Terminata la pausa estiva riprendiamo le fila dell’analisi sui mercati obbligazionari, tesa alla pianificazione e alla gestione strategica della componente obbligazionaria di un portafoglio (che poi sia attraverso singoli bond, piuttosto che con ETF obbligazionari o fondi obbligazionari poco cambia), in modo da avere sempre la rotta sotto controllo a livello di asset da inserire/modificare/eliminare in base agli sviluppi dei mercati e in base alle attese su tassi e rendimenti.
Iniziamo a vedere la consueta ZC-Yield Curve che si è mossa poco in queste ultime settimane, salvo un lieve irripidimento nel tratto a breve. I rendimenti a lunga permangono in area 1,50% circa, e la parte a breve sconta ancora le aspettative di una politica monetaria BCE piuttosto accomodante forse anche nel 2018.
Poco mossi anche i forward su Euribor 6 mesi, che indicano anch’essi un atteggiamento compiacente verso una BCE “morbida” nell’attuazione del tapering e nell’inversione di rotta in materia di tassi. Sotto questo profilo non sono più un segreto le crescenti tensioni tra la Germania e Draghi poiché, complice il momento piuttosto tonico per l’Euro contro il Dollaro USA, la situazione attuale tende a penalizzare il sistema teutonico, con Bund invendibili a causa di rendimenti ridicoli e esportazioni minacciate da una moneta unica troppo forte.
A livello di spread non vi sono state variazioni particolari, salvo quella relativa al Portogallo che ha visto nel corso di questi primi otto mesi dell’anno una fortissima riduzione, passando dai 400 bps di gennaio agli attuali 250 bps dopo un minimo a 240 bps registrato a luglio. Inutile dire che ovviamente il debito portoghese è volato al rialzo. Per chi fosse investito su questo asset il suggerimento è quello di liquidare le posizioni se lo spread POR/GER dovesse portarsi sopra i 280/290 bps.
Osservando – a livello di analisi integrata – le curve dei rendimenti dei benchmark decennali dei principali mercati, riscontriamo coerenza con quanto indicato sia dalla ZC-Yield Curve sia dai forward su Euribor 6 mesi. Notiamo infatti (immagine sotto) come tutti rendimenti dei principali governativi a 10 anni siano impostati verso una lieve ma progressiva contrazione, il che equivale a dire prezzi dei bond stabili o in lieve salita.
Unica nota stonata in questo quadro combinato tassi/valute è l’andamento dei rendimenti sul decennale USA: nel senso che a mio modesto modo di vedere il rialzo dei rendimenti sui bond USA è più dovuto alla debolezza della valuta piuttosto che a motivi fondamentali legati alla politica della FED. Di fatto, a ben guardare, la vera nota stonata – visti i fondamentali economici e visto il programma di strette monetarie già avviato – è proprio la debolezza dell’USD.
Ad ogni buon conto, quale che sia la ragione di questo Euro così tonico, il suggerimento per chi detiene bond in dollari USA è quello di non liquidare le posizioni, poiché già si vedono eccessi di ipercomprato sul cambio EUR/USD e comunque, se dovesse allungare ancora la vedo (rebus sic stantibus) come una opportunità per incrementare le posizioni.
Pertanto, in sintesi, i suggerimenti in ottica strategica per il portafoglio obbligazionario sono:
1. Mantenere per ora le posizioni in USD
2. Vendere debito portoghese in caso di superamento dello spread a 280/290 bps
3. Se si hanno posizioni su titoli a medio-lungo termine mantenere sino a nuove indicazioni del modello sui rendimenti benchmark ed eventualmente alleggerire in caso di ulteriori contrazioni dei rendimenti impliciti
4. Per la liquidità privilegiare scadenze brevi e tassi variabili
Molto probabilmente questa fase interlocutoria sui mercati obbligazioni è destinata a durare ancora qualche tempo, e ovviamente non possiamo sapere quanto. Ciò che invece è certo è che il trend primario di rialzo dei rendimenti (e quindi ribasso dei prezzi dei bond) riprenderà poiché le condizioni economiche di crescita sono confermate ovunque e i tassi Euro hanno ormai trovato il fondo, con quelli USA già in salita.