e nella Carolina del Sud. Inoltre sono in fase di pianificazione e costruzione ampie zone nuove per l’assemblaggio e per nuovi impianti di batterie, cosa che i dazi statunitensi potrebbero far limitare o cessare del tutto questi piani, costando molto in termini di occupazione futura. Inoltre, gli affollati porti di Mobile e Charleston, che consentono gli approvvigionamenti automobilistiche alle catene di produzione e montaggio, potrebbero subire un notevole ridimensionamento della loro attività.
Ma passiamo alle buone notizie che hanno fatto reagire positivamente i mercati ed iniziamo dalla dichiarazione del consigliere per il commercio della Casa Bianca, Peter Navarro, che ha smentito le indiscrezioni secondo cui l'amministrazione Trump starebbero valutando il delisting delle società cinesi dai mercati Usa. Poi Donald Trump si è fatto vivo su Twitter, non per commentare i disordini ad Hong Kong ma per complimentarsi con il presidente della Cina, Xi Inping, il quale, nel suo discorso prima della parata militare, ha parlato di riunificazione.
Sempre Trump, ha annunciato che una delegazione cinese si recherà a Washington la prossima settimana per portare avanti il negoziato commerciale. Trump ha ribadito che gli Stati Uniti non sono in un angolo ma dispongono di molte opzioni.
Passando ad altro argomento molto caro al presidente Donald Trump, tanto da farne una delle questioni chiave della sua amministrazione ed una delle questioni principali per gli elettori delle prossime elezioni del 2020. Parliamo della riduzione dei costi dell'assistenza sanitaria per gli anziani.
In settimana Trump ha firmato un ordine esecutivo dicendo che avrebbe migliorato i piani privati di “Medicare” per gli anziani, sostenendo che i democratici con la loro proposta "Medicare for All", metterebbero "in pericolo" la copertura economica per l'assistenza sanitaria dei pensionati. In una sorta di campagna elettorale ha arringato la folla di pensionati dicendo che: “fintanto che sarò Presidente, nessuno metterà mano sui benefici di Medicare". "Medicare è minacciata come mai prima e non permetterò mai a questi politici (democratici) di rubare la vostra assistenza sanitaria e di consegnarla agli alieni illegali".
"Medicare for All" sarebbe “come una massiccia acquisizione di assistenza sanitaria da parte del governo" che avrebbe "cancellato" la copertura per gli anziani. "Vogliono razziare Medicare per finanziare qualcosa come il socialismo", ha detto. "Oggi stiamo creando un sistema sanitario che protegge i pazienti vulnerabili". Se non è paranoia allo stato puro…..poco ci manca !!
Il segretario alla salute e ai servizi umani Alex Azar ha dichiarato che il presidente ha dichiarato che l’ordine esecutivo include la riduzione dei costi in “Medicare Advantage” (l'assicurazione privata “Medicare” per gli anziani), la modifica dei pagamenti, l'accelerazione all'accesso alle più recenti tecnologie mediche e l'uso dei servizi di teleassistenza.
Ma le “boutade” di Trump non terminano qui, per cercare di uscirne nel miglior modo possibile dall’accusa di “impeachment” e guadagnare ulteriori consensi in vista delle presidenziali del 2020, in settimana ha dichiarato ai giornalisti: "La Cina dovrebbe iniziare un'indagine sui Bidens" (figlio Hunter e suo padre Joseph, probabile avversario democratico per la corsa alla Casa Bianca). Dichiarazione che viene rilasciata ad una settimana dall’incontro con la delegazione cinese con un argomento (personale) che negli intenti vorrebbe inserire nell’agenda degli accordi commerciali tanto da dichiarare: "Vedremo nell’incontro con loro, vedremo", "Abbiamo molte opzioni con la CINA. Ma se non fanno ciò che vogliamo, abbiamo un potere straordinario". Ora siamo passati ai ricatti inserendo anche coinvolgimenti personali. Cosa possa interessare alla CINA indagare sui Bidens a favore di Trump è una cosa tutta da scoprire, anzi una loro strategia, come abbiamo riportato diverse volte su queste colonne, potrebbe essere proprio quella di portare alla lunga i colloqui nella speranza di avere, nel prossimo futuro, una controparte più affidabile con cui portare avanti i negoziati sui dazi e gli accordi in generale.
