A distanza di qualche giorno, torniamo a parlare dei bond MPS, poiché le notizie (rumors?, indiscrezioni?, “terrorismo” mediatico?....) che giungono in queste ore non sono per nulla buone, anzi.
Pare infatti che il salvataggio della banca senese si faccia sempre più arduo, con gli investitori che si mostrano scettici e quindi con il rischio di un bail-in che inizia a diventare realistico e serio. La notizia è stata riportata ieri da Reuters, nella quale si dice che alcuni manager di fondi stranieri e di una fonte vicina al dossier (ovviamente hanno voluto conservare l’anonimato…), hanno dichiarato di essere indisponibili ad acquistare azioni dell’istituto, poiché “nemmeno la “ripulitura” dei bilanci da 27,7 miliardi di sofferenze lorde (9,2 miliardi nette) offrirebbe garanzia sul futuro di Siena, che in pancia ha complessivamente 45 miliardi di crediti deteriorati lordi”.
Aggiungono queste fonti: “Pur considerando che il tasso di copertura di questi prestiti a rischio superi il 60%, quand’anche andasse in porto la cessione delle sofferenze a un veicolo ad hoc, resterebbero esposizioni nette fino a 7 miliardi, cioè più di dieci volte l’attuale valore di capitalizzazione di MPS in borsa. Da qui, il timore che qualcosa possa andare storto e che la crisi non sarebbe prossima alla fine”.
A questo si aggiunga che, solo negli ultimi due anni, MPS ha già succhiato 8 Mld di Euro agli azionisti, finiti tutti in un buco nero appena incassati, e ora vorrebbe altri 5 Mld Euro: a mio modesto parere, essere un po’ scettici ci sta…
Non di meno, come già osservato nel precedente articolo, questo AdC si intreccia con le grane politiche referendarie di Mr. Renzi, che ovviamente frenano gli investitori di peso, poiché è evidente che l’esito del referendum costituzionale potrebbe provocare una “nuova” crisi in Europa. E quindi l’aumento MPS (che avrebbe dovuto realizzarsi entro la fine del 2016) rischia di andare al 2017, ad esito referendario concluso.
E qui sta il problema.
Infatti, secondo l’analisi di GS di cui abbiamo parlato nello scorso articolo, una vittoria del “NO” scatenerebbe una probabile crisi politica, con la conseguenza che gli investitori prima di buttare altri soldi in MPS vorranno valutare se sussistono le condizioni politiche. Ne consegue che se gli investitori si tirano indietro, non rimane che il “salvataggio” pubblico, con coinvolgimento anche degli obbligazionisti subordinati in primis.
Fino qui le analisi e le notizie. Ma i numeri cosa dicono?
Chi mi conosce da tempo sa che le notizie e i rumors non sono mai per me il vero input per l’operatività; chiaro le news vanno lette, interpretate e tenute in debita considerazione (in base alle fonti ovviamente…), ma la mia abitudine è poi quella di valutare nei numeri quanto il mercato stia scontando quelle voci.
Ebbene… i numeri non sono per nulla confortanti, purtroppo.
Infatti, una delle regole di base sul Credit Risk (e quindi sulle probabilità di default di un emittente) vuole che una curva dei rendimenti o dei CDS inclinata positivamente (cioè rendimenti e CDS a breve più bassi dei rendimenti e CDS a lunga) identifichi un emittente che, per quanto rischioso, non è percepito dal mercato in odore di default; se invece la curva è inclinata negativamente (in gergo si dice invertita), potrebbero essere dolori, poiché il mercato sta “scontando” una buona probabilità di deafult.
E purtroppo la curva dei CDS subordinati di MPS si è “girata” e questo non è di buon auspicio. Il grafico sotto è molto eloquente al riguardo, con valori (tra l’altro…) in bps che anche in valore assoluto fanno pensare.
Questo stando ai numeri di oggi. Poi, come sempre, come andrà a finire lo scopriremo solo dopo, ma certamente il rischio, rispetto a qualche settimana fa, è aumentato e di questo si deve tenere conto.