EURUSD (PC: 1,1159)
Major Trend: l’impostazione dominante rimane stabilmente al ribasso. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – in via di progressiva normalizzazione, anche se ancora molto espansiva – e della Bce – in ulteriore espansione fino al marzo 2017 (ed in accelerazione da aprile 2016), con tassi di interesse schiacciati sullo zero quando non in territorio negativo – mantiene un quadro strategico a favore del dollaro Usa, a maggior ragione contro l’euro che rimane tra le divise più deboli del sistema. Graficamente il cambio è indirizzato al test della parità, ma nel corso del 2016 sono possibili discese anche verso area 0,9500-0,9600. Tale ipotesi dovrebbe essere accantonata in caso di risalite del cambio al di sopra dei picchi di fine agosto 2015 a 1,1715, eventualità che al momento pare ipotizzabile soltanto qualora la Fed, spaventata dalle possibili conseguenze del crash della Borsa cinese e dai rischi di implosione dell'industria dello shale Usa a causa del crollo del greggio (con conseguente possibile avvio di un bear market anche sull'SP500, con segnale alla violazione del supporto chiave a 1815, al momento improbabile), dovesse decidere di soprassedere rispetto al programma annunciato di graduale rialzo dei tassi o, in caso di scenari davvero disastrosi, ipotizzare addirittura un nuovo round di easing quantitativo, riprendendo il programma interrotto nell'ottobre 2014 con ulteriori espansioni del proprio Bilancio (stabile da ottobre 2014 a ridosso di 4,5 trilioni di dollari).
Medium Trend: da metà marzo 2015 si è assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo in area 1,0455/0540 ed al di sotto di 1,1500/1715. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, dopo il tracollo dai picchi del maggio 2014 a ridosso di 1,4000. All’interno di tale trading-range, uno spartiacque è individuabile in corrispondenza di area 1,1200/50, superato al rialzo di slancio ad inizio febbraio su dichiarazioni Fed di atteggiamenti attendisti in merito ai rialzi tassi previsti nel corso del 2016. È possibile che la Fed, spaventata da una possibile nuova crisi finanziaria innescata dal crash della Borsa cinese e del collasso del prezzo del petrolio, possa tornare ad una politica del tipo ZIRP (zero interest rate policy) da portare avanti ad oltranza. Le prese di beneficio sul dollaro Usa si sono spinte fino ad un massimo per EurUsd a 1,1377 l'11.02, per poi ripiegare velocemente verso 1,0825 il 2 marzo - livello ritestato durante la conferenza stampa di Draghi del 10.03 - e quindi risalire verso 1,1220. Al di là del noise di breve rimaniamo dentro il movimento laterale dei mesi passati tra 1,0700-1,0800 e 1,1200/50 (con estensioni, premature, al test di 1,1400). Una risalita dell'euro scatterebbe al di sopra di 1,1400 (prematuro), con obiettivo 1,1500 ed estensioni (poco probabili) verso la resistenza critica a 1,1715: tale eventualità non negherebbe comunque il major down-trend, ancora a favore del dollaro Usa. È anche probabile che un eccessivo apprezzamento dell'euro verrebbe prontamente contrastato dalla Bce, la cui preoccupazione maggiore è arginare le spinte deflazionistiche nell'area euro, che sarebbero invece aggravate da un euro in risalita. È quindi probabile che si entri in un contesto se non di "guerra valutaria" sicuramente di tensioni ed attriti tra le due Banche Centrali, la cui risultante potrebbe essere una sorta di stallo, di lateralità nervosa ancora per molti mesi a venire. In tale prospettiva si rischia di correre dietro a molti falsi segnali, alla ricerca di una direzionalità che invece manca; a meno che il cambio dovesse poi infrangere il supporto critico in area 1,0700-1,0800 (prematuro), eventualità che aprirebbe la strada alla ripresa del major down trend, con primo obiettivo importante i minimi di periodo in area 1,0455/0540.
Minor Trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in compressione, nell'intervallo tra 1,0700 e 1,1060-1,1200, si è assistito ad un veloce rialzo esauritosi a 1,1377 l'11 febbraio, seguito da un veloce storno verso 1,0825 il 2 marzo, livello ritestato durante la conferenza stampa di Mario Draghi di giovedì 10.03 per poi invertire al rialzo fino a 1,1220 quando il Presidente della Bce ha cercato di stemperare le dichiarazioni di allargamento quali-quantitativo del QE e del ribasso tassi con note che volevano evitare eccessive attese di taglio tassi nel prossimo futuro (probabilmente per scongiurare una caduta repentina dell'euro, che avrebbe fatto salire la tensione con la Fed, innescando possibili reazioni, a partire dalla riunione Fomc di mercoledì 16.03). Si ripropone così il movimento laterale tra 1,0700-1,0800 e 1,1200/50. All'interno di tale trading-range mancano segnali affidabili, per cui si sconsiglia l'operatività direzionale; possibili invece acquisti di euro sulla debolezza e vendite nella parte alta del suddetto intervallo. Gli acquisti riprenderebbero solo al superamento di 1,1200/50 (prematuro).
