Report Valutario


EURUSD (PC: 1,1003)

Major Trend: l’impostazione dominante rimane stabilmente al ribasso. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di progressiva normalizzazione, anche se ancora molto espansiva – e della Bce – in ulteriore espansione fino al marzo 2017 (con possibili accelerazioni da marzo 2016), con tassi di interesse schiacciati sullo zero quando non in territorio negativo – mantiene un quadro strategico a favore del dollaro Usa, a maggior ragione contro l’euro che rimane tra le divise più deboli del sistema. Graficamente il cambio è indirizzato al test della parità, ma nel corso del 2016 sono possibili discese anche verso area 0,9500-0,9600. Tale ipotesi dovrebbe essere accantonata in caso di risalite del cambio al di sopra dei picchi di fine agosto 2015 a 1,1715, eventualità che al momento pare ipotizzabile soltanto qualora la Fed, spaventata dalle possibili conseguenze del crash della Borsa cinese e dai rischi di implosione dell'industria dello shale Usa a causa del crollo del greggio (con conseguente possibile avvio di un bear market anche sull'SP500, con segnale alla violazione del supporto chiave a 1815), dovesse decidere di soprassedere rispetto al programma annunciato di graduale rialzo dei tassi o, in caso di scenari davvero disastrosi, ipotizzare addirittura un nuovo round di easing quantitativo, riprendendo il programma interrotto nell'ottobre 2014 con ulteriori espansioni del proprio Bilancio (stabile da ottobre 2014 a ridosso di 4,5 trilioni di dollari).

Medium Trend: da metà marzo 2015 si è assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo in area 1,0455/0540 ed al di sotto di 1,1500/1715. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, dopo il tracollo dai picchi del maggio 2014 a ridosso di 1,4000. All’interno di tale trading-range, una zona spartiacque è individuabile in area 1,1060-1,1200, superata al rialzo di slancio ad inizio febbraio su dichiarazioni Fed di atteggiamenti attendisti in merito ai rialzi tassi previsti nel corso del 2016. È possibile che la Fed, spaventata da una possibile nuova crisi finanziaria innescata dal crash della Borsa cinese e del collasso del prezzo del petrolio, possa tornare ad una politica del tipo ZIRP (zero interest rate policy) da portare avanti ad oltranza. Le prese di beneficio sul dollaro Usa si sono spinte fino ad un massimo per EurUsd a 1,1377 l'11.02, per poi ripiegare velocemente verso 1,0825 nelle ultime sedute. Si ripropone quindi il movimento laterale dei mesi passati tra 1,0700-1,0800 e 1,1200/50 (con estensioni, premature, al test di 1,1400). Una risalita dell'euro scatterebbe al di sopra di 1,1400 (prematuro), con obiettivo 1,1500 ed estensioni (poco probabili) verso la resistenza critica a 1,1715: tale eventualità non negherebbe comunque il major down-trend, ancora a favore del dollaro Usa. È anche probabile che un eccessivo apprezzamento dell'euro verrebbe prontamente contrastato dalla Bce, la cui preoccupazione maggiore è arginare le spinte deflazionistiche nell'area euro, che sarebbero invece aggravate da un euro in risalita. È quindi probabile che si entri in un contesto se non di "guerra valutaria" sicuramente di tensioni ed attriti tra le due Banche Centrali, la cui risultante potrebbe essere una sorta di stallo, di lateralità nervosa ancora per molti mesi a venire. In tale prospettiva si rischia di correre dietro a molti falsi segnali, alla ricerca di una direzionalità che invece manca; a meno che il cambio dovesse poi infrangere il supporto critico in area 1,0700-1,0800 (prematuro), eventualità che aprirebbe la strada alla ripresa del major down trend, con primo obiettivo importante i minimi di periodo in area 1,0455/0540.

Minor Trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in compressione, nell'intervallo tra 1,0700 e 1,1060, si è assistito ad un veloce rialzo esauritosi a 1,1377 l'11 febbraio, seguito da un veloce storno verso 1,0825 nelle ultime sedute e quindi da una risalita verso 1,1045. Si ripropone così il movimento laterale tra 1,0700-1,0800 e 1,1200/50. All'interno di tale trading-range mancano segnali affidabili, per cui si sconsiglia l'operatività direzionale; possibili invece acquisti di euro sulla debolezza e vendite nella parte alta del suddetto intervallo. Gli acquisti riprenderebbero solo al superamento di 1,1200/50 (prematuro).

