Poco da segnalare, a livello di movimenti, sul mercato obbligazionario, con i rendimenti che risultano poco mossi rispetto alla scorsa rilevazione. La relativa stabilità dei rendimenti è di fatto compatibile con il quadro macro che ci si prospetta, e di cui vale la pena fare un piccolo sunto, per mantenere chiari i punti importanti in ottica strategica di portafoglio.
Partiamo dai dati macro del primo trimestre 2018, che un po’ hanno sorpreso al ribasso sia in Europa sia in USA, deludendo in parte alcune aspettative. Differente, sotto questo profilo, l’atteggiamento delle Banche Centrali, con la BCE che è rimasta molto cauta ripentendo il “mantra” dei rischi legati a crescita e inflazione, mentre la FED ha preso una posizione decisa, considerando transitorio questo rallentamento e confermando le attese di crescita dell’inflazione, non escludendo alcuni temporanei sforamenti sopra il target del 2%.
Prova ne sia che il PCE Index si trova oggi all’1,90% molto vicino al 2% target della FED; inoltre, per il mese di aprile le attese sono per un 2,2% ovvero leggermente sopra il target. Pertanto, al momento sul fronte Fed Funds rimane valida la prospettiva di ulteriori tre rialzi per quest’anno. Molto importante, per ciò che riguarda i governativi USA, il movimento dei rendimenti dei T-Bond a 30 e 10 anni, con il primo che ha superato in modo robusto il 3% di rendimento e il decennale che a fine aprile ha toccato 3,05% per poi ripiegare leggermente.
E’ quindi sempre più evidente che il regime delle politiche monetarie USA e Europa viaggino a due velocità, anzi a dirla tutta viaggiano proprio in modo antitetico. Vero è che per la BCE siamo ormai agli sgoccioli del mandato di Draghi, e quindi è abbastanza normale che non si prendano posizioni forti. Tuttavia, questa “latitanza” sul prendere posizioni e delineare con nettezza la fine del QE – e tutto ciò che ne consegue – fa sì che il mercato obbligazionario europeo sia di fatto in uno stato di torpore, dal quale ci si potrebbe risvegliare bruscamente.
La nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve, ci mostra questa settimana rendimenti impliciti sostanzialmente in linea rispetto alla scorsa rilevazione. Sul tratto a lunga siamo sempre in area 1,50% per le scadenze dal 2036 e siamo ancore poco sotto ad area 1,40% per le scadenze 2033; sulla scadenza a 10 anni siamo ora in area 1,03% rispetto alla precedente lettura di 1,04%; sul tratto a lunga rimaniamo ancora sotto poco 1,60% di rendimento per rimanervi sino alle scadenze oltre il 2048. Stabile anche la parte a breve, che mantiene la ripidità già osservata da qualche settimana a questa parte. Lievemente più mossi i forward su Euribor 6 mesi, che sul tratto a lunga sono ora di un soffio sopra area 2,10% (contro il 2,08% della scorsa rilevazione).
Poco mossi risultano anche i rendimenti dei benchmark decennali, così come gli spread contro Bund, con ritocchi marginali talvolta al rialzo talvolta al ribasso, ma senza cambiare la sostanza delle cose. Il decennale tedesco consolida poco sotto area 0,60% di rendimento (0,58% attuale contro 0,60% della scorsa rilevazione), la Francia passa dallo 0,82% all’attuale 0,81% e l’Irlanda rimane di fatto attaccata all’1% di rendimento portandosi a 0,99%. Per ciò che concerne i periferici, il nostro Btp sale a 1,85% di rendimento, il Portogallo sale a 1,71% e la Spagna sale all’1,30%. Più uniformi invece i movimenti degli spread, tutti in lieve allargamento, con il Portogallo, la Spagna, e l’Italia rispettivamente a 113 bps, 72 bps e 127 bps.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati non si notano variazioni rispetto a quanto già osservato da diverse settimane a questa parte, e ciò è giocoforza compatibile con quanto sopra osservato in merito agli atteggiamenti delle Banche Centrali. Il modello Trendycator, rimane LONG sull’area UK e rimane neutrale sull’area BUND: l’area UK consolida sempre in area 1,40%, mentre il Bund, dopo lo strappo che lo ha portato in area 0,60%, rimane a latitare in quella zona con Trendycator ancora in posizione neutrale (grigio). Rimbalza un po’ il rendimento del nostro Btp che si riporta sopra area 1,80% nonostante Trendycator resti ancora in zona rossa, e ancora incapace di confermare il BOTTOM realizzato a fine 2017. L’area USA, dopo una fase laterale, riprende la via del rialzo con il temporaneo sforamento di area 3% a fine aprile, e ora vi gravita poco sotto, corroborato dal modello Trendycator sempre saldamente impostato al rialzo.
Stante la perdurante apatia nella zona Euro, è evidente come i margini per un’operatività profittevole di breve termine sul mercato obbligazionario siano particolarmente risicati, per non dire inesistenti. Ben diverso invece il panorama sull’area USA, con rendimenti che tornano ad essere appetibili – ricordiamo che oltre il 3% di rendimento le obbligazioni iniziano a presentare un rapporto rischio/rendimento migliore rispetto alle azioni – fatta salva l’incognita del rischio cambio.
Tuttavia, il Dollaro USA ha preso nelle ultime sedute un ottimo abbrivio e si è portato con decisione sotto 1,20 generando un primo movimento che, se confermato, apre lo spazio per un cambio EUR/USD a nostro favore riaprendo la strada all’acquisto di bond in valuta statunitense, ben più attraenti di quelli europei e spesso –cosa del tutto non trascurabile – con lotti minimi “umani” di 2.000 USD in luogo degli ormai “egemoni” tagli da 100.000 Euro.