Lo avevamo già considerato, e quindi non è mai stato mistero che per diverse settimane i mercati abbiano puntato l’attenzione sulle riunioni di FED e BCE che tra mercoledì 13 e giovedì 14 giugno hanno delineato l’assetto delle rispettive politiche monetarie. Le due riunioni sono state particolarmente importanti (indubbiamente le più importanti degli ultimi mesi) poiché hanno delineato con chiarezza l’orientamento monetario a lungo termine.
La FED ha sciolto i dubbi sul numero degli aumenti dei tassi per il 2018: i rialzi saranno quattro, tutti da un quarto di punto. Come quello effettuato mercoledì scorso (il secondo del 2018) portando i tassi nel range 1,75%-2%. Nel comunicato ufficiale diffuso a fine riunione è scomparsa la frase “i tassi rimarranno per qualche tempo sotto il loro livello di equilibrio di lungo termine”; inoltre le proiezioni sono per altri tre rialzi (contro i due previsti precedentemente) nel corso del 2019. Se questa tabella di marcia sarà rispettata, gli USA entro il prossimo anno e mezzo avrà il proprio tasso-chiave attorno al 3%.
A sorreggere le decisioni della FED sono stati indubbiamente due dati macro fondamentali, contenuti nelle nuove stime 2018. Da un lato la crescita del PIL rivista al rialzo, al 2,8% dall’altro il ritocco verso l'alto dell'inflazione, al 2,1%. È l'effetto di un'economia che cresce a un “ritmo solido”, in cui il mercato del lavoro “ha continuato a rafforzarsi”, la spesa dei consumatori è aumentata e gli investimenti hanno continuato a crescere “sensibilmente”.
La BCE, come da attese dei mercati, ha stabilito che dopo la fine di settembre, “il passo mensile degli acquisti netti di titoli sarà ridotto a 15 miliardi di euro fino alla fine di dicembre 2018” e quindi avrà termine. Oltre ad aver lasciati invariati i tassi (sempre come ampiamente scontato dai mercati), la BCE ha delineato in maniera netta la politica monetaria di lungo termine. La decisione sull’uscita dal QE comunicata dal consiglio direttivo della BCE ha comunque lasciato una margine di manovra: infatti il board ha precisato come “tale passaggio sia soggetto alla conferma attraverso i prossimi dati dell’outlook di medio termine sull’inflazione elaborato dallo stesso consiglio”.
Più una questione di forma che di sostanza, poiché la BCE ha indicato la tabella di marcia verso la fine del QE dopo “un'attenta valutazione dei progressi fatti” la cui conclusione è che l'aggiustamento dell'inflazione verso l'obiettivo è “sostanziale”, come ha dichiarato il presidente Draghi.
Ora che le Banche Centrali si sono pronunciate, i mercati cercheranno il loro nuovo “equilibrio” in funzione degli scenari di politica monetaria tracciati da USA ed Europa. Vero è che i nostri modelli già ci indicavano tali cambiamenti e vero è che i mercati hanno scontato correttamente le dichiarazioni di Powell e Draghi.
A nostro modo di vedere, la fine del QE non solo non è la fine del mondo, ma anzi al contrario è il ritorno alla normalità del mondo finanziario. Le manovre ultra espansive non convenzionali hanno drogato i mercati e, soprattutto per il mercato delle obbligazioni, reso del tutto infruttifero per troppo tempo un asset finanziario che di fatto è la base del risparmio della stragrande maggioranza degli investitori.
In questo panorama post riunioni delle Banche Centrali, sono iniziati i primi movimenti di assestamento e – guarda caso – il nostro portafoglio che è ben assettato ne ha beneficiato immediatamente. Innanzitutto la ripresa verso valori più consoni dei titoli targati Italia, con lo spread che si è vistosamente ridimensionato verso area 200 bps; poi la buona ripresa del Dollaro contro Euro, che ha avviato un movimento di rafforzamento che al momento vediamo piuttosto consistente.
E così il nostro NAV vale oggi 111,35 rispetto ai 110,63 dell’ultima valorizzazione. I ratei corrono e le prime scadenze si stanno avvicinando, e guarda caso avverranno proprio in concomitanza del termine del QE, cioè verso la fine di questo 2018. Si libererà poco più del 40% del portafoglio, che significa una potenza di fuoco per il nuovo asset di non poco conto.
Di fatto, al termine di un ciclo molto importante per le politiche monetarie, ci troviamo liquidi per reinvestire sul nuovo ciclo; non solo abbiamo la possibilità di dare un nuovo equilibrio al nostro portafoglio, ma non abbiamo “incastri” su titoli non compatibili con la nuova stagione dei tassi che – seppur moderatamente – è ovviamente in salita.
Portafoglio aggiornato nella consueta sezione e NAV pubblicato anche qui sotto.