EURUSD (PC: 1,1163)
Major Trend: l’impostazione dominante rimane stabilmente al ribasso. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di progressiva normalizzazione, anche se ancora molto espansiva – e della Bce – in ulteriore espansione fino al marzo 2017 (ed in accelerazione da aprile 2016), con tassi di interesse schiacciati sullo zero quando non in territorio negativo – mantiene un quadro strategico a favore del dollaro Usa, a maggior ragione contro l’euro che rimane tra le divise più deboli del sistema. Graficamente il cambio è indirizzato al test della parità, senza escludere discese anche verso area 0,9500-0,9600. Tale ipotesi dovrebbe essere accantonata in caso di risalite del cambio al di sopra dei picchi di fine agosto 2015 a 1,1715, eventualità che al momento pare ipotizzabile soltanto qualora la Fed, spaventata dalle possibili conseguenze del crash della Borsa cinese e dai rischi di implosione dell'industria dello shale Usa a causa del crollo del greggio (con conseguente possibile avvio di un bear market anche sull'SP500, con segnale alla violazione del supporto chiave a 1815, al momento improbabile), dovesse decidere di soprassedere rispetto al programma annunciato di graduale rialzo dei tassi o, in caso di scenari davvero disastrosi, ipotizzare addirittura un nuovo round di easing quantitativo, riprendendo il programma interrotto nell'ottobre 2014 con ulteriori espansioni del proprio Bilancio (stabile da ottobre 2014 a ridosso di 4,5 trilioni di dollari).
Nella riunione del 16 marzo 2016 il Fomc ha deciso di proseguire nel graduale rialzo dei tassi, portando però a soli due i possibili rialzi nel corso del 2016 rispetto ai quattro inizialmente ipotizzati: ciò conferma che la "normalizzazione" della politica monetaria ultra-espansiva degli Usa sarà decisamente lenta, e ciò potrebbe portare ad un lungo stallo nel cambio EurUsd, all'interno comunque di un major trend ancora ribassista per l'euro.
Medium Trend: da metà marzo 2015 si è assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo in area 1,0455/0540 ed al di sotto di area 1,1500/1715. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, dopo il tracollo dai picchi del maggio 2014 a ridosso di 1,4000. All’interno di tale trading-range, uno spartiacque è individuabile in corrispondenza di area 1,1200/50, superato al rialzo di slancio ad inizio febbraio su dichiarazioni Fed di atteggiamenti attendisti in merito ai rialzi tassi previsti nel corso del 2016 e nuovamente dopo il Fomc del 16 marzo in cui è stato deciso di portare a due soli, anziché quattro come inizialmente ipotizzato, i rialzi tassi nel corso del 2016. La Fed è evidentemente spaventata da una possibile nuova crisi finanziaria innescata dal crash della Borsa cinese e del collasso del prezzo del petrolio, e fa quindi fatica ad abbandonare la politica del tipo ZIRP (zero interest rate policy), portata avanti ad oltranza negli ultimi anni. Le prese di beneficio sul dollaro Usa si sono spinte fino ad un massimo per EurUsd a 1,1377 l'11.02, per poi ripiegare velocemente verso 1,0825 il 2 marzo, livello ritestato durante la conferenza stampa di Draghi del 10.03; nuova risalita per l'euro verso 1,1343 dopo il Fomc del 16 marzo. Al di là del noise di breve rimaniamo dentro il movimento laterale dei mesi passati tra 1,0700-1,0800 e 1,1400. Una risalita dell'euro scatterebbe al di sopra di 1,1400 (prematuro), con obiettivo 1,1500 ed estensioni (poco probabili) verso la resistenza critica a 1,1715: tale eventualità non negherebbe comunque il major down-trend, ancora a favore del dollaro Usa. È anche probabile che un eccessivo apprezzamento dell'euro verrebbe prontamente contrastato dalla Bce, la cui preoccupazione maggiore è arginare le spinte deflazionistiche nell'area euro, che sarebbero invece aggravate da un euro in risalita. È quindi probabile che si entri in un contesto se non di "guerra valutaria" sicuramente di tensioni ed attriti tra le due Banche Centrali, la cui risultante potrebbe essere una sorta di stallo, di lateralità nervosa ancora per molti mesi a venire. In tale prospettiva si rischia di correre dietro a molti falsi segnali, alla ricerca di una direzionalità di più ampio respiro che invece manca; a meno che il cambio dovesse poi infrangere il supporto critico in area 1,0700-1,0800 (prematuro), eventualità che aprirebbe la strada alla ripresa del major down trend, con primo obiettivo importante i minimi di periodo in area 1,0455/0540.
