Possibili rimbalzi di medio termine, “dividend yield” elevati e in alcuni casi distribuzione di profitti mediante il pagamento in azioni: ecco perché questo mondo merita particolare attenzione.
Cedole & dividendi
Il nuovo forte calo del petrolio trascina al ribasso le quotazioni delle azioni del settore, reduci in alcuni casi da precedenti significativi trend rialzisti di lungo periodo. La concomitante correzione dei mercati borsistici accentua una situazione che sta diventando favorevole anche per chi cerca rendimenti da dividendi. Il comparto, più di altri, è sempre stato infatti un ottimo erogatore di profitti agli azionisti. E’ il momento allora di esporsi e quali sono le prospettive di breve e medio termine? L’analisi si riferisce solo alle leader europee, tutte trattate in euro salvo BP, quotata in sterline.
Cinque leader a confronto
Partiamo inevitabilmente da Eni. I rating degli analisti sono positivi, sebbene l’azione abbia sofferto non poco negli ultimi tempi, con una profonda correzione a 13,77 euro. Lo stacco di 0,42 euro a settembre, come acconto 2019, ha anticipato il saldo di 0,41 euro, per un totale previsto di 0,83 euro, superiore agli 0,80 euro del 2018. Il rendimento attuale risulta del 6,03% come valore complessivo, mentre per la quota pagata fra aprile e maggio (la data di stacco deve essere ancora definita) si attesterà al 2,98%. In realtà l’interesse per la società italiana sta però più sulle ipotesi di performance future che non sullo yield, poiché dei 26 analisti specializzati sul titolo ben 15 si esprimono per uno “strong buy”, con obiettivi nettamente superiori rispetto all’ultima quotazione. Il cash flow per azione è dato in rialzo a 3,85 euro nel 2019 contro i 3,55 del 2018 e lo yield pure, sebbene in misura minore: viene infatti stimato al 6,14% per il prossimo anno.
Il secondo titolo che merita attenzione è BP, ai nostri occhi molto interessante per una caratteristica, quella della possibile distribuzione degli utili direttamente in azioni (scrip dividend), opzione determinante ai fini fiscali poiché non soggetta alla doppia imposizione nel Paese d’origine e in Italia. Lo yield attuale è del 6,22% ma attenzione al fatto che la valuta di denominazione è la sterlina inglese, sottomessa a forti fluttuazioni derivanti dalle incertezze su Brexit. Dato che l’erogazione è trimestrale (importo di Gbp 0,080251 l’ultimo versato proprio ieri) si ha il vantaggio di un flusso di cash oltremodo costante. Anche in questo caso gli analisti sono decisamente indirizzati a un “buy”, con target price addirittura a 690 pence contro l’ultima quotazione a 495. L’azione, che capitalizza 98 miliardi di sterline, tratta 11 volte l'utile 2018 e 10,7 quello 2019, in linea con la media del settore europeo (rispettivamente a 11 e 10,2).
Per Total la situazione non è diversa, nel senso che attualmente quest’azione merita maggiore attenzione in un’ottica più di performance da prezzo che non di dividend yield, comunque significativo, attestandosi su circa il 5,5%, con in più il vantaggio di uno scrip dividend in vigore da lungo tempo. Toccati i massimi a 56 euro (4 ottobre scorso) è iniziata una profonda correzione, che l’ha portata a 46 euro, su livelli grafici di nuovo allettanti. Anche in questo caso gli analisti sono prevalentemente indirizzati a uno “strong buy”, con obiettivi addirittura a 70 euro, quasi esagerati. Il titolo, che capitalizza 121 miliardi di euro, è scambiato 10,5 volte l'utile 2018 e in previsione 9,2 per il 2019.
Minore euforia per la spagnola Repsol, anche perché il ribasso iniziato in autunno è stato meno accentuato rispetto a quello di altre società petrolifere. Ai 14,37 euro di quotazione di ieri corrisponde uno yield del 5,5% ma anche in questo caso la distribuzione avviene con metodologia di “scrip dividend”, sicuramente preferibile rispetto a quella “cash”. Inoltre – in base alle prime stime – il rendimento potrebbe salire a oltre il 6% sia il prossimo anno sia nel 2020 grazie al miglioramento di alcuni “ratio” e soprattutto dell’utile per azione (da 1,55 euro nel 2018 a 1,80 nel 2019) e al “cash flow” per azione, stimato addirittura in crescita di quasi il 16% per il 2019. Dei 28 analisti specializzati su Repsol ben 14 propendono per uno “strong buy” e 5 per un “buy”, sebbene i “target price” siano meno esagerati rispetto a quelli delle azioni precedenti. Il titolo, che capitalizza 21,8 miliardi di euro, è scambiato a 9 volte l'utile 2018 e a 7,3 quello stimato per il 2019.
Infine una petrolifera poco conosciuta in Italia ma assai solida e con ottime prospettive di rimbalzo in Borsa. E’ l’austriaca Omv, i cui scenari appaiono addirittura esagerati in alcuni casi. L’ultima quotazione a 37,9 euro testimonia di un forte calo rispetto al massimo nell’anno a 56,3 euro (10 gennaio) e lascia intendere come i margini di rimbalzo siano ampi. Lo testimonia il fatto che dei 20 analisti specializzati sul titolo ben 13 si esprimano per uno “strong buy”. Il “dividend yield” attuale (3,9%) è modesto rispetto ad altre petrolifere ma potrebbe migliorare nettamente nel 2019, grazie a utile e cash flow per azione in forte crescita. Il p/e (prezzo/utile) di Omv, che capitalizza 12,7 miliardi di euro, è di 8,5 nel 2018 e 6,7 nel 2019.
In sintesi: volutamente non abbiamo indicato i “target price” – data l’impossibilità di valutarne i vari metodi di calcolo – ma per tutte e cinque le azioni il sentiment degli analisti è rialzista, anzi nettamente rialzista, il che lascia intendere che si individua una specie di effetto leva sul petrolio. Da ricordare poi che, date le difficoltà a trattare con strumenti finanziari il greggio su obiettivi di lungo termine, poiché i relativi Etc risentono dell’effetto “roll over” riguardo ai sottostanti Future, quello delle azioni del comparto è il miglior modo per trarre vantaggi da possibili suoi rimbalzi futuri. Con in più l’ottimo abbinamento fra potenziali rialzi delle quotazioni, rilevanti “dividend yield” e presenza di “scrip dividend”, cioè di pagamenti in azioni. Fra i tutti i settori solo i giganti dell’oro nero prevedono questo favorevole diffuso meccanismo e il vantaggio non può essere sottovalutato.