Infine una notizia legata all’inasprimento fiscale, il Financial Times ha diffuso oggi alcuni dati sul mercato immobiliare di New York, raccolti dalla società Core, secondo la quale i prezzi medi a Manhattan sono scesi a 999.950 dollari, quindi sotto il milione di dollari, per la prima volta in quattro anni. Il calo del -12% nel terzo trimestre è il peggiore dal 2009 e sarebbe legato all'introduzione di una nuova tassa che va a colpire soprattutto il mercato delle case di lusso.
LA CINA (NON) RISPONDE
Da quando è scoppiata una guerra commerciale con gli Stati Uniti, i media statali cinesi si sono trattenuti dal commentare il turbinio di controversie politiche attorno al presidente Trump. Almeno, fino ad ora. Dopo che Trump ha esortato apertamente la Cina ad indagare sull'ex vicepresidente Joseph R. Biden Jr. e suo figlio Hunter, i media ufficiali e i funzionari cinesi sono stati messi a tacere. Anche il Ministero degli Affari Esteri cinese non ha risposto pubblicamente. Già alla fine di settembre il Ministro degli esteri cinese, Wang Yi, in un discorso a New York aveva dichiarato: "Non ci siamo mai intromesso negli affari interni americani e siamo fiduciosi che il popolo americano possa risolvere i propri problemi". La mancanza di risposta riflette le scelte dei cinesi nell’evitare una spirale di peggioramento delle tensioni mentre cercano di resistere alle richieste dell’amministrazione Trump. Nondimeno temono di poter diventare uno dei temi principali della prossima campagna presidenziale di Trump.
A tal proposito proponiamo la dichiarazione del professor Zhang Jian, che insegna politica americana all'Università di Pechino: "La Cina ha la sua posizione dichiarata di non intromettersi negli affari interni di altri paesi, e se in qualche modo si dovesse trovare un accordo con Trump, sarebbe molto difficile da spiegare sia in patria che all'estero". "Vorranno giocare in un modo molto discreto", ha detto.
LA POLITICA DELLA FEDERAL RESERVE
Come riportato ad inizio articolo, a seguito dei dati macroeconomici usciti in settimana (dei quali parleremo in seguito), gli investitori guardano alla prossima riunione della Federal Reserve sollecitando un intervento. Ma i vertici della banca centrale non sono così convinti della necessità di dare retta ai mercati. Il governatore della Fed di Chicago, Charles Evans, ha detto che il quadro macroeconomico non è così male, per cui non vede il bisogno di interventi a sostegno. La presa di posizione è rilevante, in quanto gli esperti di politica della FED, collocano Evans tra le colombe, ovvero, tra i dirigenti inclini a tenere il costo del denaro, basso.
Di contro, il presidente della FED di New York, John Wiliams, ritenuto il banchiere più vicino al governatore Jerome Powell ha ammesso che lo scenario macro è oggi meno brillante di qualche mese fa. Ha anche affermato che le prospettive sono "di una crescita degli Stati Uniti più lenta, causa gli effetti delle tensioni commerciali e di altre tensioni geopolitiche". "Ciò che sappiamo è che queste situazioni hanno colpito prima le aziende ed ora stanno iniziando a colpire i consumatori".
Il presidente della FED di Boston, Eric Rosengren, ritiene che l’economia statunitense sia sulla strada della crescita del PIL di appena l′1,7% nella seconda metà del 2019. Ad una precisa domanda, ha dichiarato: “dal mio punto di vista generale la stima potenziale per la seconda metà di quest’anno, quindi il terzo e il quarto trimestre, sarà di circa l′1,7%”. “Penso che i dati che abbiamo siano più deboli di prima, ma in realtà sono abbastanza coerenti con l′1,7%”. “Se dovessimo iniziare a vedere dati più bassi di così, ciò implicherebbe un aumento del tasso di disoccupazione e quindi dovremmo davvero pensare a ciò che sta accadendo nell’economia”.
I commenti di Rosengren sono arrivati pochi giorni dopo che lo strumento di previsione della Fed di Atlanta ha indicato che l’economia è cresciuta, nel terzo trimestre, solo dell′1,8% in calo rispetto a una stima precedente del 2,1% e inferiore al 2% del secondo trimestre.
