Come scontato dai mercati, la FED ha alzato i tassi di interesse di un altro 0,25% seguendo quindi il programma tracciato dalla Yellen e ora di competenza d Powell. Stando al comunicato, tuttavia la FED pare un po’ meno ottimista sulle condizioni dell’economia: “l’attività è cresciuta a un ritmo moderato, mentre a gennaio la crescita appariva solida. In particolare, l’andamento dei consumi delle famiglie e degli investimenti hanno rallentato rispetto al forte andamento del quarto trimestre del 2017, quando però il Pil è salito del 2,5% dopo due trimestre chiusi a un ritmo superiore al 3 per cento. In ogni caso, i rischi restano bilanciati e la stretta proseguirà a un ritmo graduale”.
Tutto condensato in queste poche ma chiare righe il programma futuro della FED di Powell, al netto ovviamente di sconvolgimenti al momento non preventivabili. Tradotto in pratica, cosa significa? Molto semplicemente che la stretta della FED continuerà in modo graduale (0,25% per volta), ma potrebbe estendersi di un rialzo. Infatti, le previsioni sul futuro andamento dei tassi ufficiali sono – da un lato – rimaste invariate per il 2018 (quindi con altri due rialzi), ma sono invece modificate per il 2019, poiché ora si punta ad un 3% in luogo del 2,75% precedentemente stimato.
Ciò significa che alla fine dell’anno prossimo il costo del denaro potrebbe aver raggiunto il livello di lungo periodo considerato “neutrale”. Il lieve ampliamento della stretta va letto alle migliori proiezioni di crescita, nonostante le indicazioni molto prudenti del comunicato. In particolar modo, l’inflazione tra due anni potrebbe salire poco oltre l’obiettivo del 2%, raggiungendo il 2,1%, poiché nella sua prima conferenza stampa Powell ha dichiarato che “i fondamentali restano solidi e l’economia non è mai stata così bene negli ultimi 10 anni”.
Sul fronte Euro, la contrazione dei rendimenti è proseguita, in modo particolare sul tratto a lunga della curva, molto probabilmente come “risposta” di nuovo equilibrio ora che la politica della BCE con tanto di exit-strategy dal QE pare piuttosto delineata. Aggiorniamo quindi il nostro portafoglio, che inizia a risentire marginalmente del fatto che alcune scadenze si stanno avvicinando e conseguentemente, com’è normale che sia, i prezzi dei bond tendono a 100. Altro aspetto che continua a frenare un po’ il portafoglio è la forza dell’Euro contro le altre valute.
Il nostro NAV vale oggi 112,45 contro il 112,80 precedente, e come già detto la cosa non preoccupa affatto poiché di fatto si sta chiudendo un ciclo di portafoglio in concomitanza con le aspettative di cambio di rotta da parte della BCE, che saranno graduali come sappiamo, ma inevitabili. Pertanto rimane assolutamente valida la strategia tracciata – e che diverrà operativa a stretto giro, appena conclusa la fase di cernita delle new entry – che prevede accumulo di tassi variabili o tassi misti, ETF a bassa volatilità, HY dal Credit Risk accettabile in quantità misurata e, se proprio le azioni si imbarcano, una piccola quota con un ETF short, giusto per dare un po’ di pepe.
Le vendite selettive per creare liquidità da impiegare nei nuovi titoli sono state individuate e finita la valutazione dei candidati in acquisto passiamo alla fase operativa vera e propria.
Portafoglio aggiornato nell’apposita sezione e grafico del NAV come di consueto anche qui sotto.