Minor Trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in compressione, nell'intervallo tra 1,0700 e 1,1060-1,1200, si è assistito ad un veloce rialzo esauritosi a 1,1377 l'11 febbraio, seguito da un veloce storno verso 1,0825 il 2 marzo, livello ritestato durante la conferenza stampa di Mario Draghi di giovedì 10.03 quando il Presidente della Bce ha cercato di stemperare le dichiarazioni di allargamento quali-quantitativo del QE e del ribasso tassi con note che volevano evitare eccessive attese di taglio tassi nel prossimo futuro (probabilmente per scongiurare una caduta repentina dell'euro, che avrebbe fatto salire la tensione con la Fed). Il cambio è poi risalito velocemente verso 1,1343 dopo il Fomc del 16 marzo a seguito del rallentamento del ritmo di rialzo dei tassi (solo due anziché quattro nel corso del 2016), per poi stornare verso 1,1145. Si ripropone così il movimento laterale tra 1,0700-1,0800 e 1,1400. All'interno di tale trading-range mancano segnali affidabili, per cui si sconsiglia l'operatività direzionale; possibili invece proseguire "giocandosi il range", andando lunghi di euro sulla parte bassa e corti nella parte alta del suddetto intervallo.
USDJPY (PC: 113,08)
Major Trend: l’impostazione dominante al rialzo denota una tendenza alla lateralizzazione nell'ultimo semestre 2015, al di sotto del picco a ridosso di 126 toccato ad inizio giugno, con un peggioramento da inizio febbraio ed un veloce sell-off che respinge il cambio verso il supporto a 111 (livello testato l'11 ed il 24 febbraio ed il 17 marzo). Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – forse in via di graduale, molto graduale, normalizzazione, anche se comunque molto espansiva – e quella portata avanti dalla Banca del Giappone – in continua espansione da fine 2012 per volontà del Governo Abe, con tassi di interesse schiacciati sullo zero – mantiene ancora, nonostante il forte indebolimento degli ultimi mesi, un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Da fine 2011 il cambio si è apprezzato considerevolmente, dai minimi a ridosso di 75,30 al picco del giugno 2015 a ridosso di 126 (+67%). Nei mesi seguenti il cambio è ridisceso fino a toccare un minimo a ridosso di 116 a fine agosto 2015, per poi stabilizzarsi tra 118 e 124; da metà dicembre si è sviluppato un forte movimento correttivo, con la perforazione della base a 118 ed il ritest puntuale, il 20 gennaio, dei minimi a ridosso di 116, su cui si è sviluppato un movimento di rimbalzo che è rimasto al di sotto di 122, da dove si è sviluppato un nuovo sell-off con un nuovo minimo a 110,98 l'11.02, livello ritestato il 24 febbraio ed il 17 marzo (min 110,66), dopo il Fomc del 16 marzo. Il quadro tecnico per le prossime settimane rimane debole: un primo segnale di stabilizzazione si avrebbe al superamento di 116, ma il tono migliorerebbe solo al superamento di 118 (prematuro). Da inizio 2016 lo yen continua a beneficiare della situazione di volatilità sui mercati azionari: una risalita del Nikkei225 sopra quota 18000 si accompagnerebbe probabilmente ad una fase di rinnovata debolezza della divisa nipponica.
