Prosegue la fase di lateralità dei rendimenti sul mercato obbligazionario, che tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 hanno ripreso a stringere lievemente, dopo la salita delle settimane precedenti. I rendimenti impliciti rimangono di fatto ingabbiati in una sorta di trading range e, conseguentemente, le obbligazioni si comportano di conseguenza sul fronte dei prezzi, con movimenti che assecondano quanto vediamo sulla struttura a termine dei tassi. Rebus sic stantibus, entrambe le ipotesi valutate nel corso delle scorse settimane rimangono potenzialmente valide: cioè, un mercato obbligazionario disposto a concedere progressivamente rendimenti sensibilmente migliori rispetto a quelli dei mesi scorsi, oppure un mercato obbligazionario compresso in un trading range viziato dalla persistenza del QE. Come già detto, sino a quando i livelli sensibili non saranno violati non potremo protendere per l’una o per l’altra ipotesi.
La nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve, ci mostra questa settimana una curva con rendimenti impliciti leggermente più bassi rispetto alla scorsa rilevazione. Sul tratto a lunga siamo ora sopra area 1,50% per le scadenze dal 2040 (contro il 2039 precedente), mentre area 1,40% la rivediamo dalle scadenze 2036 (rispetto al 2035 precedente); sulla scadenza a 10 anni torniamo sotto area 0,90% rispetto al’1% della precedente rilevazione. Sostanzialmente stabile la parte a breve, salvo l’impressione di un lieve ulteriore irripidimento. Sempre poco mossi i forward su Euribor 6 mesi, con il tratto a lunga che si conferma appena marginalmente sopra area 2,00% e con la parte a breve che inizia a delineare con una certa convinzione tassi prossimi allo zero (rispetto alla ormai pluriennale situazione di tassi decisamente negativi) a partire dalla seconda metà del 2018.
Lievemente contrastati, rispetto alla struttura a termine dei tassi, gli spread e i rendimenti dei benchmark governativi decennali: in disaccordo con i movimenti della ZC-Yield curve vediamo rendimenti sensibilmente più alti rispetto alla scorsa rilevazione, con l’eccezione di Irlanda e Spagna che invece stringono di qualche bps. Il Bund raggiunge 0,43% di rendimento, mentre il nostro Btp è di fatto stabile (+1 bps) e rende ora 1,96% con lo spread poco sotto area 154. Si prende una pausa anche il Portogallo che ora viaggia a 1,83% di rendimento e con lo spread vs Bund poco sotto 142 bps.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati, troviamo le conferme di quanto avevamo ipotizzato nelle scorse settimane: in primis l’area UK con il modello Trendycator che rimane in area neutra e quindi ci conferma una pausa nella la fase di avanzata dei rendimenti. Non a caso, la sterlina rimane ben stabile sotto 0,90 rispetto all’Euro.
Conferme anche dall’impostazione dell’area USA e dell’area Euro. Oltreoceano abbiamo la conferma dell’indicazione di BT-LO con rendimenti che hanno superato l’area (linea azzurra) e i rendimenti dovrebbero ora allungare con decisione visto un Trendycator che ormai è verde da dodici settimane consecutive. Nell’area Euro il nostro Btp conferma il BOTTOM da cui è scaturito il rimbalzo da “supporto” in area 1,70% per portarsi rapidamente poco sotto il 2% di rendimento. Conferma il rimbalza anche il Bund, con Trendycator sempre in situazione di neutralità moderatamente ribassista.
Il quadro generale del mercato obbligazionario, quindi, non subisce modifiche sostanziali in ottica strategica, nonostante i movimenti di breve potrebbero talvolta far pensare diversamente. Di fatto, che si tratti di qualche bps in più o di qualche bps in meno, i rendimenti del mercato obbligazionario rimangono di fatto stabili – salvo a momenti alterni – vicende particolari che investono un mercato piuttosto che l’altro. Sotto questo profilo, il nostro debito pubblico potrebbe essere quello più volatile nei prossimi mesi, poiché sappiamo che l’evento elettorale di marzo è certamente un buon driver per imprimere movimenti in un senso o nell’altro.
Ne consegue che la pianificazione strategica del portafoglio obbligazionario non può essere diversa da quanto già osservato nelle scorse settimane. Da un lato questo spiace perché pare di raccontare sempre la stessa storia, ma l’alternativa è scrivere solo in caso di effettivi cambiamenti. Tuttavia, preferisco – a costo di essere noioso – fornire lettura dei dati e analizzare regolarmente le curve; in questo modo, almeno, seguiamo un percorso logico e metodologicamente corretto, senza contare la preziosa opportunità di avere uno “storico” scritto di quanto suggerito dai modelli e quindi valutarne seppur ex-post la validità.
L’idea di continuare a preferire tassi variabili o tassi misti con scadenze medio/lunge e timing di ingresso focalizzato quando i rendimenti impliciti salgono rimane il leitmotiv, a maggior ragione viste le ultime evidenze sulla curva dei forward su Euribor, poiché, già solo con un Euribor a zero lo spread sulla cedola lo si incassa pieno e quindi già la cedola (e di conseguenza il rendimento del bond in oggetto) è più grassa. Una particolare attenzione va poi prestata, vista la contingenza, al nostro debito pubblico, poiché non è escluso che si possa generare della volatilità sfruttabile per mettere in portafoglio qualche tasso fisso a breve e brevissima scadenza a rendimenti accettabili.