Cedole & dividendi
A chi credere? Alla Bce, alla politica o ai mercati? Sul tema del rialzo dei tassi di interesse in area euro si sta facendo troppa confusione, con dichiarazioni e indicazioni spesso contradditorie. Ai nostri lettori poco interessa tutto questo baccano di fondo. Loro vogliono capire quando partirà realmente una politica monetaria restrittiva, che potrebbe impattare ancor più negativamente sulle quotazioni dei bond dopo il movimento ribassista in atto già da mesi. Dovuto – questo – alla prima fase, ovvero allo sgonfiamento di una situazione puramente speculativa da Quantitative Easing.
Che ci sia confusione lo dimostra un fatto inequivocabile avvenuto sul fronte statunitense: al momento dell’annuncio da parte della Fed della sua strategia di rialzo dei tassi di qui a tutto il 2018 è avvenuto l’opposto di quanto si poteva prevedere, con le quotazioni salite e mica di poco. Lo “yield” del decennale Usa è precipitato da oltre il 2,5% a poco sopra il 2,3%, smentendo qualsiasi previsione ma confermando l’esattezza dell’analisi tecnica che in quei giorni diceva “buy” per i Treasuries, al contrario del pensiero comune dei commentatori. Non solo! Lo “yield” è sceso esattamente sul supporto del 2,32% su cui si è già appoggiato molte volte nel recente passato. Alla faccia dell’annuncio appunto di rialzo dei tassi oltre Oceano!
La stessa analisi tecnica segnala che il Treasury si sta comunque muovendo sempre all’interno di un canale ribassista delle quotazioni, iniziato proprio dai massimi dell’estate 2016. Lasciamo quindi stare parole e paroloni di governatori e politici e seguiamo, almeno in parte, con rigore i segnali proposti dai mercati.
Quando scatterà il momento di vendere indiscriminatamente titoli di Stato e “corporate” a tasso fisso in euro? Ci sono vari modi per determinarlo.
Il rialzo dei tassi partirà…
Primo segnale: il rialzo dei tassi scatterà quando il “future” sul Bund lo anticiperà con un preciso indizio, tornando cioè nell’area dei 150, contro l’attuale quotazione sui 163. Attenzione però a valutare con rigore il dato dei 150. Già un eventuale spostamento verso i 153,5 punti sarà un avviso ai naviganti.
Secondo segnale: il rialzo dei tassi si avvierà nel momento in cui i governativi extralunghi (soprattutto a 50 anni) dell’area euro romperanno certi livelli. Trascurando il Btp 2067, troppo giovane per fornire indicazioni attendibili, questo il quadro di quattro titoli utili per monitorare il quadro generale:
Titolo |
Isin |
Yield attuale |
Yield obiettivo |
Spagna 4% ottobre 2064 |
ES00000126D8 |
3,3% |
4,25% |
Francia 1,75% maggio 2066 |
FR0013154028 |
2,15% |
2,8% |
Belgio 2,15% giugno 2066 |
BE0000340498 |
2,1% |
2,7% |
Italia 2,7% marzo 2047 |
IT0005162828 |
3,23% |
4,2% |
Consideriamo la media: il loro “yield” ora è al 2,695%, mentre quello obiettivo si attesta al 3,49%, in altre parole al 3,5%. Evidentemente senza considerare variabili (sempre possibili) dipendenti da rischio di credito, che nell’intervallo da oggi al rialzo dei tassi dovrebbe comunque restare sotto sorveglianza.
Terzo segnale: il rialzo dei tassi salperà solo quando l’inflazione “core” (aumento medio dei prezzi che non tiene conto dei beni a forte volatilità, quali energia e alimentari) in area euro - ora allo 0,8% - supererà almeno l’1,2%, con una traiettoria però definita sostenibile.
Quarto segnale: c’è chi sostiene che il rialzo dei tassi potrebbe avviarsi prima della fine del Quantitative Easing in salsa Bce. Draghi di recente ha dichiarato: “L’inflazione obiettivo deve rimanere sui livelli fissati anche quando il sostegno delle politiche monetarie in atto non ci sarà più”. Può darsi che debba cambiare strategia, ma in linea di massima non sembra che il rialzo possa avere il sopravvento sullo smembramento del QE.
Quinto segnale: del tutto indiretto, ma importante. Attenzione a quanto avviene oltre Oceano. Solo dopo la cosiddetta “trumperizzazione” della Fed si capirà se la politica monetaria annunciata dalla Yellen verrà confermata. Ci vorrà circa un anno. Nel frattempo occorrerà monitorare il rendimento del decennale Usa. Nel caso di superamento del 3% l’effetto si farà sentire anche in Europa, con inevitabile impatto su un rialzo dei tassi.
Troppi segnali? E’ evidente che ne basterà la concretizzazione di alcuni perché la Bce si veda costretta a cambiare la sua politica. Il quadro però (almeno utilizzando i numeri) comincia a diventare più chiaro. E’ il caso di preparare il portafoglio? Sì, con progressività e senza le grandi paure che alcuni analisti esprimono, sebbene parte dei buoi sia già scappata dai recinti. In questa fase fidatevi comunque dell’analisi tecnica. Vi eviterà molti errori.
P.S.) Noi – naturalmente – sul tema vi terremo via via aggiornati.