USDJPY (PC: 113,67)
Major Trend: l’impostazione dominante al rialzo denota una tendenza alla lateralizzazione nell'ultimo semestre 2015, al di sotto del picco a ridosso di 126 toccato ad inizio giugno, con un peggioramento da inizio febbraio ed un veloce sell-off che respinge il cambio al test del supporto a 111 nelle ultime settimane. Lo sfasamento tra la politica monetaria della Fed – forse in via di progressiva normalizzazione, anche se comunque molto espansiva – e quella portata avanti dalla Banca del Giappone – in continua espansione da fine 2012 per volontà del Governo Abe, con tassi di interesse schiacciati sullo zero – mantiene ancora un quadro strategico a favore del dollaro Usa. Da fine 2011 il cambio si è apprezzato considerevolmente, dai minimi a ridosso di 75,30 al picco del giugno 2015 a ridosso di 126 (+67%). Nei mesi seguenti il cambio è ridisceso fino a toccare un minimo a ridosso di 116 a fine agosto 2015, per poi stabilizzarsi tra 118 e 124; da metà dicembre si è sviluppato un forte movimento correttivo, con la perforazione della base a 118 ed il ritest puntuale, il 20 gennaio, dei minimi a ridosso di 116, su cui si è sviluppato un movimento di rimbalzo che è rimasto al di sotto di 122, da dove si è sviluppato un nuovo sell-off con un nuovo minimo a 110,98 l'11.02, livello ritestato il 24 febbraio. Il quadro tecnico rimane debole: un primo segnale di stabilizzazione si avrebbe al superamento di 116, ma il tono migliorerebbe solo al superamento di 118 (prematuro). Da inizio 2016 lo yen continua a beneficiare della situazione di incertezza sui mercati azionari, e solo l'allontanamento dei principali indici da livelli chiave di supporto (valga per tutti quota 1815 sull'SP500) darebbe un segnale di rasserenamento tale da portare anche ad una fase di rinnovata debolezza della divisa nipponica.
Medium Trend: da inizio settembre si è assistito ad una lateralizzazione al di sopra dei minimi di periodo in area 116-118 ed al di sotto di 124, con zona intermedia in area 120-121,70. Il rimbalzo dal supporto a 116 testato il 20 gennaio ha riportato il cambio a ridosso di 121 (max 121,87 il 29.01), seguito però da una veloce ridiscesa verso 116,00, la cui rottura ha provocato un'accelerazione fino ad un minimo a ridosso di 111 l'11 febbraio, con un consolidamento al di sotto di 115 ed un nuovo test di 111 il 24 febbraio. L'annuncio della BoJ cinque settimane orsono di portare da +0,10% a -0,10% i tassi sui depositi aveva dato un pò di slancio al dollaro, subito perduto in seguito alle dichiarazioni "dovish" della Fed sui prossimi rialzi tassi negli Usa, rilasciate per evitare un avvitamento al ribasso dei mercati azionari. Anche nel cambio dollaro/yen sono le politiche monetarie più o meno espansive delle rispettive Banche Centrali a fare la differenza, col rischio di tensioni e di gare a chi fa di più per deprezzare la propria divisa. L'apprezzamento dello yen riflette poi una situazione ancora incerta sui mercati azionari a livello strategico, e solo un miglioramento strutturale in tale asset class porterebbe a prese di beneficio significative sullo yen. Graficamente si ripropone un movimento laterale nell'intervallo tra 110 e 120-122, con spartiacque in area 115-116. Il superamento di 116 (prematuro) fornirebbe un primo segnale di stabilizzazione, ma un input rialzista si avrebbe solo al superamento di 122 (al momento improbabile). Al di sotto di 110 (prematuro) si avrebbe un nuovo segnale di deterioramento del quadro tecnico in ottica plurimensile .
Minor Trend: nelle ultime settimane il tono è stato decisamente ribassista, col cambio in caduta libera da quota 124 al test puntuale dei minimi di fine agosto a 116, avvenuto il 20 gennaio e poi, dopo un rimbalzo effimero verso 122, con un'accelerazione verso 111 l'11 febbraio, seguita da un rimbalzo verso 115 e da un nuovo ripiegamento verso 111 il 24 febbraio. Le forti prese di beneficio sulle posizioni corte in yen si sono accompagnate, come divenuto oramai consueto negli ultimi anni, alle pesanti vendite sui mercati azionari: in una situazione di risk-off, ovvero di avversione al rischio con conseguenti liquidazioni di posizioni lunghe sull'azionario, è infatti normale assistere a contestuali ricoperture sulle posizioni corte detenute in yen in ottica di "carry-trading". Dal supporto a 111 si sta sviluppando un tentativo di rimbalzo - contestualmente ad una risalita/assestamento dei mercati azionari - che dovrebbe essere indirizzato al test di area 115-116 (massimo 114,57 il 2 marzo), ma finché il cambio rimane al di sotto di tale resistenza il tono resta molto debole. La violazione del valido supporto a 111 (poco probabile) provocherebbe un nuovo scivolone verso 110.
