Cedole & dividendi
La reazione è amplificata per varie ragioni e costituisce ormai motivo di preoccupazione anche per i gestori professionali. I nostri titoli di Stato stanno letteralmente crollando, oltre ogni più negativa previsione. Ed è come se l’azione della Bce si fosse tutto di un colpo azzerata.
Le domande che in molti ci pongono sono: 1°) perché? 2°) e ora che si fa?
Il perché trova molte risposte:
1°) l’entrata in scena di Trump e le previsioni sulla sua politica economica futura accentuano i timori di un rialzo dei tassi e di una corsa dell’inflazione, che potrebbe coinvolgere nel medio termine l’Europa. Correttezza di questa interpretazione: media
2°) apprensioni che l’ondata dell’antipolitica coinvolga l’Italia e porti il no a vincere nel referendum di dicembre. Correttezza di questa interpretazione: elevata
3°) le quotazioni dei titoli di Stato erano esasperate e il contraccolpo inevitabile. Correttezza di questa interpretazione: elevata
4°) la Bce non ce la fa più con il suo Q.E. e Draghi ha i giorni contati, soprattutto dopo il possibile siluramento della Yellen negli Usa. Correttezza di questa interpretazione: elevata.
5°) le banche italiane hanno necessità di profitti e li stanno facendo con le rilevanti plusvalenze derivanti dalla vendita di titoli in carico a quotazioni più basse rispetto alle attuali. Correttezza di questa interpretazione: elevata
L’effetto: il tutto messo assieme porta al risultato di un’iniziale normalizzazione dei titoli di Stato, in Italia come su altri fronti.
Un parallelo dimostra cosa sta avvenendo:
Italia – Btp 1/12/2026 – cedola 1,25% - Isin IT0005210650. Quotazione 11/8/2016: 101,5 – quotazione 11/11/2016: 92,9. Performance -8,5%
Francia – Oat 25/5/2026 – cedola 0,5% - Isin FR0013131877 - Quotazione 11/8/2016: 103,8 – quotazione 11/11/2016: 98,4. Performance -5,2%
Austria – Agb 20/10/2026 – cedola 0,75% - Isin AT0000A1K9C8 – Quotazione 11/8/2016: 107,1 – quotazione 11/11/2016: 101,8. Performance -5%
Belgio – Olo 28/3/2026 – cedola 4,5% - Isin BE0000324336 – Quotazione 11/8/2016: 143,4 – quotazione 11/11/2016: 136,2. Performance -5,1%
Germania – Bund 15/2/2026 – cedola 0,5% - Isin DE0001102390 – Quotazione 11/8/2016: 106,4 – quotazione 11/11/2016: 102,7. Performance -3,5%
Spagna – Bono 20/4/2026 – cedola 1,95% - Isin ES00000127Z9 – Quotazione 11/6/2016: 109,5 – quotazione 11/11/2016: 104,6. Performance -4,5%
Più o meno mal comune mezzo gaudio. Il trend è generalizzato, sebbene più accentuato per l’Italia, per una serie di varie cause. E’ pur vero che se si effettuasse (in maniera scorretta, dato il fattore cambio valutario) un raffronto con Paesi extra euro si noterebbero performance altrettanto negative.
In sintesi la bolla è scoppiata e trascina giù tutto il resto, proprio quando chi abbaiava tanto negli ultimi mesi si era rassegnato a tacere.
Il che fare trova una risposta articolata, che parte da una considerazione. I due veri fattori di rischio sono – cosa risaputa – l’esito delle scelte della Bce e il referendum italiano. Formuliamo allora un incrocio di ipotesi a seconda dello sbocco delle due variabili.
● Possibili nuovi scenari da parte della Bce nella riunione dell’8 dicembre, con conferma ed estensione del Q.E. e altri interventi: i Btp si rafforzano, anzi rimbalzano e non di poco.
● La Bce resta ferma e Draghi dimostra la sua debolezza: i Btp proseguono nel calo e il tasso del decennale si avvicina al 2,5%.
● Il sì vince al referendum italiano: i Btp rimbalzano, ma diventano ancor più strumento di trading, perché la volatilità la fa comunque da padrona. I problemi italiani vanno ben oltre le modifiche della Costituzione.
● Il no trionfa: i Btp proseguono nella loro caduta.
Un’analisi lucida porta a questi epiloghi. Ma a chi ci legge interessa capire quali sono i parametri da seguire per operare. Ne forniamo quattro, che aggiorneremo con il passare delle sedute e delle settimane.
1°) Rendimento del decennale italiano: nel week-end si è attestato al 2,03%. L’area di effettiva inversione del trend al rialzo si colloca però fra il 2,28% e il 2,5%. Se resta sotto il 2,28% ci sono possibilità di una discesa nelle prossime settimane e quindi di un rialzo dei prezzi. All’interno della fascia si assisterà a esasperata volatilità. Oltre il 2,5% addio sogni di gloria per i Btp. Mentre si registrerà finalmente un recupero di profittabilità per il piccolo e medio investitore, non più schiacciato da tassi reali vicini allo zero.
2°) “Future” del decennale: è evidente che c’è una sovrapposizione con il punto 1, ma gli operatori istituzionali guardano al derivato e non al rendimento. Quindi il suo trend grafico si rivela determinante nel capire cosa avviene. Sui 134,5, dato di chiusura di venerdì, si trova una corrispondenza con alcuni minimi del recente passato: 134,58 il 24 giugno scorso e 134 e dintorni nella crisi di febbraio. Cosa preoccupa? Non tanto il valore al ribasso ma il netto prevalere di candele rosse dall’8 settembre in poi. E’ questa davvero una debolezza strutturale? Per ora no, ma attenzione all’eventuale conferma di un canale ribassista avviatosi a luglio e poi rinnegato nel corso dell’estate. Se si rompesse quota 134 e poi anche quella 132, di nuovo addio sogni di gloria, con una possibile discesa verso i 120.
3°) Il trentennale: classico cavallo di battaglia di chi fa trading, il 3,25% settembre 2046 ha registrato una sterzata ribassista quasi impensabile e che non fa ben sperare. Da quotazione 128 di agosto lo si ritrova a 102. Gli indicatori sono tutti improntati al negativo, ma l’Rsi – che misura sostanzialmente gli eccessi del mercato – dice appunto che siamo in un ipervenduto oltre ogni limite. Su periodicità giornaliera è sceso a 20, cioè ben sotto il livello di guardia stimato su quota 30, e su base settimanale si è avvicinato a quest’ultimo valore. Troppo pessimismo da parte dei mercati? La risposta è chiara: sì. La tenuta di 102 risulta almeno nel breve termine decisiva per capire le evoluzioni.
4°) Il cinquantennale: certi osservatori molto italocentrici sostengono che è un paradosso analizzare il nuovo Btp 2,8% marzo 2067. Non ci allineiamo a questa linea di pensiero e lo consideriamo invece un indicatore preciso dei trend di mercato, sebbene la sua storia sia troppo breve. L’esordio non è stato fortunato: lo ritroviamo ora sugli 85,5, con le medie mobili (inevitabilmente) corte che dicono “sell” e l’indicatore di Supertrend pure in forte rosso. In questo caso l’Rsi non è ancora affidabile. Un punto di arrivo? Ipotizzabile sugli 80 e sarebbe una Caporetto. Ma il titolo si rivelerà leader di volatilità.
In conclusione: attendere dicembre e le decisioni di Bce ed elettorato italiano. Nel frattempo tutto quanto avverrà non sarà significativo, salvo si registrasse un tonfo sotto i valori indicati per i quattro parametri di analisi appena analizzati.