Riprendono a salire rendimenti impliciti del mercato obbligazionario, che in questa settimana hanno allargato di diversi basis points, e conseguentemente le obbligazioni hanno quindi perso un po’ di terreno in termini di prezzo, per lo meno quelle maggiormente esposte al rischio tasso. Ora, come ricorderete, avevamo in piedi due ipotesi sul mercato obbligazionario e i recenti movimenti della curva – come vedremo tra poco analizzando il grafico della struttura a termine dei tassi – inizia a farci propendere per quella che vorrebbe un mercato obbligazionario disposto a concedere progressivamente rendimenti sensibilmente migliori rispetto a quelli dei mesi scorsi. Come più volte detto, per quest’anno saranno molto importanti le dinamiche dell’inflazione (che è attesa in rialzo, soprattutto negli USA a seguito della riforma fiscale di Trump), poiché potrebbe scompigliare i piani delle Banche Centrali e costringerle ad imprimere una stretta maggiore sulle politiche monetarie.
La nostra consueta lettura del mercato obbligazionario attraverso la ZC-Yield Curve, ci mostra questa settimana una curva con rendimenti impliciti più alti rispetto alla scorsa rilevazione. Sul tratto a lunga siamo ora sopra area 1,50% per le scadenze dal 2037 (contro il 2040 precedente), mentre area 1,40% la rivediamo già dalle scadenze 2034 (rispetto al 2036 precedente); sulla scadenza a 10 anni torniamo in area 1% rispetto allo 0,90% della precedente rilevazione. Mossa anche la parte a breve – e non succedeva da tempo – che si irripidisce ulteriormente mostrando ora una quasi totale linearità di salita su tutto il tratto. E così si muovono in modo evidente anche i forward su Euribor 6 mesi, sia sul tratto a lunga che si porta oltre area 2,00% sia sulla parte a breve che conferma un costante allontanamento dai tassi negativi e punta allo zero con convinzione.
Allineati ai movimenti della ZC-Yield Curve anche gli aggiustamenti degli spread e dei rendimenti dei benchmark governativi decennali, con rendimenti in salita salvo che per l’Italia che rimane stabile e con spread in riduzione, ma per puro motivo “matematico” poiché il bund ha corretto in modo significativo facendo contrarre gli spread su tutti i governativi osservati. Il decennale tedesco schizza a 0,58% di rendimento, seguito dall’Irlanda a 0,98% e dalla Francia a 0,84%; traggono invece beneficio Italia, Portogallo e Spagna che sui dieci anni rendono rispettivamente l’1,96%, l’1,79% e l’1,51% con spread a 138 bps, 122 bps e 93 bps rispettivamente.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati, ritroviamo le stesse conferme di quanto ipotizzato nelle scorse settimane e ora in maggior accordo con l’andamento della struttura a termine dei tassi e quindi dei rendimenti impliciti: l’area UK con il modello Trendycator sempre in area neutra ma con un tentativo di ritorno verso area 1,40% seppur con il cambio GBP/EUR sempre stabile sotto 0,90. Ormai acclarata l’impostazione dell’area USA con Trendycator verde per la tredicesima settimana consecutiva e un ulteriore allungo sopra area 2,50% di rendimento; conferme anche dal rendimento del Bund che rimbalza con decisione e vede ora un Trendycator neutrale/moderate long. Infine il nostro Btp che consolida poco sotto area 2% di rendimento ma con l’evidenza di un potenziale BOTTOM che ha tutta l’aria di voler essere confermato.
Il quadro generale del mercato obbligazionario, quindi, inizia a subire alcune modifiche potenzialmente importanti, sia in ottica tattica sia in ottica strategica. Vero, è ancora presto per abbandonare definitivamente l’ipotesi di rendimenti in trading range (in effetti i livelli “massimi” di rendimento registrati nel 2017 non sono ancora stati violati), così come è ancora prematuro dare per certa la prevista “fiammata” inflazionistica che condizionerebbe le politiche monetarie delle Banche Centrali; tuttavia le indicazioni che ci giungono dai modelli danno sicuramente il senso di un cambiamento, soprattutto quanto osservato sul tratto a breve sia della ZC-Yield Curve sia su quella dei Forward su Euribor. Sotto questo aspetto, più che l’entità in termini di basis points, è la forma decisamente più lineare e ripida a fornire il segnale maggiormente importante, poiché era da tempo immemore che non si assisteva a questa conformazione.
Pertanto, alla luce di queste prime indicazioni, è necessario iniziare a rivalutare la pianificazione strategica del portafoglio obbligazionario, pur considerando che non sarà profondamente diversa da quanto già impostato negli ultimi mesi, poiché da questo punto di vista ci eravamo già “portati avanti col lavoro” iniziando per tempo – di fatto con buon anticipo – a ragionare su un portafoglio in obbligazioni poco sensibile al rischio tasso e pronto a beneficiare di una normalizzazione dei rendimenti impliciti. Si rafforza così l’idea in ottica strategica di preferire e accumulare tassi variabili o tassi misti con scadenze medio/lunge, abbandonando progressivamente il tasso fisso con scadenze oltre i tre anni; in ottica tattica (considerando che se anche oggi stiamo propendendo per l’ipotesi di uscita dal trading range non abbiamo ancora certezze, poiché è evidente che servano conferme) l’idea è quella di sfruttare la maggior volatilità dei periferici, in modo particolare il nostro debito pubblico che potrebbe diventare “nervoso” a causa dell’appuntamento elettorale, così come sfruttare eventuali ulteriori allargamenti dei rendimenti per inserire tassi fissi a breve termine, magari con un piano c.d. “ad accumulo” da spalmare nel tempo.