(nota preliminare: ho leggermente modificato la frase subito sotto al primo grafico, perché mancava un pezzo e il discorso era poco chiaro; chiedo scusa a chi ha già letto l'articolo)
Buonasera a tutti,
oggi concludiamo il discorso sulla teoria di Thomas De Mark sulle trendline e il loro corretto utilizzo. Riprendiamo l'esempio di A2A visto nell'articolo precedente.
Come indicato in quell'articolo, se ci si fosse trovati a metà settembre di fronte alla trendline discendente formata dai due massimi MAX1 e MAX2 si sarebbe dovuta aprire una posizione long il giorno 2 ottobre a 1.165 euro.
Il money management per un sistema di questo genere è un tema delicato, lo rimando ad un prossimo articolo perché richiede una trattazione adeguata. Ignoriamo quindi per ora il discorso sulla size della posizione da aprire.
I due temi principali da affrontare ora sono risk management, o più banalmente dove piazzare lo stop loss, e il profit management, cioè dove uscire in profitto se le cose vanno bene.
In tema di stop loss De Mark è un po' vago, a dire il vero. Sembra che lui applichi sostanzialmente uno stop & reverse nel caso in cui durante l'andamento di un trade si manifesti un segnale conclamato in direzione opposta, e che altrimenti lui lasci andare la posizione finché non colpisce il target.
Io personalmente ritengo che se il prezzo scende sotto il MIN1 la trendline individuata non ha più alcun valore, ed è quindi lì che piazzo il mio stop loss. Si potrebbe obiettare che così lo stop loss può essere molto lontano dal punto di entrata. E' vero, e questo è il motivo per il quale il money management è assai importante qui. Per quanto mi riguarda ho risolto il problema in un altro modo, dal momento che il mio sistema di trading, di derivazione da quello di De Mark, entra in anticipo e su trendline modificate, e questo riduce in modo molto marcato la distanza media dello stop loss. Ne riparleremo prossimamente.
Qualcuno potebbe anche obiettare che se dopo un breakout il prezzo rientra al di sotto della trendline allora bisognerebbe stopparsi. Per mia esperienza è molto frequente che il prezzo faccia un breakout e poi rientri, per poi andare a target però. E' quindi altamente penalizzante stopparsi con questa politica, perchè è davvero raro che il prezzo parta al rialzo senza mai stornare almeno un po'.
Il discorso in materia di take profit è un po' complicato e richiede una certa attenzione. Andiamo per gradi. Innanzitutto De Mark afferma che una volta che si manifesta un breakout è possibile definire matematicamente 3 target, che generalmente sono diversi, ma in alcuni casi possono coincidere. Vediamo perché.
Riprendiamo il grafico dell'altra volta, perché altrimenti è difficile comprendere certi concetti:
Il primo target (De Mark li chiama proiettori) è la distanza tra il minimo dei minimi sotteso alla trendline (cioè il più basso minimo compreso tra i due massimi che formano la trendline), il punto MIN1 nel grafico di A2A, e la trendline stessa. Si prende la distanza verticale tra MIN1 e la trendline al giorno stesso del MIN1 e la si proietta al di sopra del punto di breakout. Vi siete persi? Vediamo i passaggi formali necessari per determinare questo target.
Per prima cosa ci serve la distanza verticale tra il MIN1 e la trendline alla stessa data del MIN1. Poiché il MIN1 si è verificato 5 giorni dopo il MAX1, allora in quei 5 giorni la trendline è scesa di 5*0.000765 euro dal MAX1, quindi il suo valore a quel giorno (il 24 agosto 2015) è pari a MAX1 - 5*0.000765 = 1.186175.
Sottraiamo da quel valore il prezzo MIN1 e otteniamo 1.186175 - 1.045 = 0.141175.
Questa è la distanza del MIN1 dalla trendline. Sommiamo questa quantità al punto di breakout, che avevamo identificato in 1.165 euro l'altra volta, e otteniamo 1.306175. Arrotondiamo al primo tick per difetto per precauzione e avremo il target a 1.306 euro.
Questo è il più aggressivo dei target di De Mark. Più difficile da raggiungere, ma più premiante se raggiunto.
Il secondo proiettore deriva dal prezzo di chiusura della barra del minimo dei minimi. Nel nostro caso il prezzo di chiusura della barra del MIN1: 1.072. Si prende la distanza verticale di quel punto rispetto alla trendline e si proietta quella distanza al di sopra del punto di breakout.
Sappiamo già quanto vale la trendline quel giorno: 1.186175. Sottraiamo da questo valore la chiusura di quel giorno, pari a 1.072, e avremo 0.114175, che sommato al punto di acquisto ci porta a 1.279175, cioè 1.279 arrotondando per difetto al tick più vicino. Un target meno ambizioso, dunque più facile da raggiungere.
Il terzo proiettore deriva dalla chiusura più bassa di tutte al di sotto della trendline (all'interno dei due massimi che generano la trendline stessa). In questo caso specifico la chiusura minore di tutte è coincidente con la chiusura del giorno del minimo dei minimi, quindi il terzo target coincide con il secondo. Se così non fosse stato, avremmo dovuto calcolare una nuova distanza: quella di quella chiusura rispetto alla trendline nel giorno di quella chiusura (quindi non più i 5 giorni di cui sopra, bensì un numero diverso di giorni).
Quale dei tre proiettori è il più affidabile? Questo è uno degli aspetti su cui sto ancora lavorando, nel senso che il mio studio è a tutti gli effetti un work in progress: tengo una contabilità dettagliata dell'applicazione della tecnica usando tutti e tre i target, e ogni nuova operazione aumenta la significatività statistica dei risultati. Per ora posso dirvi che sulla base dei dati a me disponibili finora il più performante sembra essere il primo, quello più aggressivo: si guadagna un numero minore di volte, ma l'average profit è comunque molto più alto che non applicando gli altri due metodi.
C'è ancora un aspetto da sviscerare: se dopo il breakout il prezzo sale ma non va a target che si fa? Io ho optato per l'applicazione di uno stop dinamico: ad ogni nuovo massimo relativo sposto lo stop verso l'alto applicando come criterio lo stesso che determina il target. In altre parole, la stessa proiezione che mi determina il target la uso (verso il basso) come caduta di prezzo sufficiente a far scattare lo stop dinamico.
Esempio pratico: la figura qui sotto mostra il grafico di A2A ampliato fino al raggiungimento del target, colpito il 19/11/2015, 34 giorni lavorativi dopo l'entrata, con indicazione degli spostamenti di stop dinamico nel frattempo.
In questo caso anche gli altri due target sarebbero comunque stati raggiunti lo stesso giorno, ma si tratta di un caso: solitamente target più conservativi vengono raggiunti più spesso e più in fretta; ma fanno guadagnare di meno.
Spero di essere stato chiaro in merito a tutti gli aspetti, ma in caso contrario attendo i vostri dubbi e le vostre domande. Ovviamente per fare tutti i calcoli di cui sopra io uso un foglio excel preparato allo scopo. Mi basta quindi inserire i valori dei punti chiave e le distanze temporali tra gli stessi e i massimi e il gioco è fatto.
Nel prossimo articolo vi spiegherò le modifiche da me apportate a questa tecnica, e perché ho scelto di apportarle.
Buon inizio di settimana a tutti.
Domenico Dall'Olio
(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)