USDJPY (PC: 113,90)

Major Trend: l’impostazione dominante al rialzo denota una tendenza alla lateralizzazione nell'ultimo semestre 2015, al di sotto del picco a ridosso di 126 toccato ad inizio giugno, con un peggioramento da inizio febbraio ed un veloce sell-off che respinge il cambio al test del supporto a 111 nelle ultime settimane. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – forse in via di progressiva normalizzazione, anche se comunque molto espansiva – e quella portata avanti dalla Banca del Giappone – in continua espansione da fine 2012 per volontà del Governo Abe, con tassi di interesse schiacciati sullo zero – mantiene ancora un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Da fine 2011 il cambio si è apprezzato considerevolmente, dai minimi a ridosso di 75,30 al picco del giugno 2015 a ridosso di 126 (+67%). Nei mesi seguenti il cambio è ridisceso fino a toccare un minimo a ridosso di 116 a fine agosto 2015, per poi stabilizzarsi tra 118 e 124;  da metà dicembre si è sviluppato un forte movimento correttivo, con la perforazione della base a 118 ed il ritest puntuale, il 20 gennaio, dei minimi a ridosso di 116, su cui si è sviluppato un movimento di rimbalzo che è rimasto al di sotto di 122, da dove si è sviluppato un nuovo sell-off con un nuovo minimo a 110,98 l'11.02, livello ritestato il 24 febbraio. Il quadro tecnico rimane debole: un primo segnale di stabilizzazione si avrebbe al superamento di 116, ma il tono migliorerebbe solo al superamento di 118 (prematuro). Da inizio 2016 lo yen continua a beneficiare della situazione di incertezza sui mercati azionari, e solo l'allontanamento dei principali indici da livelli chiave di supporto (valga per tutti quota 1815 sull'SP500) darebbe un segnale di rasserenamento tale da portare anche ad una fase di rinnovata debolezza della divisa nipponica. 

Medium Trend: da inizio settembre si è assistito ad una lateralizzazione al di sopra dei minimi di periodo in area 116-118 ed al di sotto di 124, con zona intermedia in area 120-121,70. Il rimbalzo dal supporto a 116 testato il 20 gennaio ha riportato il cambio a ridosso di 121 (max 121,87 il 29.01), seguito però da una veloce ridiscesa verso 116,00, la cui rottura ha provocato un'accelerazione fino ad un minimo a ridosso di 111 l'11 febbraio, con un consolidamento al di sotto di 115 ed un nuovo test di 111 il 24 febbraio. L'annuncio della BoJ quattro settimane orsono di portare da +0,10% a -0,10% i tassi sui depositi aveva dato un pò di slancio al dollaro, subito perduto in seguito alle dichiarazioni "dovish" della Fed sui prossimi rialzi tassi negli Usa, rilasciate per evitare un avvitamento al ribasso dei mercati azionari. Anche nel cambio dollaro/yen sono le politiche monetarie più o meno espansive delle rispettive Banche Centrali a fare la differenza, col rischio di tensioni e di gare a chi fa di più per deprezzare la propria divisa. L'apprezzamento dello yen riflette poi una situazione di risk-off sui mercati azionari, e solo un miglioramento strutturale in tale asset class porterebbe a prese di beneficio significative sullo yen. Graficamente si ripropone un movimento laterale nell'intervallo tra 110 e 120-122, con spartiacque in area 115-116. Il superamento di 116 (prematuro) fornirebbe un primo segnale di stabilizzazione, ma un input rialzista si avrebbe solo al superamento di 122 (al momento improbabile). Al di sotto di 110 (prematuro) si avrebbe un nuovo segnale di deterioramento del quadro tecnico in ottica plurimensile .