A seguire, i commenti di un altro autorevole esponente della FED di Cleveland, il Presidente e CEO, Loretta Mester che ha dichiarato in proposito: “È la politica commerciale, non la politica della Fed, che sta rallentando la crescita economica”. “La crescita globale sta rallentando, la politica commerciale ha creato incertezza e anche i dazi hanno un impatto”. “Questi fattori spiegano davvero alcuni dei rallentamenti che abbiamo visto all’estero e nel settore manifatturiero negli Stati Uniti e anche dal lato delle esportazioni dell’economia statunitense”. “Il rapporto di venerdì scorso sull’occupazione è solido ma penso davvero che sia importante guardare alle informazioni in arrivo nei prossimi giorni in vista della riunione del 30 ottobre”. “Segnali che il dato sui consumi interni si sta indebolendo non se ne vedono”, ma finora i consumatori resistono bene.
Per quanto riguarda le critiche del presidente Donald Trump, che ha definito i membri della Fed “teste di ossa” per non aver abbassato i tassi abbastanza velocemente, la Mester ha affermato che la FED mantiene le sue priorità sul doppio mandato di mantenere l’inflazione e l’occupazione a livelli sani. “Ci sono sempre sfide là fuori e dobbiamo guardare solo ad esse.”
Infine nell'ambito di una serie di eventi denominati "Fed Listens", che la banca centrale organizza per raccogliere opinioni da accademici, organizzatori di comunità, aziende e altri su ciò che dovrebbe fare, il presidente della FED Jerome Powell in un breve discorso, venerdì scorso dopo l’uscita dei dati macroeconomici sull’occupazione, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: "La disoccupazione è quasi al minimo da mezzo secolo e l'inflazione sta viaggiando un po' al di sotto del nostro obiettivo del 2%". "Il nostro compito è di tenerlo lì il più a lungo possibile."
Powell non ha menzionato in modo specifico il dato sull'occupazione, ma sull’argomento ha sottolineato: "l'importanza di sostenere il nostro mercato del lavoro, storicamente forte, che molti più americani ne stanno beneficiando, di conseguenza”. "Sebbene non tutti condividano appieno le opportunità economiche e la nostra economia debba affrontare alcuni rischi, nel complesso è - come mi piace dire - in una buona posizione".
Powell non ha fornito indicazioni chiare sul futuro percorso dei tassi nelle sue osservazioni, che sono state principalmente dedicate alla revisione strategica a lungo termine delle politiche e delle pratiche della FED. "In questo periodo, stiamo esaminando strategie che potrebbero consentirci di raggiungere in modo simmetrico e sostenibile un'inflazione del 2%", ha affermato Powell. "In questo modo si eviterebbe che le aspettative di inflazione tra consumatori, imprese e investitori scivolino troppo in basso, come sembrano aver fatto diverse economie avanzate."
DATI MACROECONOMICI
Settimana molto movimentata per la pubblicazione di dati macro molto importanti. Il risultato è stato di dati contrastanti ma tendenti più ad una contrazione che ad un’espansione dell’economia a stelle e strisce. Iniziamo dal dato sull’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) di Chicago relativo al mese di settembre, che si è attestato a 47,1 sotto le attese per 50,0 e sotto il dato precedente del mese di agosto di 50,4.
Poi è stata la volta del dato dell’indice dell'attività manifatturiera redatto dalla FED di Dallas, sempre di settembre, che si è attestato a 1,5 sopra le attese pari a 1,0 ma inferiore al dato del mese precedente di 2,7.
Controversa l’uscita dei dati manifatturieri di settembre. Mentre il dato a cura di Markit sul PMI manifatturiero relativo al mese di settembre risulta appena positivo, marcando un 51,1 contro 51,0 del mese di agosto ed atteso dagli analisti. Quello relativo all'indice ISM manifatturiero sempre di settembre, è uscito nettamente inferiore a 47,8 punti contro il 49,1 del mese di agosto ed addirittura al 50,1 punti del consensus, lettura che ci riporta al minimo del giugno 2009 ! A chi credere ?? Di certo non siamo in presenza di dati espansivi.
