Cedole & Dividendi
Dopo lo sfortunato esordio del Btp 2067 (Isin IT0005217390), sceso la settimana scorsa sotto quota 85, sul mercato si diffondono indiscrezioni riferite a possibili debutti di bond addirittura con scadenza centenaria. In realtà ne esistono già parecchi, ma o corporate di tipo ibrido – con “call” inevitabilmente a dieci anni, che quasi sicuramente saranno esercitate – o a governativi collocati come “private placement” e quindi non quotati su nessun mercato. Fra questi ultimi segnaliamo i casi di Irlanda e Belgio, dagli importi globali comunque modesti.
Intanto negli Usa si fanno sempre più forti le pressioni sul Tesoro per valutare un’ipotesi più consistente, riferita all’esordio di un’emissione centenaria da proporre agli investitori istituzionali e privati, con ammontare di tutto rilievo. Se ne parla da mesi, ma l’elezione alla Presidenza di Trump e il suo piano di aumento delle spese pubbliche nonché di riduzione delle tasse rendono l’idea più plausibile, allo scopo di affrontare l’enorme problema di un debito pubblico in forte crescita. Il relativo valore attuale si aggira sui 14 trilioni di dollari. Entro vent’anni potrebbe salire a 45/50 trilioni, con un costo annuale degli interessi – in presenza di una normalizzazione dei tassi – che toccherebbe gli 1,5 trilioni. Cifre sproporzionate, che perfino una potenza come gli Usa non sopporterebbe.
Come uscirne? Due le risposte possibili: cercare di tenere i tassi più bassi possibile (distruggendo definitivamente il risparmio privato e i fondi pensione) o allungare appunto di molto l’esposizione temporale del debito. La seconda appare come la più concreta e già il Tesoro di Washington ne starebbe valutando l’opportunità, anche perché i Treasuries hanno al massimo una vita trentennale. Nella fase attuale di ridotto costo del denaro la convenienza a offrire bond con scadenza oltre il 2100 risulta logicamente più attraente, sebbene considerando che il rendimento attuale di mercato del 30 anni è al 3%, non si potrebbe ammettere un centenario con cedola inferiore al 5%. Che porterebbe vantaggi al Tesoro Usa solo con un’inflazione almeno equivalente.
Intanto si avvertono segnali di debolezza per gli extralunghi già disponibili e regolarmente quotati. Non è quindi solo il Btp 2067 a soffrire. Il Messico 15/3/2115, emesso il 15/4/2015, con cedola 4% in euro (Isin XS1218289103), l’unico della gamma dei centenari con taglio elevato (100.000), in pochi mesi è sceso dai massimi di 102,7 agli attuali 83,8, con uno “yield” ormai al 4,8%. Più corto, ma altrettanto sofferente, l’Austria 2/11/2086, emesso a febbraio, con cedola 1,5% in euro (Isin AT0000A1PEF7), a taglio 1.000, molto volatile a causa di una “duration” esponenziale di 43: lo si trova sui 92 alla Borsa tedesca contro i 101 del 2 novembre. Altrettanto tormentata la vita del Gran Bretagna 22/1/2060, sul mercato dal 2009, con cedola 4% (Isin GB00B54QLM75), a taglio 1.000, logicamente in sterline, che ha risentito più che dell’effetto Brexit dei timori di un rialzo dei tassi: dai 201 del 31/8 è crollato ai 164 di venerdì scorso. Nell’ambito del debito di amministrazioni pubbliche locali, vi sono parecchie emissioni canadesi a 100 anni, tutte abbastanza stabili grazie alla solidità degli emittenti e a rendimenti cedolari decisamente elevati.
Il quadro generale appare quindi afflitto da una debolezza inevitabile, date le fortissime vite residue di queste obbligazioni, destinate certamente più a un ristretto mercato di trader istituzionali che a quello dei normali investitori. I titoli matusalemme risultano ancora una nicchia assolutamente marginale, ma se il Tesoro Usa dovesse – nel corso dei prossimi due anni – presentarsi con una scadenza di questo tipo si aprirebbe un varco in cui si inserirebbero certamente molti Governi europei. Voci di un’eventuale ripetizione in chiave “retail” da parte del Belgio si erano diffuse nei mesi scorsi e lo stesso esordio del Btp 2067 potrebbe costituire il primo passo per un centenario con il tricolore.