DOLLAR INDEX (PC: 100,73)
Pausa di consolidamento. Dopo la forte cavalcata successiva alla vittoria di Trump, col Dollar Index balzato da quota 96 (minimo toccato nelle prime ore post-risultato elettorale il 9 novembre) ad un massimo a ridosso di 102 la scorsa settimana, il biglietto verde tira il fiato e si concede una meritata pausa di riflessione. Nell'ultima ottava le quotazioni ripiegano verso 100,70, in quella che appare come una fisiologica correzione.
Lo storno potrebbe comunque proseguire nelle prossime sedute, con possibili ripiegamenti verso quota 100 e quindi a testare 99. Un segnale di debolezza si avrebbe però solo nel caso di ridiscese al di sotto del valido supporto a ridosso di quota 98 (poco probabile). I dati positivi sul mercato del lavoro Usa e l'approssimarsi del probabile rialzo tassi nel prossimo Fomc in calendario per il 14 dicembre non vanno ad influenzare più di tanto un quadro tecnico che si è già posizionato al rialzo da diverse settimane. Sembra quindi opportuno farsi guidare dai livelli tecnici, lasciando da parte ipotesi sull'evoluzione dei fondamentali e sulle probabili reazioni dei mercati che lasciano il tempo che trovano.
Il quadro continua ad essere favorevole al dollaro da un punto di vista strategico, come confermato dall'apprezzamento del cambio anche in corrispondenza del rally azionario post-elettorale. Tatticamente rimane possibile la prosecuzione della fase di assestamento in atto, per cui l'apertura di nuove posizioni lunghe sul dollaro appare prematura.
OPERATIVAMENTE: è opportuno mantenere posizioni lunghe strategiche sul Dollaro, valutando alleggerimenti in ottica tattica sui livelli correnti e su salite verso 105. Incrementi sarebbero valutabili su eventuali storni verso quota 98.
Nota: il "Dollar Index" esprime la dinamica del dollaro USA nei confronti di un paniere costituito dalle maggiori divise mondiali, rappresentative dei maggiori partner commerciali dagli Usa. In termini di pesi la parte del leone la fa l'euro (circa il 57%), seguito dallo yen (circa il 14%), la sterlina inglese (circa il 12%), il dollaro canadese (circa il 9%), la corona svedese ed il franco svizzero (circa il 4% ciascuno).
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)