Minor Trend: nelle ultime settimane il tono è stato decisamente ribassista, col cambio in caduta libera da quota 124 al test puntuale dei minimi di fine agosto a 116, avvenuto il 20 gennaio e poi, dopo un rimbalzo effimero verso 122, con un'accelerazione verso 111 l'11 febbraio, seguita da un rimbalzo verso 115 e da un nuovo ripiegamento verso 111 il 24 febbraio. Le forti prese di beneficio sulle posizioni corte in yen si sono accompagnate, come divenuto oramai consueto negli ultimi anni, alle pesanti vendite sui mercati azionari: in una situazione di risk-off, ovvero di avversione al rischio con conseguenti liquidazioni di posizioni lunghe sull'azionario, è infatti normale assistere a contestuali ricoperture sulle posizioni corte detenute in yen in ottica di "carry-trading". Dal supporto a 111 si sta sviluppando un tentativo di rimbalzo - contestualmente ad una risalita/assestamento dei mercati azionari - che dovrebbe essere indirizzato al test di area 115-116: finché il cambio rimane al di sotto di tale resistenza, tuttavia, il tono resta molto debole. La violazione del valido supporto a 111 (poco probabile) provocherebbe un nuovo scivolone verso 110. 


EURGBP (PC: 0,7735)

Major Trend: dal gennaio 2009 l'impostazione è stata stabilmente al ribasso, con la sterlina inglese favorita da un differenziale di rendimento – ancorché modesto –  a proprio favore. Rispetto ai livelli di fine 2008 la sterlina si è apprezzata di un 40% circa contro euro, col cambio passato da 0,9800 ad un minimo a 0,6935 a luglio 2015. Negli ultimi mesi si è assistito ad una fase di lateralizzazione al di sopra dei minimi di luglio ed al di sotto dei picchi di metà ottobre a ridosso di 0,7500, recentemente superati (max 0,7757 il 20 gennaio e quindi 0,7930 il 25.02), per poi ripiegare verso 0,7690. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, che dovrebbe quindi preludere ad una ripresa delle vendite, ma non si possono escludere movimenti erratici per diversi mesi a venire, e possibili ulteriori risalite verso 0,8000-0,8100. Perdita di spinta sotto 0,7525 e ripresa delle vendite sotto 0,7200-0,7400 (al momento poco probabile), con obiettivo i minimi 2015 in area 0,6935-0,7000. Il major down-trend verrebbe messo in discussione da risalite del cambio al di sopra della resistenza critica in area 0,8000-0,8100 (prematuro).

Medium Trend: da inizio marzo 2015 si assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo a 0,6935 ed al di sotto di 0,7500, superato al rialzo a metà gennaio, con strappi verso 0,7900, seguiti da un consolidamento al di sopra di 0,7695 e da una nuova risalita verso 0,7930 il 25.02. Sui livelli correnti si nota perdita di spinta: le quotazioni sono ripiegate verso 0,7690, la cui tenuta è necessaria per conservare un'impostazione tonica; nuovi acquisti al superamento di 0,7930 (prematuro), per un test della forte resistenza in area  0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi 3 mesi. Il tono peggiorerebbe sotto 0,7300-0,7400 (al momento poco probabile), ma il quadro tornerebbe ribassista solo al di sotto del supporto critico a 0,6935, improbabile.

Minor Trend: da metà novembre il cross è in fase di risalita, dai minimi a ridosso di 0,7000 ad un massimo a 0,7930 il 25 febbraio, seguito da uno storno verso 0,7690. Un segnale di maggiore debolezza si avrebbe solo alla violazione del supporto a 0,7595 (prematuro), con estensioni a testare 0,7525, la cui tenuta è necessaria per conservare un'impostazione tonica. Nuovi acquisti al superamento di 0,7850, per un test di 0,7930 e quindi (prematuro) della forte resistenza in area  0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi 3 mesi.