EURGBP (PC: 0,7760)
Major Trend: dal gennaio 2009 l'impostazione è stata stabilmente al ribasso, con la sterlina inglese favorita da un differenziale di rendimento – ancorché modesto – a proprio favore. Rispetto ai livelli di fine 2008 la sterlina si è apprezzata di un 40% circa contro euro, col cambio passato da 0,9800 ad un minimo a 0,6935 a luglio 2015. Negli ultimi mesi si è assistito ad una fase di lateralizzazione al di sopra dei minimi di luglio ed al di sotto dei picchi di metà ottobre a ridosso di 0,7500, recentemente superati (max 0,7757 il 20 gennaio e quindi 0,7930 il 25.02), per poi ripiegare verso 0,7650 il 10.03. Dovrebbe trattarsi di una pausa distributiva, che dovrebbe quindi preludere ad una ripresa delle vendite, ma non si possono escludere movimenti erratici per diversi mesi a venire, e possibili ulteriori risalite verso 0,8000-0,8100. Perdita di spinta sotto 0,7525 e ripresa delle vendite sotto 0,7200-0,7400 (al momento poco probabile), con obiettivo i minimi 2015 in area 0,6935-0,7000. Il major down-trend verrebbe messo in discussione da risalite del cambio al di sopra della resistenza critica in area 0,8000-0,8100 (prematuro).
Medium Trend: da inizio marzo 2015 si assistito ad una lateralizzazione del cambio al di sopra dei minimi di periodo a 0,6935 ed al di sotto di 0,7500, superato al rialzo a metà gennaio, con strappi verso 0,7900, seguiti da un consolidamento al di sopra di 0,7695 e da una nuova risalita verso 0,7930 il 25.02. Sui livelli correnti si nota perdita di spinta: le quotazioni sono ripiegate verso 0,7650/90, la cui tenuta è necessaria per conservare un'impostazione tonica; nuovi acquisti al superamento di 0,7930 (prematuro), per un test della forte resistenza in area 0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi 3 mesi. Il tono peggiorerebbe sotto 0,7300-0,7400 (al momento poco probabile), ma il quadro tornerebbe ribassista solo al di sotto del supporto critico a 0,6935, improbabile.
Minor Trend: da metà novembre il cross è in fase di risalita, dai minimi a ridosso di 0,7000 ad un massimo a 0,7930 il 25 febbraio, seguito da uno storno verso 0,7650/90. Un segnale di maggiore debolezza si avrebbe solo alla violazione del supporto a 0,7595 (prematuro), con estensioni a testare 0,7525, la cui tenuta è necessaria per conservare un'impostazione tonica. Nuovi acquisti al superamento di 0,7850, per un test di 0,7930 e quindi (prematuro) della forte resistenza in area 0,8000-0,8100, dove dovrebbe comunque esaurirsi il mini-rally dell'euro degli ultimi 3 mesi.
EURCHF (PC 1,0953)
Major trend: negli ultimi mesi il cross si è mosso lateralmente tra 1,0150 e 1,1050, con volatilità in progressiva diminuzione dopo il collasso del cambio avvenuto nella mattinata del 15 gennaio 2015 a seguito della rimozione del cap ad 1,2000 e conseguente caduta libera fino a toccare un minimo a ridosso di 0,8500. La Banca Nazionale Svizzera ha portato in negativo i rendimenti (il decennale "rende" il -0,43% e per avere un tasso positivo sui governativi occorre acquistare scadenze superiori ai 17 anni!), in modo da scoraggiare acquisti di franchi svizzeri e conseguenti apprezzamenti del cambio, considerati negativamente per l'economia del Paese. Nelle ultime settimane si è assistito alla fuoriuscita del cambio dalle parte alta del suddetto trading-range, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, seguito però da una veloce ridiscesa verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da una risalita verso 1,1025 nelle ultime sedute. Anche se è prematuro ipotizzare rialzi consistenti dell'euro in ottica plurimensile, investimenti in franchi svizzeri rimangono poco interessanti stante la remunerazione decisamente negativa dei titoli espressi in CHF e la bassa probabilità di sostanziali apprezzamenti della divisa elvetica nei mesi a venire.