Controverso anche il dato sui servizi, solo con una piccola eccezione (che spiegheremo in seguito). Partiamo dal dato a cura di Markit, il PMI servizi relativo al mese di settembre, uscito a 50,9 punti in linea con le attese e con il dato del mese di agosto, ed arriviamo al dato sull'indice ISM non manifatturiero (significa che raggruppa anche altri settori, ma il settore servizi rappresenta due terzi percentuali del dato complessivo) relativo al mese di settembre, che è stato pari a 52,6 punti, sotto le attese degli analisti a 55,0 punti ed in calo rispetto ai 56,4 punti del mese precedente.
E’ evidente che l’attività del settore dei servizi negli Stati Uniti ha rallentato il suo ritmo riportandoci indietro di tre anni, ulteriore segnale che gli effetti delle controversie commerciali dell'amministrazione Trump hanno iniziato a diffondersi ampiamente nell'economia USA che arranca appena sopra il livello di stagnazione.
E veniamo ai dati mensili, clou della settimana, circa i nuovi occupati non agricoli nel settore pubblico e privato oltre al dato sulla disoccupazione totale. Il report ha avuto toni non eccezionali, ma sostanzialmente solidi, la media attuale per l’anno è di 161.000, rispetto ai 223.000 dello stesso periodo del 2018.
I nuovi occupati non agricoli nel settore pubblico sono stati 136.000 dai 145.000 attesi dagli analisti e dai 168.000 del mese di agosto (dato rivisto al rialzo), stessa situazione nel settore privato nel quale i nuovi occupati sono stati 114.000 dai 133.000 attesi dagli analisti e dai 122.000 del mese di agosto (dato rivisto al rialzo).
Gran parte delle assunzioni in settembre sono arrivati dal settore sanitario, che ha aggiunto 39.000 occupati rispetto al mese scorso ciò è stato compensato, tuttavia, da un calo delle assunzioni nel settore manifatturiero, confermando che il rallentamento della crescita globale, e a sua volta la domanda estera di beni fabbricati negli Stati Uniti, sta vacillando.
A settembre la disoccupazione totale ha toccato un nuovo minimo da 50 anni ad oggi. Il tasso di disoccupazione è sceso di 0,2 punti percentuali al 3,5% corrispondente a un livello visto, l’ultima volta, nel dicembre 1969. Anche una misura più ampia del tasso di disoccupazione, che include i lavoratori part-time o in posizioni contrattuali, nonché i disoccupati e in cerca di lavoro (la cosiddetta misura della disoccupazione U-6) è scesa al 6,9% da 7,2% di agosto, il livello più basso da dicembre 2000. Mentre in contrazione è uscito il dato sui salari medi orari aumentati solo del 2,9% annuo, dal +3,2% del mese precedente e dalle attese degli analisti, il più basso aumento da luglio 2018.
Infine il dato sulla bilancia commerciale di agosto, dato che se fino a qualche mese fa non era preso in gran considerazione ora, grazie alle politiche di Trump, è assurto alla cronaca. Il disavanzo commerciale degli Stati Uniti si è ampliato più del previsto ad agosto grazie in parte a un livello record di importazioni di beni di consumo e parte come ciclo nuovi dazi contro la Cina.
Lo squilibrio si attestava a 54,9 mld $ alla fine del mese, oltre i 54,5 mld $ previsti dagli economisti intervistati da Dow Jones e dai 54 mld $ di luglio. Le importazioni sono salite a 262,8 mld $ contro stime di 261,4 mld $, mentre le esportazioni sono aumentate a 207,9 mld $, il che ha anche superato le aspettative di 207,4 mld $.
La conclusione da trarre nell’attuale clima è che i dati economici riguardanti i consumatori sono più importanti al fine delle decisioni della FED sui tassi di interesse piuttosto che influenzare direttamente il mercato. L'economia sta rallentando per motivi che la FED non può controllare, ma possono influenzare la vita dei consumatori e gli Stati Uniti per stare al di fuori dalla recessione, il dato sui consumi deve rimanere forte così come la fiducia dei consumatori.