EURCHF (PC 1,0925)

Major trend: negli ultimi mesi il cross si è mosso lateralmente tra 1,0150 e 1,1050, con volatilità in progressiva diminuzione dopo il collasso del cambio avvenuto nella mattinata del 15 gennaio 2015 a seguito della rimozione del cap ad 1,2000 e conseguente caduta libera fino a toccare un minimo a ridosso di 0,8500. La Banca Nazionale Svizzera ha portato in negativo i rendimenti (il decennale "rende" il -0,43% e per avere un tasso positivo sui governativi occorre acquistare scadenze superiori ai 21 anni!), in modo da scoraggiare acquisti di franchi svizzeri e conseguenti apprezzamenti del cambio, considerati negativamente per l'economia del Paese. Nelle ultime settimane si è assistito alla fuoriuscita del cambio dalle parte alta del suddetto trading-range, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, seguito però da una veloce ridiscesa verso 1,0800 nelle ultime sedute e quindi da una risalita verso 1,0950. Anche se è prematuro ipotizzare rialzi consistenti dell'euro in ottica plurimensile, investimenti in franchi svizzeri rimangono poco interessanti stante la remunerazione decisamente negativa dei titoli espressi in CHF e la bassa probabilità di sostanziali apprezzamenti della divisa elvetica nei mesi a venire.

Medium trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in consolidamento all'interno del range tra 1,0750 e 1,0945, il cross ha messo a segno una veloce risalita verso 1,1200 il 4 febbraio, seguita da uno storno verso 1,0800 nelle ultime sedute e quindi da una risalita verso 1,0950. La tenuta di 1,0800 è necessaria per conservare un'impostazione laterale/moderatamente rialzista in ottica plurisettimanale, ma un nuovo impulso positivo si avrebbe solo al superamento di area 1,1000/60 (prematuro) per un ritest di 1,1200. Un segnale di debolezza per l'euro in ottica plurisettimanale si avrebbe sotto 1,0750-1,0800, con conferma alla violazione di 1,0700 (prematuro). 

Minor Trend: il movimento di risalita dai minimi del 18 dicembre a 1,0756 ha portato il cross a fuoriuscire dalla parte alta del trading-range dominante nei mesi passati, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, per poi ripiegare velocemente verso 1,0800 nelle ultime sedute, per poi risalire verso 1,0950. Lo storno in atto riprenderebbe alla violazione di 1,0800, con obiettivo 1,0750 e quindi il valido supporto a 1,0700, dove dovrebbero esserci ordini in acquisto. Nuovi spunti rialzisti al di sopra di 1,1000, con obiettivo 1,1060 e quindi la resistenza a 1,1200, il cui superamento (al momento poco probabile) è necessario per avere un nuovo segnale rialzista. L'incremento di volatilità delle ultime settimane rende nuovamente interessante il cross in ottica trading (possibili acquisti di euro sulla debolezza, in area 1,0700-1,0800, con prese di beneficio verso 1,1200), anche se al momento movimenti consistenti appaiono ancora poco probabili.