Medium Trend: da inizio settembre si è assistito ad una lateralizzazione al di sopra dei minimi di periodo in area 116-118 ed al di sotto di 124, con zona intermedia in area 120-121,70. Il rimbalzo dal supporto a 116 testato il 20 gennaio ha riportato il cambio a ridosso di 121 (max 121,87 il 29.01), seguito però da una veloce ridiscesa verso 116,00, la cui rottura ha provocato un'accelerazione fino ad un minimo a ridosso di 111 l'11 febbraio, con un consolidamento al di sotto di 115 ed un nuovo test di 111 il 24 febbraio, e poi ancora il 17 marzo (min 110,66). Nonostante le aperture del governatore della Banca del Giappone, Haruhiko Kuroda, in merito a possibili ulteriori tagli dei tassi in Giappone fino al -0,50%, le dichiarazioni "dovish" della Fed sui prossimi rialzi tassi negli Usa rilasciate dal Fomc del 16 marzo hanno nuovamente indebolito il dollaro. Anche nel cambio dollaro/yen sono infatti le politiche monetarie più o meno espansive delle rispettive Banche Centrali a fare la differenza, col rischio di tensioni e di gare a chi fa di più per deprezzare la propria divisa, senza innervosire troppo le controparti. L'apprezzamento dello yen riflette poi una situazione ancora incerta sui mercati azionari globali a livello strategico, e solo un miglioramento strutturale in tale asset class - al di là del rimbalzo delle ultime settimane - porterebbe a prese di beneficio significative sullo yen. Graficamente si ripropone un movimento laterale nell'intervallo tra 110 e 120-122, con spartiacque in area 115-116. Il superamento di 115-116 (prematuro) fornirebbe un primo segnale di stabilizzazione, ma un input rialzista si avrebbe solo al superamento di 122 (improbabile). Al di sotto di 110 (prematuro) si avrebbe un nuovo segnale di deterioramento del quadro tecnico in ottica plurimensile .
Minor Trend: nelle ultime settimane il tono è stato decisamente ribassista, col cambio in caduta libera da quota 124 al test puntuale dei minimi di fine agosto a 116, avvenuto il 20 gennaio e poi, dopo un rimbalzo effimero verso 122 a fine gennaio, con un'accelerazione verso 111 l'11 febbraio, seguita da un rimbalzo verso 115 e da un nuovo ripiegamento verso 111 il 24 febbraio, livello ancora testato dopo il Fomc del 16 marzo (min 110,66 il 17.03). Le forti prese di beneficio sulle posizioni corte in yen si sono accompagnate, come divenuto oramai consueto negli ultimi anni, alle pesanti vendite sui mercati azionari: in una situazione di risk-off, ovvero di avversione al rischio con conseguenti liquidazioni di posizioni lunghe sull'azionario, è infatti normale assistere a contestuali ricoperture sulle posizioni corte detenute in yen in ottica di "carry-trading". Il rimbalzo sui mercati azionari delle ultime settimane non ha ancora portato a prese di beneficio sullo yen, a conferma di un quadro strategico sull'azionario ancora fragile. La tenuta del supporto in area 110-111 dovrebbe comunque consentire una risalita verso 114,00/60, anche se solo al di sopra di 115-116 (prematuro; resistenza intermedia 114) si avrebbe un segnale di risalita convincente.
EURGBP (PC: 0,7895)
Major Trend: dal gennaio 2009 l'impostazione è stata stabilmente al ribasso, con la sterlina inglese favorita da un differenziale di rendimento – ancorché modesto – a proprio favore. Rispetto ai livelli di fine 2008 la sterlina si è apprezzata di un 40% circa contro euro, col cambio passato da 0,9800 ad un minimo a 0,6935 a luglio 2015. Negli ultimi mesi si è assistito ad una fase di lateralizzazione al di sopra dei minimi di luglio ed al di sotto dei picchi di metà ottobre a ridosso di 0,7500, recentemente superati (max 0,7757 il 20 gennaio, quindi 0,7930 il 25.02 e 0,7947 il 24 marzo), facendo base al di sopra di 0,7650 (testato il 10.03). Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, che dovrebbe quindi preludere ad una ripresa delle vendite, ma non si possono escludere movimenti erratici per diversi mesi a venire, e possibili ulteriori risalite nelle settimane a venire verso 0,8000-0,8100. Perdita di spinta sotto 0,7525-0,7625 e ripresa delle vendite sotto 0,7200-0,7400 (al momento poco probabile), con obiettivo i minimi 2015 in area 0,6935-0,7000. Il major down-trend verrebbe messo in discussione da risalite del cambio al di sopra della resistenza critica in area 0,8000-0,8100 (prematuro).