Medium trend: dopo una lunga fase laterale, con volatilità in consolidamento all'interno del range tra 1,0750 e 1,0945, il cross ha messo a segno una veloce risalita verso 1,1200 il 4 febbraio, seguita da uno storno verso 1,0800 a fine febbraio e quindi da una risalita verso 1,1025 nelle ultime sedute. La tenuta di 1,0800 è necessaria per conservare un'impostazione laterale/moderatamente rialzista in ottica plurisettimanale, ma un nuovo impulso positivo si avrebbe solo al superamento di area 1,1000/60 (prematuro) per un ritest di 1,1200. Un segnale di debolezza per l'euro in ottica plurisettimanale si avrebbe sotto 1,0750-1,0800, con conferma alla violazione di 1,0700 (prematuro).
Minor Trend: il movimento di risalita dai minimi del 18 dicembre a 1,0756 ha portato il cross a fuoriuscire dalla parte alta del trading-range dominante nei mesi passati, con un balzo verso 1,1200 il 4 febbraio, per poi ripiegare velocemente verso 1,0800 a fine febbraio e quindi risalire verso 1,1025 nelle ultime sedute. Il tono di fondo rimane debole: le vendite riprenderebbero al di sotto di 1,0900, per un test del supporto a 1,0800 la cui rottura proporrebbe come obiettivo a 1,0750 e quindi il valido supporto a 1,0700, dove dovrebbero esserci ordini in acquisto. Nuovi spunti rialzisti al di sopra di 1,1025, con obiettivo 1,1060 e quindi la resistenza a 1,1200, il cui superamento (al momento poco probabile) è necessario per avere un nuovo segnale rialzista. L'incremento di volatilità delle ultime settimane rende nuovamente interessante il cross in ottica trading (possibili acquisti di euro sulla debolezza, in area 1,0700-1,0800, con prese di beneficio verso 1,1200), anche se al momento movimenti consistenti appaiono ancora poco probabili.
EURNOK (PC: 9,3890)
Major Trend: negli ultimi 7 anni il cambio ha disegnato una dinamica a "V": dal massimo storico del dicembre 2008 a ridosso di 10,150 si è sviluppato un major down-trend esauritosi nel minimo del gennaio 2013 a ridosso di 7,2200, in corrispondenza del precedente minimo storico del gennaio 2003 a 7,2170; dai minimi del gennaio 2013 è iniziata una risalita sostenuta, caratterizzata da pochi movimenti correttivi, che ha recentemente ricondotto il cross verso il massimo storico di fine 2008, a ridosso di 9,7500. La dinamica fortemente ribassista del prezzo del petrolio a partire dalla metà del 2014 - con tracolli sia del Wti che del Brent del 76% dai livelli del giugno 2014 ai minimi di fine gennaio 2016 - è stato ovviamente il driver del fortissimo deprezzamento della corona norvegese: si tratta infatti della tipica "commodity currency", vista la dipendenza prevalente dell'economia norvegese dalle quotazioni del Brent, che rimane il suo output principale. L'evoluzione del prezzo del greggio rappresenta quindi un elemento fondamentale per ipotizzare il destino della corona norvegese nei mesi a venire. Fatti salvi possibili ulteriori rimbalzi tattici del Brent nelle prossime settimane verso 46,50 $/barile, dopo il vero e proprio crash dei mesi passati - sembra verosimile che le quotazioni del greggio resteranno comunque compresse per molti mesi a causa delle politiche di dumping perseguite da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, ai danni di Iran, Russia, Stati Uniti. Sembra quindi prematuro ipotizzare acquisti di corone norvegesi in ottica strategica. I bassi rendimenti dei titoli sovrani espressi in corone norvegesi (a ridosso dello 0,50% sotto i 3 anni) non costituiscono poi un incentivo a diverisificare in tale divisa.
Medium Trend: da giugno 2015 a gennaio 2016 il cross ha messo a segno un'accelerazione rialzista - insieme al crash del prezzo del petrolio - che ha ricondotto le quotazioni a ridosso dei picchi di fine 2008 (max 9,7500 il 12 gennaio), con base al di sopra di 9,1500. Possibili storni a testare are 9,000/150, con estensioni verso 8,5000 dove dovrebbero comunque tornare gli acquisti di euro.
Minor trend: la dinamica delle ultime settimane è di tipo correttivo per l'euro, con la corona norvegese che recupera qualche posizione grazie al rally del petrolio. La prosecuzione del bear-market rally sul Brent verso 46,50$/barile dovrebbe consentire ulteriori recuperi della corona norvegese verso area 9,000/150, all'interno comunque di un quadro più ampio ancora a favore dell'euro. Un ulteriore segnale a favore della crona si avrebbe sotto quota 9, con obiettivo 8,500. Nuovi acquisti di euro solo sopra 9,6650 (prematuro), con conferma al superamento di 9,7500.
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)