USDCNY (PC: 6,5085) 
Major Trend: iniziamo con un po' di storia, che aiuta a contestualizzare meglio quanto sta accadendo allo yuan cinese, una divisa fino a pochi anni fa abbastanza trascurata dai commentatori Forex. Il cambio dollaro Usa vs. Renminbi cinese (la "valuta del popolo", la cui unità di misura è detta "Yuan", termine con cui si è soliti parlare della divisa cinese), negli ultimi lustri ha visto alternarsi fasi di cambio sostanzialmente fisso (nel decennio tra il giugno 1995 ed il giugno 2005 a ridosso di 8,28; nel periodo luglio 2008-giugno 2010 a ridosso di 6,83) a fasi ribassiste, fino a toccare un minimo nel gennaio 2014 a 6,0377. Durante tale lungo periodo erano frequenti le accuse dell'amministrazione Usa nei confronti della Cina di impedire un adeguato apprezzamento del valore dello yuan per sostenere artificialmente le proprie politiche di espansione commerciale:  la velocità e l'entità di apprezzamento dello yuan, infatti, erano giudicate dagli Usa del tutto insufficienti per ridurre gli enormi squilibri commerciali a favore della Cina. Come reazione la Cina continuava a supportare il dollaro utilizzando le proprie immense riserve per acquistare Treasury del Tesoro Usa, contribuendo così a frenare l'apprezzamento dello yuan altrimenti fisiologico visto il proprio elevatissimo avanzo commerciale. In tal modo la Cina ha acquisito sempre più potere contrattuale nei confronti degli Usa divenendone il principale creditore insieme al Giappone. Le perdite su cambio sui Treasury in portafoglio, dovute al deprezzamento del dollaro contro Yuan, venivano giudicate dalle autorità politico-monetarie cinesi come il prezzo da pagare per potere proseguire impunemente con le proprie politiche di espansione commerciale. A partire dal mese di gennaio 2014 il sentiero di apprezzamento - ancorché molto graduale - dello Yuan addirittura si inverte: il cambio UsdCny inizia ad apprezzarsi ad ondate fino a toccare un picco l'8 gennaio 2016 a ridosso di 6,602 (+9,3% dal minimo di inizio 2014), livello ritestato il 29 febbraio. Un deprezzamento importante e in tempi veloci del renminbi cinese, perseguito dalle autorità come valvola di sfogo per contrastare in qualche modo il crash della propria Borsa e l'evidente rallentamento economico che segnala probabilmente l'inizio di una fase di "ritorno al reale", di 'sboom' dopo anni di crescita spinta artificialmente dal ricorso al debito a mezzo di politiche monetarie fortemente espansive: nell'ultimo decennio il Bilancio della Banca Centrale Cinese è aumentato da circa 10 trilioni di yuan a circa 34 trilioni, che corrispondono in termini di euro a circa 4,75 trilioni, addirittura superiore ai circa 4,1 trilioni (ctv in euro) del già enorme Bilancio della Fed Usa. Per cercare di uscire da un'evidente impasse dovuta ad un indebitamento insostenibile, ad un'emorragia di capitali (secondo stime Bloomberg circa 508 miliardi di dollari sono fuoriusciti dalla Cina nel periodo agosto-novembre 2015) e nell'impossibilità di far partire in modo convincente la domanda interna per di più con un export in calo, sembra che la People Bank of China non avrà altra scelta che proseguire ad oltranza con la progressiva svalutazione del cambio in modo da sostenere il più possibile l'export. Ciò contribuerà a far salire le tensioni con i principali partner commerciali (Usa e Giappone) e la volatilità dei rapporti di cambio, in specie per le divise asiatiche: per evitare ritorsioni la Cina cercherà probabilmente di non forzare la mano, evitando svalutazioni importanti, diluendole nel tempo. Graficamente il major Trend rimarrà comunque impostato al rialzo per il dollaro finché il cambio si manterrà stabilmente al di sopra del supporto a 6,400, con primo obiettivo importante (ma la salita del dollaro non dovrebbe esaurirsi lì) i livelli "fissi" del periodo luglio 2008-giugno 2010 a ridosso di 6,83. La velocità e la portata del rialzo dovrebbero essere legate anche all'evoluzione della crisi borsistica cinese: un ulteriore, possibile tracollo dello Shanghai Composite (PC 2860) verso 2500 e quindi (prematuro) verso quota 2000 sarebbe probabilmente correlato ad un veloce e marcato deprezzamento del Renminbi.