Medium Trend: da inizio marzo 2015 si assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo a 0,6935 ed al di sotto di 0,7500, superato al rialzo a metà gennaio, con strappi verso 0,7900, seguiti da un consolidamento al di sopra di 0,7695, da una nuova risalita verso 0,7930 il 25.02, livello superato nelle ultime sedute (max 0,7947 il 24.03). La dinamica delle ultime settimane appare laterale, all'interno dell'intervallo tra 0,7650 e 0,7959; nuovi acquisti al superamento di 0,7950, per un test della forte resistenza in area 0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi mesi. Rinnovata debolezza sotto 0,7650 (prematuro), per un test di area 0,7300-0,7400 la cui violazione (al momento poco probabile) darebbe un segnale ribassista in ottica plurisettimanale, con obiettivo il supporto critico a 0,6935.
Minor Trend: da metà novembre il cross è in fase di risalita, dai minimi a ridosso di 0,7000 ad un massimo a 0,7947 il 24 marzo, con base al di sopra di 0,7650, supporto testato il 10 marzo. Perdita di spinta sotto 0,7745, ma un segnale di rinnovata debolezza si avrebbe solo alla violazione di 0,7650, con conferma al di sotto di 0,7595 (prematuro). Nuovi acquisti al superamento di 0,7950, per un test della forte resistenza in area 0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi 3 mesi.
EURCHF (PC 1,0906)
Major trend: negli ultimi mesi il cross si è mosso lateralmente tra 1,0150 e 1,1050, con volatilità in progressiva diminuzione dopo il collasso del cambio avvenuto nella mattinata del 15 gennaio 2015 a seguito della rimozione del cap ad 1,2000 e conseguente caduta libera fino a toccare un minimo a ridosso di 0,8500. La Banca Nazionale Svizzera ha portato in negativo i rendimenti (il decennale "rende" il -0,35% e per avere un tasso positivo sui governativi occorre acquistare scadenze superiori ai 18 anni!), in modo da scoraggiare acquisti di franchi svizzeri e conseguenti apprezzamenti del cambio, considerati negativamente per l'economia del Paese. A fine gennaio 2016 si è assistito alla fuoriuscita del cambio dalle parte alta del suddetto trading-range, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, seguito però da una veloce ridiscesa verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da una risalita che è però rimasta al di sotto di 1,1025 (il 10 marzo). Anche se è prematuro ipotizzare rialzi consistenti dell'euro in ottica plurimensile, investimenti in franchi svizzeri rimangono poco interessanti stante la remunerazione decisamente negativa dei titoli espressi in CHF e la bassa probabilità di sostanziali apprezzamenti della divisa elvetica nei mesi a venire.
Medium trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in consolidamento all'interno del range tra 1,0750 e 1,0945, il cross ha messo a segno una veloce risalita verso 1,1200 il 4 febbraio, seguita da uno storno verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da un consolidamento al di sotto di 1,1025 (testato il 10 marzo). La tenuta di 1,0800-1,0750 (ext 1,0700) è necessaria pena un deterioramento del quadro tecnico in ottica plurisettimanale. Un nuovo impulso positivo si avrebbe solo al di sopra di area 1,1025/1060 (prematuro) per un ritest di 1,1200, il cui superamento (poco probabile) è necessario per avere un nuovo segnale rialzista per le settimane a venire.
