Cedole & Dividendi
Ci si aspettava una caduta del Ftse Mib di almeno 600/800 punti dopo il successo del no al referendum costituzionale, il che avrebbe rappresentato un’ottima occasione di entrata per chi investe sull’azionario anche in chiave di dividendo. Il terremoto non si è visto, ma la debolezza strutturale del nostro listino continua a costituire un’opportunità da valutare per chi opera in tale ottica. Ecco allora una specie di “dividend story”, in cui raccogliamo informazioni riguardanti vicende correlate alla distribuzione di utili agli azionisti non solo di titoli italiani.
► Cominciamo da un’azione straniera, che si consiglia di valutare con attenzione: si tratta di Glencore (quotata alla Borsa di Londra con codice GLEN), gigante delle materie prime con sede in Svizzera. Ha comunicato di aver concluso un vasto piano di riduzione dell'indebitamento. Il valore delle dismissioni previste è stato nettamente superiore rispetto agli obiettivi iniziali e così dal 2017 sarà nuovamente versato un dividendo. Per pagarlo la società sta accumulando 1 miliardo di dollari Usa. Dal 2018 poi gli azionisti potranno contare per ogni esercizio su una remunerazione fissa ancora per 1 miliardo e su una parte variabile, pari al 25% del free cash flow operativo. Il titolo ha corso molto negli ultimi mesi, tornando a quotare sui 300 pence, contro i minimi a 70 pence dello scorso mese di gennaio.
► Una delle azioni preferite in Italia per la distribuzione di dividendi è Enel (quotata alla Borsa di Milano con codice ENEL): il 23 gennaio staccherà, con pagamento il 25, un acconto della cedola 2017, in aggiunta a quella normalmente distribuita a giugno. Si tratterà di 0,09 euro per azione, in un contesto di “payout” rivisto al rialzo già dal prossimo anno, con un livello che salirà al 65% dell’utile netto consolidato, rispetto al precedente 60%. Nel 2016 la società ha pagato 0,16 euro il 22 giugno e la scelta della cedola unica era stata introdotta nel 2012, mentre in precedenza si era sempre confermata la preferenza della doppia cedola, a giugno e novembre. Non è ancora conosciuto l’importo del saldo successivo, ma ci si attende che il valore globale, riferito al 2016 e versato nel 2017, dovrebbe essere di almeno 0,18 euro per azione. In questo caso il pagamento di gennaio rappresenterebbe già un 50% del totale, con un “dividend yield” lordo che oggi si può stimare in circa il 4,8% lordo. In ogni caso, con riferimento invece ai risultati dell'esercizio 2017, si prevede che Enel pagherà nel 2018 l'importo più elevato tra un dividendo minimo di 0,21 euro e quello basato sul “payout” del 65%.
► Una categoria di Etf che distribuisce alti dividendi è quella riferita ai bond high yield. Su Borsa Italiana ne sono quotati di varia tipologia, con distribuzione periodica più o meno frequente e con copertura o no del cambio. In questa prima puntata di “Dividend Story” ecco un replicante interessante per il rendimento assicurato. Si tratta di Ishares $ High Yield Corp Etf Dist. (Isin IE00B4PY7Y77), con valuta di denominazione Usd e logicamente di negoziazione Eur. Scambia in maniera regolare e rilevante, con circa una cinquantina di contratti ogni giorno, per controvalori però non elevati. Sottostante l’indice iBoxx Usd Liquid High Yield Capped, che replica le obbligazioni societarie più liquide denominate in $ con rating “sub-investment grade”. Di tipo a replica fisica, paga il dividendo due volte l’anno: nel 2016 ha versato 2,8775 $ il 12 maggio e 2,958 $ il 10 novembre. Tradotto in euro significa un rendimento del 6,1%, rispetto alla quotazione attuale su Borsa Italiana. Ci sono due variabili da tenere presente: logicamente ci si espone al cambio euro/dollaro e a una “duration” media non trascurabile, il che potrebbe comportare movimenti al ribasso della quotazione in presenza di rialzo dei tassi. Ecco perché la strategia consigliabile è quella di un piano di accumulo nel tempo, che medi sia il primo sia il secondo aspetto.
► Qual è l’azione europea del comparto "media", a elevata capitalizzazione, che paga il dividendo più alto? Da una nostra analisi è la francese Vivendi (quotata alla Borsa di Parigi con codice VIV) e attiva nel campo dei media e delle comunicazioni, più precisamente nell'industria di musica, televisione, cinema e videogames. Fra l’alto è ormai azionista di maggioranza del gruppo italiano Telecom e coinvolta in una complessa vicenda con Mediaset, per l’acquisto di Premium. Si tratta di un comparto a redditività molto instabile, come evidenziano alcuni dati riferiti ai risultati netti degli ultimi anni. Allo stacco realizzato solitamente ad aprile di ogni anno Vivendi ha comunque sempre versato 1 euro per azione, dal 2011 in poi; non è però possibile conoscere ancora quanto distribuirà per il 2016. Alla quotazione attuale ciò si traduce in un rendimento del 5,7%. Con una volatilità storica del 26%, Vivendi è inserita da novembre in un trend negativo, che la sta portando verso il supporto chiave dei 17,32 euro. Nel caso di rottura al ribasso, l’obiettivo successivo sarebbe posto sui 15 euro. Su debolezze eccessive il titolo diventa sempre più interessante in termini di dividend yield, ma logicamente bisogna prevedere la doppia tassazione fiscale, nel Paese d’origine e in Italia, il che ne condiziona il rendimento netto, che dovrebbe comunque restare su oltre il 3%.
► Infine un’altra storia italiana: ci riferiamo ad Assicurazioni Generali (quotata a Milano con codice G), il cui recente de-rating sembra esagerato e con un rapporto rischio/rendimento ai valori attuali assai attraente, secondo le valutazioni di alcuni analisti, che hanno precisato come tratti a un multiplo di 7 volte l'utile per azione 2017, quindi con uno sconto del 15-20% rispetto ai concorrenti. Inoltre il dividend yield del 7% è ben coperto e in crescita a un tasso medio annuo del 12% nel periodo 2016-2018. In termini meno tecnici ciò significa che il dividendo dovrebbe salire a quasi 1 euro nel 2017, a conferma di un trend in salita negli ultimi anni: dopo gli 0,20 euro riferiti al pagamento nel 2013, gli 0,45 nel 2014, gli 0,60 nel 2015 e gli 0,72 nel 2016, occorre ora attendere l’Assemblea di aprile per conoscere la quota versata nel 2017 e riferita all’anno in corso. Non pochi sperano che sia pagata la cifra tonda.