Bond: colpo di scena, con il Bund che torna sotto lo 0,40%


Tutto all’opposto di quanto si credeva. Draghi riporta acquirenti sui titoli di Stato europei e la cosa è tutt’altro che positiva.

Cedole & dividendi

Bisognerebbe davvero convincere i banchieri centrali a stare un po’ più zitti, perché ogni volta che parlano i mercati subiscono movimenti irrazionali. E’ quanto successo oggi, con i titoli di Stato europei in forte rimbalzo di quotazione e quindi in netto calo di rendimenti. Tutto l’opposto di quanto ci si attendeva fino a ieri mattina. Le dichiarazioni di Draghi sono state chiare: da gennaio 2018 gli acquisti netti di titoli continueranno a un ritmo mensile di 30 miliardi di euro fino alla fine di settembre 2018 o oltre, se necessario, e in ogni caso fino a quando il Consiglio direttivo non vedrà un deciso aggiustamento nel percorso dell'inflazione coerente con il suo obiettivo pari al 2%. Il Qe risulta così dimezzato, anche se con un allungamento di nove mesi.

Notizie note, perfino scontate, ma del tutto inatteso è l’atteggiamento dei mercati, che credono più sul prolungamento dell’operazione che sul taglio degli acquisti.

Il Bund ha perso così, nelle ultime due sedute, quasi il 20% in termini di rendimento, scendendo dallo 0,48% allo 0,38%. Situazione abbastanza identica, sebbene meno accentuata, per il Btp, caduto dal 2,068% del 25/10 all’1,942% di oggi.

C’è allora da domandarsi: tutta la manfrina del continuo rinvio del “tapering” dipende solo dall’obiettivo 2% dell’inflazione o ha cause di natura politica? La seconda interpretazione sta ormai sempre più diffondendosi, anche se è impossibile comprenderne le ragioni.

Certo è che il mondo dei risparmiatori si sente sempre più a rischio in un quadro di tassi che resta all’asticella dello zero, al punto tale che gli indicatori di analisi tecnica sono scattati nelle ultime 24 ore dal “sell” al “buy” per i titoli di Stato europei, stravolgendo la logica secondo cui in un’area in cui l’inflazione è salita in alcuni Paesi ben oltre il 3% e il Pil a livello annuo si attesta – secondo l’ultimo dato – al +2,3% si dovrebbe andare verso una normalizzazione della politica monetaria. Invece succede l’opposto, perché il costo della vita – come valore mediano – non riesce a toccare un 2% fissato su basi teoriche e riferito a un insieme di Paesi dalle realtà ben diverse. Altro che integrazione europea! Qui si sta andando alla disgregazione, perché pensare che con una stessa logica si possa governare Austria (al 2,37%), Estonia (al 3,67%), Francia (allo 0,99%) e Spagna (all’1,80%) è irrealistico.

Draghi si autopromuove con l’immagine di salvatore monetario dell’Europa. Invece si sta trasformando in un disgregatore politico/economico. Non domandatevi poi il perché la Catalogna, alcune regioni dell’est dell’Unione e perfino interi Paesi entrati da poco sotto l’ombrello dell’euro aspirino a una propria più o meno ritrovata indipendenza. All’origine del tutto c’è anche la loro solitudine rispetto alle decisioni irrazionali dei poteri centrali, siano essi nelle rispettive capitali o a Bruxelles o nell'immensa Eurotower di Francoforte.