Macron mette le ali all'euro


EurUsd (PC: 1,0894)

Balzo dell'euro, che risente positivamente dell'esito delle presidenziali francesi. I mercati stanno scontando una probabile vittoria del candidato pro-establishment, Emmanuel Macron, che comporterebbe la prosecuzione dello status-quo e farebbe svanire il rischio di referendum sull'uscita della Francia dall'euro. 

Dal supporto a 1,0500 il cambio balza verso 1,0940 ad inizio d'ottava, per poi consolidare per il resto della settimana a ridosso dei massimi di periodo, nell'intervallo 1,0840 - 1,0952.


Nonostante la risalita degli ultimi giorni, l'EurUsd rimane all'interno della banda laterale in essere dalla seconda decade di gennaio, col cambio che si muove in modo altalenante al di sopra del supporto a 1,0500 ed al di sotto di 1,0910, tetto solo marginalmente perforato nel rally dell'ultima settimana.


Mentre una vittoria di Macron il 7 maggio - probabile - potrà consentire una prosecuzione di tale lateralità, consentendo tutt'al più qualche sbuffo rialzista nel breve, va sottolineata un'evidente asimmetria: nel caso, improbabibile, di una vittoria di Marine Le Pen al secondo turno l'impatto sul cambio sarebbe sicuramente fortissimo, ovviamente nella direzione di una forte scivolata dell'euro verso la parità.


Il cambio sta attraversando una fase di consolidamento dopo il forte ribasso dell'euro avviatosi dal picco a quota 1,1300 registrato nelle prime ore successive all'esito delle elezioni presidenziali Usa dell'8 novembre. Anche se mancano segnali chiari di definitivo esaurimento della cavalcata post-elettorale sembra probabile che la fase di assestamento sui livelli correnti, poco al di sopra o poco al di sotto, possa proseguire ancora. La pausa di consolidamento in atto appare del tutto fisiologica, anche se rimane possibile una prosecuzione del rimbalzo in essere verso la resistenza critica a 1,1000. 

Il tono rimane moderatamente positivo finché il cambio staziona al di sopra di 1,0725, mentre si tornerebbe in un contesto di debolezza su ridiscese al di sotto di 1,0680 (al momento poco probabile). Un segnale ribassista si avrebbe solo alla violazione del forte supporto a ridosso di 1,0500 (al momento improbabile).

Strategicamente il dollaro USA rimane forte, con possibili movimenti nel corso dell'anno verso il grande obiettivo, anche psicologico, del macro movimento ribassista di EurUsd sviluppatosi a partire dallo scoppio della crisi finanziaria nell'estate 2008: la parità, senza escludere livelli anche inferiori. 

La divergenza tra le politiche monetarie della Fed, da un lato, e della Bce, dell'altro, rimane un fattore a favore del dollaro. La Fed ha ipotizzato di proseguire con ulteriori altri 2 rialzi nel corso del 2017 (dopo il rialzo dello scorso 15 marzo e del 14 dicembre, entrambi dello 0,25%; il rialzo precedente, anch'esso di 25 b.p., era avvenuto il 16 dicembre 2015, il primo dopo 7 anni di tassi fermi allo 0,25% nel periodo dicembre 2008 - dicembre 2015). Se pensiamo poi che negli ultimi 10 anni il rialzo complessivo è stato finora dello 0,75%, partendo da tassi prossimi allo zero (la cosiddetta ZIRP, zero interest rate policy) e che il Bilancio Fed rimane stabile dall'ottobre 2014 sui picchi a ridosso di 4500 miliardi di dollari, si comprende bene come il contesto della politica monetaria Usa rimanga ancora decisamente espansivo, nonostante i recenti rialzi. I timidi rialzi che la Fed sta portando avanti servono solo a ridurre in parte una situazione che rimane strutturalmente squilibrata, come del resto capita anche negli altri Paesi sviluppati, a partire dai tassi negativi del Giappone ai tassi schiacciati verso lo zero nell'area euro. E la modalità con cui le Banche Centrali, in tutto il mondo, hanno deciso di gestire l'enorme mole dei debiti pubblici fuori controllo in un contesto economico stagnante: tassi bassi ed inflazione, negli auspici, in risalita verso il 2%, in modo che rendimenti reali negativi abbattano il valore reale dei debiti. In tale contesto generalizzato di tassi bassi, la Bce risulta comunque tendenzialmente più espansiva della Fed e questo aspetto gioca a favore del biglietto verde contro euro.
Da aprile, tuttavia, le iniezioni di liquidità della Bce scendono da 80 a 60 miliardi di euro al mese, per poi terminare, se il programma non sarà ulteriormente prolungato, a fine 2017: in prospettiva ciò potrebbe portare ad una stabilizzazione dell'euro su orizzonti strategici.

La forza strutturale del dollaro, al di là delle modeste prese di beneficio a partire dai picchi di inizio gennaio, è confermata dal fatto che il biglietto verde si è rafforzato contestualmente all'ottimo andamento del mercato azionario degli ultimi mesi: il Dow Jones, infatti, è salito ben oltre la soglia psicologica dei 20000 punti, spingendosi ad un nuovo massimo storico a 21170 il 1* marzo, per poi consolidare al di sotto sopra di 20350 nelle ultime settimane.

OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul dollaro USA; valutare nuovi acquisti di dollari in caso di risalite del cambio verso 1,1000.

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)