COMMENTI DAL MONDO ECONOMICO
Dopo l’uscita dei dati macro, Mark Hamrick, analista economico senior di Bankrate.com. commenta: “L'economia e il mercato del lavoro degli Stati Uniti sono rimasti notevolmente resilienti di fronte ai rischi al ribasso associati ai commerci e ai dazi per molti mesi". "I prossimi dati macro che usciranno, relativi al mese di settembre, diranno se l'espansione economica da 11 anni ad oggi è davvero in pericolo o sembra buona”. “Il mercato del lavoro americano è in questo periodo sta attraversando uno strano momento, nel quale alcuni datori di lavoro stanno lottando per trovare lavoratori qualificati, anche se altri non ne sentono necessariamente il bisogno". "Con gli imprenditori che adottano un approccio sempre più cauto con gli investimenti, l'assunzione di rischi che rallenta ulteriormente, il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare nel prossimo futuro".
Eric Winograd, economista statunitense senior presso Alliance Bernstein dichiara: “I dati di venerdì scorso non cambiano il quadro economico fondamentale”. “Il mercato del lavoro è ancora forte, aggiungendo un numero sufficiente di posti di lavoro ogni mese. Ma anche con un forte mercato del lavoro, la crescita dei salari rimane attenuata, limitando il rischio che la rigidità del mercato del lavoro spinga l’inflazione in modo significativo più elevato. La domanda che conta di più per l’economia è per quanto tempo il mercato del lavoro può rimanere forte dato il continuo rallentamento della crescita”.
Tom Orlik, capo economista di Bloomberg Economics ha dichiarato: "Il nuovo indicatore di probabilità di recessione negli Stati Uniti mostra un segnale di avvertimento e mostra che la probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi è di circa il 25%. Tenendo conto dei venti contrari legati all'incertezza commerciale e al rallentamento globale, ci aspettiamo che la resilienza del settore dei consumatori e ulteriori tagli da parte della Federal Reserve sostengano la crescita ".
Sulla stessa linea d’onda è Roberto Perli, partner di Cornerstone Macro LLC che afferma: "La FED potrebbe mettere in atto i tagli dei tassi in rapida sequenza in quanto non c'è molto da guadagnare dall'attesa". “I dati macro recenti e il calo dei prezzi delle azioni probabilmente aiuteranno alcuni membri scettici del comitato a decidere fin da questo mese".
Ed anche Sarah House, economista senior di Wells Fargo & Co, dice: "Stiamo assistendo a ricadute dal rallentamento della produzione nel settore dei servizi, ciò mostra che la debolezza non è isolata nel settore industriale e questo aumenta i rischi per le prospettive di spesa dei consumatori. Ne consegue che le probabilità di un altro taglio dei tassi già da questo mese siano notevolmente aumentate".
Di parere opposto, Gad Levanon, capo economista del Nord America, presso il Conference Board ha affermato: “La crescita dell’occupazione continua a rallentare, anche se i mercati del lavoro continuano a rafforzarsi. Mentre i salari sono leggermente diminuiti, è probabile che trovare lavoratori qualificati diventerà più difficile”. “Complessivamente, questi dati forniscono ulteriori prove del fatto che il mercato del lavoro è ancora sano e non aumenta necessariamente la probabilità di ulteriori riduzioni dei tassi da parte della FED per il resto dell’anno”.
La National Retail Federation ha avvertito che l'incertezza economica, i dazi e le fluttuazioni del mercato azionario potrebbero far contrarre i piani di spesa degli americani in vista delle festività. I consumi interni sono stati un punto positivo in un'economia altrimenti in crisi, e gli economisti affermano che questa stagione delle vacanze sarà un altro test della loro capacità di recupero. Matthew Shay, amministratore delegato della National Retail Federation ha dichiarato: "L'economia degli Stati Uniti continua a crescere e la spesa dei consumatori è ancora il principale motore di tale crescita". “Tuttavia, c'è stato chiaramente un rallentamento causato da una notevole incertezza su questioni quali commercio, tassi di interesse, fattori di rischio globali e retorica politica. La fiducia potrebbe essere erosa dal continuo deterioramento di queste e altre variabili. "
La crescita dell'occupazione sta rallentando e le vendite di automobili si stanno riducendo dopo sette anni di rapida crescita. Se la lunga guerra commerciale decisa da Trump contro la Cina continuerà anche durante le festività natalizie, i rivenditori affermano che presto avranno poca scelta se non quella di trasferire sulla spesa dei consumatori, gli aumenti dei costi su abbigliamento, scarpe, giocattoli ed elettronica. A partire da metà dicembre saranno tassati 160 mld $ di importazioni, inclusi laptop, telefoni cellulari e console per videogiochi, oltre ai 110 mld $ di beni cinesi con una tariffa del 15% già stabiliti per il 1° di ottobre, ma prorogati al 15 ottobre se non si trovasse un accordo nel prossimo round di colloqui previsti questa settimana.
