Lo scorso giovedì si è avuta la riunione della BCE la quale, per voce di Draghi, sta di fatto preparando la exit-strategy dal QE, gettando le basi per una politica monetaria via via meno accomodante. Il Governatore, che è ormai verso fine mandato, ha già quindi proiettato la Banca Centrale verso la fine del QE e verso il primo rialzo dei tassi, rilasciando in conferenza stampa le previsioni economiche e di politica monetaria, molto attese dal mercato obbligazionario a seguito di dati macro non entusiasmanti.
In merito alle previsioni economiche, le revisioni su crescita e inflazione non hanno riservato grandi sorprese: la BCE ha infatti rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2018 dal 2,3% al 2,4%, mentre ha rivisto al ribasso quelle sull’inflazione per il 2019 dall’1,5% all’1,4%. Il dato sull’inflazione core – che sappiamo essere quello maggiormente preso in considerazione dalla BCE e che oggi viaggia all’1% – dimostra che il target del 2% è ancora lontano e lo stesso Draghi pare anche in dubbio di raggiungerlo nel 2020.
Sotto il profilo della comunicazione, particolarmente importante in sede di conferenza stampa la soppressione del riferimento alla consueta formula con la quale Draghi si era sinora impegnato a espandere il piano “in termini di entità e/o durata” nel caso di un peggioramento delle prospettive. In tal modo il Governatore si è allontanato dall’atteggiamento accomodante, preparando pertanto il mercato alla fine del QE a dicembre.
Draghi ha quindi gettato le basi per la sua exit-strategy, che dovrebbe, tra l’altro, portarlo ad aumentare progressivamente il tasso sui depositi dal 2019. E questo è perfettamente aderente a quanto i nostri modelli già da tempo ci indicavano, soprattutto i tassi forward su Euribor 6 mesi, come visto nelle settimane scorse, oltre che a confermare l’impianto strategico che avevamo delineato già in tempi non sospetti per la gestione della componente obbligazionaria del portafoglio.
La nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve, ci mostra questa settimana rendimenti impliciti ancora in contrazione rispetto alla scorsa rilevazione. Sul tratto a lunga siamo ora in area 1,50% per le scadenze dal 2035 (contro il 2033 della scorsa rilevazione) e siamo sotto ad area 1,40% per le scadenze 2032 (contro il 2031 precedente); sulla scadenza a 10 anni siamo ora in area 1,07% rispetto alla precedente lettura di 1,12%; per le scadenze dal 2037 siamo ora sotto area 1,60% di rendimento per rimanervi sino alle scadenze 2040. Stabile la conformazione della curva, che sostanzialmente non modifica la sua ripidità, mantenendo la stessa inclinazione positiva. Anche i forward su Euribor 6 mesi hanno reagito con un’ulteriore leggera contrazione e sul tratto a lunga siamo ora in area 2,14% (contro il 2,20% della scorsa settimana) mentre rimane ormai stabile da tempo la parte a breve.
Si contraggono anche gli spread e i rendimenti dei benchmark decennali, in accordo con quanto osservato sulla ZC-Yield Curve. Il decennale tedesco scende in area 0,62% di rendimento (da 0,70% della scorsa settimana), la Francia passa dallo 0,94% all’attuale 0,87% e l’Irlanda scende a 1,05%. Restringimento anche per i periferici con il nostro Btp che si porta a 1,91% di rendimento, il Portogallo che scende a 1,81% e la Spagna che passa a 1,41% da 1,47%. Stringono anche gli spread con Portogallo, Italia e Spagna rispettivamente a 118 bps, 128 bps e 78 bps.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati – nonostante la discesa dei rendimenti di queste due ultime settimane – rimane stabile l’impostazione generale, confermando le attese per una nuova stagione di politica monetaria. Il modello Trendycator si mantiene LONG sia sull’area UK sia sull’area BUND: l’area UK rimane di fatto stabile nell’intorno di area 1,50% con Trendycator verde, il Bund torna ben sotto 0,70% ma senza modificare l’impostazione di Trendycator che anche in questo caso rimane verde. Sempre laterale il nostro Btp che sfora marginalmente il range 2%-2,20% portandosi ora a 1,90% di rendimento con Trendycator sempre in zona neutrale e per ora incapace di confermare il BOTTOM realizzato a fine 2017. L’area USA consolida il rialzo dei rendimenti dopo il balzo in area 3% oscillando tra 2,90% e 2,85% e il modello Trendycator sempre impostato al rialzo.
Alla luce delle dichiarazioni della BCE, che prospettano un graduale abbandono della politica monetaria ultra accomodante, nonché un rialzo dei tassi dal 2019, abbiamo la conferma del fatto che la strategia per il portafogli obbligazionario impostata tempo addietro è corretta e, pertanto, bisognerà proseguire sulla stessa linea, cioè privilegiando tassi misti e tassi variabili, e rimodulare la componente a tasso fisso sia in termini di peso nel portafoglio sia in termini di duration.
Nonostante da due settimane a questa parte, apparentemente in asincronia, il mercato obbligazionario abbia visto rendimenti impliciti in discesa, non vi sono modifiche al quadro strategico. Infatti, dobbiamo sempre ricordare che i mercati scontano in anticipo gli eventi market mover, e di fatto la salita dei rendimenti costante avuta nei mesi scorsi vanno letti proprio in questo senso. Pertanto, prepariamoci – seppur con una certa lentezza – ad un nuovo ciclo per le obbligazioni, dopo la stortura dei vari QE.