Bond: attenti al dollaro. E’ in una fase da gestire


Il rafforzamento sull’euro sarà temporaneo. Poi si prevede nuova debolezza e addirittura un possibile punto di arrivo sugli 1,30.

Cedole & dividendi

A 1,30 di cambio contro euro entro i prossimi dodici mesi. La previsione per il dollaro trova molti gestori istituzionali d’accordo. Intanto il ritorno sotto gli 1,20 ha fatto sperare non pochi piccoli e medi investitori che il trend possa proseguire. Probabilmente succederà nelle prossime settimane, soprattutto se si generalizzerà la convinzione di un ulteriore rialzo dei tassi Fed a giugno, riportando nuovi capitali sui Treasuries, sempre più interessanti in termini di rendimento.

Poi? Il sentiment che la politica restrittiva da parte della Fed stia per esaurirsi potrebbe (o meglio potrà!) causare spossatezza per un biglietto verde strutturalmente indebolitosi dopo l’entrata in scena della presidenza Trump.

Per chi sia esposto su bond in dollari, oggi comunque abbastanza redditizi in termini di cedole, si aprono quattro strade in base all’utilizzo o meno di un conto in valuta, un airbag tale da modificare le valutazioni su come muoversi.

1

Restare posizionati

Se le cedole incassate sono rilevanti e il capitale detenuto in dollari non necessita di essere convertito nei prossimi anni, l’opzione è da prendere in considerazione soltanto se si detiene un conto in valuta. Occorrerà comunque switciare su emissioni via via più interessanti, che il mercato dovesse proporre

2

Liquidare solo le posizioni in profitto

Vendere le obbligazioni su cui vi siano plusvalenze (da quotazione e/o cambio), mantenendo in portafoglio quelle invece in perdita. Ciò può valere se le cedole incassate per queste ultime sono particolarmente significative ma anche in questo caso un c/c in valuta è un presupposto fondamentale

3

Liquidare e trasferirsi su altre valute

Risulta l’ intervento potenzialmente più redditizio. Una fase di debolezza prolungata del dollaro potrebbe essere accompagnata da un ritorno di capitali su divise finora trascurate, soprattutto del mondo emergente. Il problema sta nell’identificare quelle con maggiori prospettive di recupero

4

Liquidare, passare in € e poi attendere

Aspettare che il dollaro torni per esempio a 1,30 per ricostruire un portafoglio di bond nel biglietto verde. Potrebbero scorrere magari molti mesi o anche qualche anno. Il capitale andrebbe trasferito nel frattempo su obbligazioni in euro (inflation o a tasso variabile)

Quale la strategia migliore? Dipende da tanti fattori.

La più sicura è la quarta soprattutto per chi non opera con un conto in valuta.

La più tendenzialmente redditizia è la terza.

La più semplice è inevitabilmente la prima, ma solo se si ha un c/c in valuta.

La più scontata è la seconda.

Il problema sta naturalmente nell’identificare dei livelli potenziali di inversione dei trend. In fase rialzista del dollaro sull’euro si possono stabilire dei “pivot point” su base mensile (più attendibile) a 1,195 e quindi a 1,182. Quello successivo si colloca a 1,159 e appare ultra tirato. L’inversione ribassista trova invece punti di conferma a 1,218, poi a 1,231 e infine una definitiva convalida al superamento di 1,254.

La fotografia naturalmente richiederà continue messe a fuoco. Lo faremo nei prossimi mesi, ma non si trascurino alcune occasioni interessati che il mercato del credito Usa sta offrendo. Anche questo è un tema su cui torneremo.