Siamo ormai in dirittura d'arrivo per questo 2015 che, nonostante tutto, sul fronte del bond trading ha regalato qualche soddisfazione, tra le più recenti il collocamento IVS e il buy aggressivo sulle emissioni Volkswagen.
Tuttavia, non possiamo adagiarci sui risultati ottenuti, poiché il 2016 porterà con sé una novità dall'impatto potenzialmente devastante; novità della quale hanno già "beneficiato" con qualche settimana di anticipo i possessori di titoli di Banca Marche, Popolare Etruria, Carife e CariChieti.
Infatti con il recepimento della Direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) nel nostro ordinamento, un nutrito gruppo di obbligazionisti (circa 700) delle suddette banche, il 22 novembre scorso ha visto azzerarsi il valore dei titoli che avevano in portafoglio.
Ecco servito il Bail-In, che a tutti gli effetti soppianta il classico e canonico default, che da oggi vede coinvolti come soggetti passivi anche i risparmiatori che detengono attività sino a qualche anno fa considerate "sicure".
Pertanto, dal 2016 lavorare con i bond sarà ancora più difficile e potenzialmente pericoloso, alla faccia del c.d. reddito fisso e delle attività "free risk" che stanno bene solo nei manuali di finanza
Occorre quindi conoscere bene i contorni di questa norma, e attrezzarsi per minimizzarne gli impatti funesti sui portafogli. Per carità, la ricetta è sempre la stessa, cioè la massima diversificazione possibile, ma da oggi in poi tale ricetta deve essere cucinata con maggior attenzione e soprattutto con un'attenta analisi del rischio globale del proprio asset patrimoniale; ciò significa che da qui a poche settimane dovremmo essere in grado non solo di amministrare al meglio i capitali, ma anche di amministrare attivamente il rischio cui è esposto il capitale di lavoro.
Vediamo quindi i punti salienti ed essenziali di questa nuova norma, al fine da comprendere bene cosa vorrà dire, d'ora in avanti, possedere obbligazioni in portafoglio.
In estrema sintesi, la BRRD dà alle autorità di risoluzione poteri e strumenti per:
I. pianificare la gestione delle crisi;
II. intervenire per tempo, prima della completa manifestazione della crisi;
III. gestire al meglio la fase di "risoluzione".
Per il finanziamento delle misure di risoluzione è prevista la creazione di fondi alimentati da contributi versati dagli intermediari.
Sottoporre una banca a risoluzione significa avviare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti ora dalla BRRD, mira ad evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. L'alternativa alla risoluzione è la liquidazione. In particolare, in Italia, continuerà a poter essere applicata la liquidazione coatta amministrativa disciplinata dal Testo Unico Bancario, quale procedura speciale per le banche e gli altri intermediari finanziari, sostitutiva del fallimento applicabile alle imprese di diritto comune.
Le autorità di risoluzione possono sottoporre una banca a risoluzione se ritengono soddisfatte tutte le seguenti
condizioni:
a) la banca è in dissesto o a rischi o di dissesto (ad esempio, quando, a causa di perdite, l'intermediario abbia azzerato o ridotto in modo significativo il proprio capitale);
b) non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell'intermediario;
c) sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell'interesse pubblico.
Tra i vari strumenti, le autorità di risoluzione potranno, nel nostro caso specifico, applicare il c.d. Bail-In, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
Alcuni asset sono esclusi dall'eventuale procedura di Bail-In e non possono quindi essere né svalutati né convertiti in capitale:
i) i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, cioè quelli di importo fino a 100.000 euro;
ii) le passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti;
iii) le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria, come ad esempio il contenuto delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito;
iv) le passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
v) le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
vi) i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.
Il Bail-In si applica seguendo una gerarchia la cui logica prevede che chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostenga prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.
In primo luogo, si sacrificano gli interessi dei "proprietari" della banca, ossia degli azionisti esistenti, riducendo o azzerando il valore delle loro azioni. In secondo luogo, si interviene su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni – al fine di ricapitalizzare la banca – e/o ridotte nel valore, nel caso in cui l'azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite.
Ad esempio, in caso di Bail-In, chi possiede un'obbligazione bancaria senior potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto (in tutto o in parte) il proprio credito, ma solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (cioè più rischiosi) si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca, e sempre che l'autorità non decida di escludere tali crediti in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria.
L'ordine di priorità per il Bail-In è quindi il seguente:
i) gli azionisti;
ii) i detentori di altri titoli di capitale,
iii) gli altri creditori subordinati;
iv) i creditori chirografari;
v) le persone fisiche e le piccole e medie imprese titolari di depositi per l'importo eccedente i 100.000 euro;
vi) il fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al Bail-In al posto dei depositanti protetti.
Inutile dire che queste misure si applicano anche agli strumenti già emessi, e quindi non solo a quelli di nuova emissione; ne deriva che anche i titoli che abbiamo ora in portafoglio, se di emittenti traballanti, potrebbero subire la sorte riservata ai 700 obbligazionisti delle banche citate in apertura dell'articolo.
Infine, per quanto concerne i depositi fino a 100.000 euro, cioè quelli protetti dal Fondo di Garanzia dei depositi, la norma ne prevede espressamente l'esclusione dal Bail-In. Tale protezione riguarda, ad esempio le somme detenute sul conto corrente o in un libretto di deposito, nonché i certificati di deposito coperti dal Fondo di Garanzia. Anche per la parte eccedente i 100.000 euro, i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale. In particolare, essi sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il Bail-In di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale. I depositi al dettaglio eccedenti i 100.000 euro possono inoltre essere esclusi dal Bail-In in via discrezionale, al fine di evitare il rischio di contagio e preservare la stabilità finanziaria a condizione che il Bail-In sia stato applicato ad almeno l'8% del totale delle passività.
Rebus sic stantibus, i modi per difendere il proprio patrimonio in misura accettabile sono:
1. mantenere una giacenza in conto inferiore ai 100.000 Euro per intestatario;
2. non sottoscrivere obbligazioni della banca che non saranno quotate sul secondario;
3. in base alla capitalizzazione, lavorare con due o più banche evitando la concentrazione su un solo istituto;
4. non sottoscrivere pronti/termine che abbiano come sottostante un bond emesso dalla stessa banca;
5. selezionare e diversificare con grande attenzione gli emittenti che entrano in portafoglio, e se è il caso acquistare titoli anche con rendimento omeopatico (per le eventuali eccedenze i 100.000 euro), posto che i titoli depositati su conto titoli – se ovviamente non emessi dalla banca soggetta al Bail-In – in base al punto iii) relativo alle esclusioni dalla procedura, non sono aggredibili.
Tutto questo fermo restando quanto ad oggi noto: poiché nel corso degli anni abbiamo imparato che non c'è limite al peggio, non stupiamoci se dovessero intervenire "integrazioni" alla norma nel corso del tempo