Si prevede che queste nuove tariffe aumenteranno il prezzo dei giocattoli del 17%, delle scarpe dell'8%, dei vestiti del 5% e dei mobili e dei televisori del 4%, secondo un rapporto di Trade Partnership Worldwide, preparato per la National Retail Federation.
A tal proposito Matthew Shay ha detto: "Nessuno di questi rivenditori vuole trasferire alcun costo ai consumatori se possono evitarlo". "Tutti sperano che troveremo un modo costruttivo per affrontare questi problemi e risolvere le nostre controversie commerciali". Attualmente, l’NRF prevede che le vendite al dettaglio nel periodo natalizio aumenteranno tra il 3,8% e il 4,2% rispetto allo scorso anno, a circa 730 mld $. e le vendite online dovrebbero aumentare fino al 14%, a 167 mld $.
Per quanto riguarda le spese in conto capitale delle aziende, David Aurelio, senior manager della ricerca di Refinitiv, secondo i dati basati sulle stime degli analisti della Società, dice che esse dovrebbero essere aumentate solo del 3,0% nel terzo trimestre rispetto a un anno fa, il che sarebbe il dato più basso dal secondo trimestre del 2017. Tale stima scende all'1,1% nel quarto trimestre e in alcuni trimestri del 2020 sono previsti cali di anno in anno.
Inoltre con l’avvio della stagione delle trimestrali societarie, prevedono che i risultati complessivi dovrebbero essere relativamente deboli, con gli utili delle società dell’indice S&P500 diminuiranno del 2,7% nel terzo trimestre rispetto a un anno fa.
Concordano con queste stime anche Kristina Hooper, capo stratega del mercato globale presso Invesco a New York: "È molto probabile che le spese in conto capitale siano inferiori alle aspettative". "Siamo in uno stato di maggiore incertezza della politica economica. Ciò riduce gli investimenti delle imprese".
E Keith Lerner, capo stratega del mercato presso SunTrust Advisory Servizi ad Atlanta: "Esiste una correlazione tra la fiducia dei CEO e il capex. E in questo momento abbiamo visto diminuire la fiducia dei CEO, quindi sarà più difficile per le aziende spendere per il futuro".
L'International Air Transport Association ha dichiarato che il mese scorso la domanda di passeggeri e merci si è contratta per il nono mese consecutivo e ha esortato gli Stati Uniti e la Cina a raggiungere un accordo per disinnescare le tensioni commerciali. Alexandre de Juniac, direttore generale della IATA ha detto: "Le tensioni commerciali gravano pesantemente sull'intera industria del trasporto aereo di merci". "L’imposizione di dazi più elevati stanno interrompendo non solo le catene di approvvigionamento transpacifiche, ma anche le rotte commerciali mondiali".
Infine al riguardo della proposta di limitare i flussi di capitale in CINA, Dalio, fondatore e copresidente di Bridgewater Associates, il più grande hedge fund del mondo, afferma: “Per quanto riguarda le guerre di capitali e valute, la capacità del presidente degli Stati Uniti di tagliare unilateralmente i flussi di capitale verso la CINA, di congelare i pagamenti sui debiti dovuti alla CINA e anche di usare sanzioni per inibire le transazioni finanziarie non americane con la CINA, deve essere considerata come una possibilità”, “Ecco perché la proposta di limitare gli investimenti dei capitali americani in CINA mi fa pensare a delle implicazioni più ampie di questo passaggio e mi chiedo se ci si stia muovendo verso imposizioni più grandi”.
PORTAFOGLIO AZIONARIO
Poco da dire questa settimana riguardo ai movimenti dei titoli azionari del nostro Portafoglio. Ad inizio settimana la situazione presentava due criticità sui titoli, WORKDAY e CISCO SYSTEMS, ma con il recupero del listino anche codesti due titoli si sono riportati su valori di maggior sicurezza anche se persistono in area di debolezza. Ovviamente dobbiamo sperare che i colloqui tra USA e CINA portino almeno ad una distensione. Un accordo totale ci sembra prematuro.