Minor Trend: il movimento di risalita dai minimi del 18 dicembre a 1,0756 ha portato il cross a fuoriuscire dalla parte alta del trading-range dominante nei mesi passati, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, per poi ripiegare velocemente verso 1,0800 a fine febbraio e quindi risalire verso 1,1025 il 10 marzo, ripiegando poi verso 1,0875 nelle ultime sedute. Finché il cross staziona al di sotto di1,1000/1025 il tono di fondo rimane debole, con possibili ulteriori discese al test del supporto a 1,0800, la cui rottura (prematuro) proporrebbe come obiettivo 1,0750 e quindi il valido supporto a 1,0700, dove dovrebbero esserci ordini in acquisto. Nuovi spunti rialzisti al di sopra di 1,1025 (prematuro), con obiettivo 1,1060 e quindi (poco probabile) la resistenza a 1,1200. L'incremento di volatilità delle ultime settimane rende nuovamente interessante il cross in ottica trading (possibili acquisti di euro sulla debolezza, in area 1,0700-1,0800, con prese di beneficio verso 1,1100-1,1200), anche se al momento movimenti consistenti appaiono ancora poco probabili.
DOLLAR INDEX (PC: 96,16): il "Dollar Index" esprime la dinamica del dollaro USA nei confronti di un paniere costituito dalle maggiori divise mondiali, rappresentative dei maggiori partner commerciali dagli Usa. In termini di pesi la parte del leone la fa l'euro (circa il 57%), seguito dallo yen (circa il 14%), la sterlina inglese (circa il 12%), il dollaro canadese (circa il 9%), la corona svedese ed il franco svizzero (circa il 4% ciascuno).
Major Trend: dopo una lunga fase laterale, di riaccumulazione, da metà 2008 a metà 2014, con volatilità in contrazione, si sviluppa un forte movimento rialzista che porta il Dollar Index a registrare un massimo poco sopra quota 100 nel marzo 2015, livello ritestato nel mese di dicembre, con una base al di sopra di area 92,60-94,00. La lateralizzazione in essere negli ultimi trimestri sembra una pausa di riaccumulazione, che dovrebbe quindi preludere ad una ripresa del major up-trend, ma un segnale si avrebbe solo al superamento della forte resistenza in area 100,00/50 (prematuro), con primo obiettivo 104 ed a tendere (assai prematuro) la resistenza a 110. Il quadro tecnico si deteriorerebbe solo in caso di ridiscese al di sotto di 92,60-94,00 (al momento poco probabile). Sembra che la fase di trading-range in atto possa continuare nei mesi a venire e rifletta una zona di "equilibrio", tacitamente accettata dalle varie Banche Centrali: una fuoriuscita da tale intervallo comporterebbe probabilmente un'impennata della volatilità e possibili ritorsioni da parte di quei Paesi (area euro e Giappone, in primis) che non sono disposti ad accettare apprezzamenti dei rispettivi livelli di cambio contro il dollaro Usa, per gli impatti deflazionistici che ciò avrebbe sui propri sistemi economici.
Medium Trend: la tendenza negli ultimi mesi rimane laterale, con tendenza all'indebolimento, all'interno dell'ampio intervallo con estremi 92,60-94,00 e 100,00/50. Non si possono escludere ulteriori storni verso la parte inferiore del suddetto canale, dove però dovrebbero tornare gli acquisti. Segnale di risalita sopra 97,50, con obiettivo 98,60-99 ed estensioni (al momento poco probabili) verso la parte superiore del canale, in area 100,00/50, dove dovrebbero comunque prevalere le vendite. Un segnale direzionale convincente in ottica plurisettimanale si avrebbe solo con la fuoriuscita da tale trading-range, al momento poco probabile.
Minor Trend: dal minimo del 18 marzo a 94,578 l'indice è risalito verso 96,40 nelle ultime sedute, dando un segnale di tenuta. Per mantenere un'impostazione di moderata positività le quotazioni devono mantenersi al di sopra di area 95,25/50, con possibili rialzi verso area 97,00/50, il cui superamento (prematuro) fornirebbe un segnale di risalita verso 98,60-99, dove dovrebbero esserci ordini in vendita.
AUGURI DI BUONA PASQUA!
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)