Tra le informazioni "tecniche" è opportuno ricordare che la banda di oscillazione quotidiana nel cambio UsdCny è stata allargata al 2% a partire dal 17 marzo 2014 (nel biennio precedente era all'1% e prima ancora allo 0,5%): i prezzi possono quindi muoversi liberamente del +/-2% intorno al tasso centrale di parità pubblicato quotidianamente dal China Foreign Exchange Trading System. Il 30 novembre 2015 - con effetto a partire dal 1* ottobre 2016 - è stato  approvato l'ingresso del Renminbi cinese nel paniere delle valute di riserva accettate del Fondo Monetario internazionale (insieme a dollaro Usa, sterlina inglese, yen giapponese ed euro), e con ciò è stata ufficialmente riconosciuta - dopo anni di contrattazioni frenate dal veto degli USA - l'importanza crescente della divisa cinese, arrivata a pesare per circa il 12,5% nelle transazioni commerciali del 2014. Questo elemento dovrebbe, a tendere, contribuire a sostenere lo yuan, però al momento sembrano prevalere ancora le tensioni al ribasso. 
Tra gli aspetti "tecnici" meritevoli di attenzione anche lo sfasamento osservato nel trimestre novembre 2015-gennaio 2016 tra le quotazioni dello Yuan offshore rispetto al cambio spot onshore quotato a Shanghai, con tensioni al ribasso più marcate nei confronti del cambio offshore di quasi il 3% in alcune occasioni (ricordiamo che per il cambio onshore il movimento massimo quotidiano deve rimanere all'interno del range +/-2% rispetto al valore di fixing). Nelle settimane passate la PBOC (People Bank of China) è intervenuta in diverse occasioni acquistando Renminbi offshore per ridurre tale gap, che nuoce all'immagine perseguita dalle autorità politiche-monetarie dello Yuan come divisa "globale", al pari delle altre divise del Fmi. La scarsa trasparenza dell'operato della Banca Centrale Cinese unitamente all'esistenza di una banda di oscillazione - molto più del solito scarico di responsabilità su non ben identificati "speculatori internazionali" - crea il terreno fertile per sfasamenti e volatilità elevate del cambio. L'intervento della PBOC ha portato al primo calo di riserve nel mese di dicembre 2015 per un ammontare di 108 miliardi di dollari Usa, portando lo stock ad un comunque ragguardevole 3,33 trilioni di dollari. Per evitare di sprecare riserve la PBOC è poi intervenuta abbassando il valore del fixing, riducendo così gli squilibri tra il cambio onshore e quello offshore, che nelle ultime settimane si sono riallineati. Dando nel contempo, tuttavia, un segnale di accettazione di fatto di un progressivo indebolimento del cambio. Oltre al rapporto di cambio nei confronti del dollaro Usa sul mercato Forex si guarda sempre più al cambio tra il renminbi ed un paniere composto da 13 divise, trade-weighted per riflettere il peso dei rapporti commerciali,  pubblicato dal China Foreign Exchange Trading System ogni venerdì. L'evoluzione di tale rapporto sembra anch'esso andare nella direzione di uno Yuan ancora in discesa. Per lo meno per diversi mesi a venire. La recente decisione da parte della Banca Centrale cinese di tagliare l'RRR (reserve-ratio requirement) per le banche dello 0,5% va nella stessa direzione: favorire un deprezzamento del cambio per arginare il crash della Borsa (l'indice Shanghai Composite si è quasi dimezzato dai picchi del giugno 2015 e potrebbe scendere ancora, primo supporto importante area 2500-2600 poi quota 2000) e contrastare l'evidente rallentamento dell'economia, dopo anni di crescita spinta artificialmente con la leva del debito. Un atteggiamento destinato ad aumentare le tensioni con i principali partner commerciali, in primis Usa e Giappone, anch'essi preoccupati da eccessivi apprezzamenti delle proprie divise in un contesto di ciclo economico mondiale ancora fragile. La coperta è corta - al di là dei proclami ottimistici ufficiali ad ogni latitudine e longitudine - ed ogni Paese cerca di tirarla dalla propria parte. 

Medium Trend: la tendenza degli ultimi mesi rimane stabilmente al rialzo per il dollaro, col Renminbi che si è deprezzato di circa il 9% da inizio 2014, come non accadeva da oltre 20 anni. La tenuta del supporto a 6,400 mantiene un'impostazione rialzista anche per le settimane ed i mesi a venire, con primo obiettivo importante i livelli "fissi" del periodo luglio 2008-giugno 2010 a ridosso di 6,83 (resistenza intermedia 6,600). 

Minor Trend: dai picchi dell'8 gennaio-29 febbraio a 6,600 il cambio sta ripiegando verso il supporto a 6,490, la cui tenuta conserverebbe comunque un'impostazione rialzista. Gli acquisti riprenderebbero al superamento di 6,555-6,570, per un nuovo test della forte resistenza a 6,600, sopra cui (prematuro) il rialzo proseguirebbe verso 6,700 e quindi al test della resistenza a 6,830, che dovrebbe arrestare la salitasupporto mesi a venire. Perdita di spinta sotto 6,490, con estensioni verso 6,400, dove dovrebbero comunque tornare gli acquisti. 

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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