VARIAZIONI IMPORTANTI SUI TITOLI DEL NASDAQ100 NELLA SCORSA SETTIMANA
ACTIVISION + 5,99%. Dopo una lunga attesa, la principale società di videogiochi ha lanciato sul mercato dei “mobile” il gioco “Call of Duty Mobile”. Il gioco è stato lanciato il 1 ottobre ed è già stato scaricato incredibilmente 35 milioni di volte, secondo un comunicato stampa della società. Si stima che “Call of Duty Mobile” abbia già generato 2 mln $ di entrate, il che è impressionante per un titolo free-to-play pubblicato solo cinque giorni fa.
APPLE + 3,74%. Le spedizioni di iPhone potrebbero aumentare del 10% su base annua nel primo trimestre 2020, secondo una nuova stima dell’analista TF Securities, Ming-Chi Kuo. Kuo crede che la crescita sarà parzialmente guidata da un nuovo dispositivo che chiama iPhone SE, che crede sarà un iPhone a basso costo che utilizza il design di iPhone 8 con un processore aggiornato. La nota prevede che Apple potrebbe spedire 37-40 milioni di telefoni di fascia alta iPhone 11 Pro e iPhone 11 Pro Max nel quarto trimestre del 2019. Tuttavia, prevede che Apple potrebbe spedire 36-40 milioni dei modelli più economici di iPhone 11. Inoltre le aspettative sono per un più che probabile aumento dei dividendi prossimi e per gli anni futuri, visto che attualmente la Società sta pagando solo il 25% dei suoi guadagni.
CHARTER COMM. + 5,29%. KeyBanc Capital Markets ha alzato il giudizio sul titolo fissando un prezzo obiettivo di 515 $/az. con un aumento del 20% rispetto alle quotazioni di venerdì scorso.
MONSTER BEVERAGE – 2,13%. La società che produce bevande energetiche ha ricevuto un giudizio negativo da Guggenheim, che ha abbassato la raccomandazione a neutral da buy.
PAYCHEX + 3,47%. La Società di retribuzioni, soluzioni per le risorse umane, e servizi di outsourcing per le piccole e medie imprese, ha presentato i dati economici trimestrali registrando utili del 1° trimestre 2019 di 0,71 $/az. su ricavi di 992,0 mln $. La stima degli analisti era di 0,69 $/az. su ricavi di 990,9 mln $. Il fatturato è cresciuto del 15,0% su base annua. La società ha dichiarato di prevedere utili per il 2020 per ca. 3,10 $/az. su ricavi per ca. 4,08 mld $. L'attuale stima degli analisti per gli utili è di 3,09 $/az. su ricavi di 4,16 mld $ per l'anno fiscale che si chiuderà il 31 maggio 2020.
PEPSICO + 3,45%. La società delle bibite analcoliche ha archiviato il terzo trimestre fiscale con utili del 3° trimestre 2019 pari a 1,56 $/az. su ricavi di 17,2 mld $. La stima degli analisti era di $ 1,50 $/az. su ricavi per 17,0 mld $. Il fatturato è cresciuto del 4,3% su base annua.
La società ha dichiarato che continua a prevedere utili per il 2019 di circa 5,50 $/az. L'attuale stima sugli utili è di 5,51 $/az. per l'anno 2019.
TESLA – 4,42%. Il produttore di auto elettriche ha comunicato alcuni dati del terzo trimestre, che si è chiuso con consegne pari a 97mila veicoli, sotto le attese degli analisti pari a 99 mila veicoli.
KeyBanc Capital Markets ha alzato il giudizio su alcune società che producono i semiconduttori. Si tratta di ANALOG DEVICES + 1,8%, MICROCHIP TECHNO + 2,68%, e NXP Semiconductors + 3,14%, che sono state promosse a “overweight” da “sector weight”. Secondo la banca di investimento, nonostante le vendite deboli del settore a livello globale, le imprese rimangono solide.
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Pagina a cura di GIANMARCO LUCHETTI SFONDALMONDO.