Salve a tutti,
dopo aver completato la descrizione della tecnica sulle trendline presentata da Thomas De Mark nel suo libro "La nuova scienza dell'analisi tecnica", passo ora a descrivere le caratteristiche della strategia che ho messo a punto in parte sugli insegnamenti dello stesso De Mark.
Presento la mia tecnica illustrando per punti le aree di intervento su cui mi sono mosso, e le relative motivazioni.
Premessa: all'illustrazione della tecnica di De Mark che vi ho fatto nei precedenti articoli manca ancora una parte. De Mark infatti nel suo libro parla anche di validazione dei breakout, nel senso che definisce anche un criterio per stabilire se un breakout di una delle sue trendline possa essere considerato valido in intraday o soltanto in chiusura. Questo ulteriore passaggio formale serve a prevenire entrate errate, spesso su trendline che risultano molto inclinate. Questo è stato il primo campo in cui ho deciso di trovare un criterio che meglio si adattasse al mio modo di operare e di approcciarmi ai mercati; trovate le mie considerazioni al primo punto del prossimo elenco.
1. Pendenza delle trendline
Io personalmente mi sono trovato in difficoltà in alcuni momenti di fronte a trendline che risultavano troppo inclinate. Capita di frequente, infatti che se il trend è molto ripido i breakout abbiano poco significato: o il prezzo rompe la trendline e poi si mette ad oscillare in laterale, o peggio rompe la trendline, si stabilizza due o tre giorni e poi riprende a scendere, semplicemente con un angolo meno marcato rispetto a quello originario. Ho quindi iniziato a pensare a come ovviare a questo problema e l'ho risolto imponendo una pendenza massima alle trendline: il MAX2 deve mettere a segno un rimbalzo di almeno una certa entità rispetto alla gamba di discesa che ha portato da MAX1 a MIN1. La regola precisa matematica la considero un mio piccolo segreto, spero mi perdonerete.
2. Significatività delle trendline
Per formare due massimi intervallati da un minimo idealmente sono sufficienti 5 giorni: i primi 3 servono a individuare MAX1 (il primo e il terzo giorno fanno massimo minore di quello del secondo), dal secondo al quarto (il secondo e il quarto giorno fanno minimo superiore al terzo) generano MIN1, dal terzo al quinto generano MAX2. Se osservate il grafico sottostante, riferito all'indice FTSE MIB (l'etichetta dice SPMIB40, ma è solo l'etichetta ad essere sbagliata), capirete di cosa sto parlando:
Le cinque barre comprese nel cerchio in figura sono sufficienti a individuare due massimi e un minimo. I due massimi così formerebbero una trendline di resistenza compatibile con la tecnica.
Personalmente sono incline a considerare significative le trendline che sono generate da due massimi (o due minimi) distanziati tra loro di almeno 5 barre; inoltre voglio che le 5 barre siano pulite, nel senso che non vi devono essere tra esse barre inside rispetto a quelle che stanno loro a monte. Nella figura soprastante, ad esempio, la quinta barra è inside della quarta.
3. Validità temporale della trendline
Qualunque trendline prima o poi viene violata. La domanda da porsi però è semplice: una trendline originata da due punti di massimo segnati molto tempo fa ha ancora significato per un trading di breve termine come quello che stiamo cercando di fare qui? La risposta è negativa ovviamente e io personalmente ho adottato un criterio ben più stringente: voglio che il breakout avvenga entro un numero di barre al massimo pari al numero delle barre che separano i due massimi. Se tra i due massimi ci sono 10 giorni e il breakout arriva dopo più di 10 giorni io non entro. E' arbitrario, intendiamoci, ma secondo me una trendline di breve che non porta a un breakout di breve è una contraddizione in termini.
4. Trendline modificate
Un'altra modifica che ho apportato, direi la più significativa, perchè stravolge largamente la tecnica illustrata da De Mark, riguarda il criterio di individuazione delle trendline: io non aspetto il formarsi del MAX2... Quando dopo il MIN1 il mercato rimbalza oltre una certa soglia io considero generato il segnale buy, e traccio la trendline anche se non ho ancora la conferma che il massimo odierno sia un massimo ai sensi dei TD Points di De Mark. Ho decretato di agire in questo modo dopo essermi accorto del fatto che molti trend rialzisti partono in maniera decisa senza fare due onde di base. In altri termini, ci sono molti trend rialzisti che partono senza generare i due massimi che servono a generare la trendline al cui breakout si interviene in buy. Capita quindi di rimanere alla finestra a guardare onde impulsive rialziste prima che si siano generate le condizioni per poter comprare.
5. stop loss e take profit
Ve ne ho già parlato in un precedente articolo e non vi tedierò ulteriormente.
6. Money management
Tema delicatissimo... Quando lo stop loss può trovarsi ogni volta a distanze molto diverse, come in un caso come questo, la logica imporrebbe di applicare un criterio di fixed risk: stabilisco quanto sono disposto a perdere se le cose vanno male e adatto la size della posizione in modo che se mi prendono lo stop perderò al massimo quanto avevo stabilito (a meno di gap down, ovviamente). Ho provato ad applicare questo criterio ai miei backtest e presenta un inconveniente non da poco: in alcune situazioni porta ad aprire posizioni di grande entità, mentre nella maggior parte delle situazioni porta ad aprire posizioni di entità modesta. Il problema in una situazione del genere è stabilire quale capitale allocare alla strategia, e la soluzione non è affatto immediata.
L'unico modo di procedere, per come la vedo io ora, è allocare sempre la stessa cifra ad ogni operazione, poniamo ad esempio 5mila euro, accettando il fatto che l'entità dello stop loss può essere molto variabile. Posso dirvi però una cosa: dai dati in mio possesso la quota di operazioni vincenti è alta e la quota degli stop loss pieni è molto ridotta: la maggior parte delle operazioni in perdita si chiude su stop dinamico, quindi non oneroso come quello inizialmente accettato.
Ultime considerazioni
Lavorando con una tecnica di questo tipo su un paniere di azioni generalmente correlate tra loro, non è infrequente che si generino segnali contemporanei su molti titoli, per poi rimanere totalmente fermi per lunghi periodi di tempo. A fine 2015, ad esempio, avrebbe generato acquisti su una decina di titoli, molti dei quali sarebbero andati in stop loss nei primi giorni del 2016 (anche se per ragioni esogene). Ciò rende questa tecnica non adatta a molti investitori.
In ogni caso vale quanto ho scritto nel primo articolo: non considerate questa rubrica come un servizio di segnali operativi. Io d'ora in poi posterò i segnali e le operazioni che si creeranno, ma ricordate che è un work in progress.
Buon lavoro a tutti
Domenico Dall'Olio
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)