Voglio raccontare una cosa che ultimamente mi salta continuamente alla memoria. E' un po' che la voglio scrivere, ma fino ad oggi avevo paura a metterla per iscritto. Pensavo che poteva passare per una gradassata e potesse risultare invisa ai lettori. Questa sera, seguendo il fiuto dello spirito poetico che alberga in ciascuno di noi, invece mi sembra che si possa scrivere. Giudicate voi.
Mio padre era un industriale, o imprenditore, come meno pomposamente si definiva lui (quando voleva prendere per il naso qualcuno lo chiamava "un noto industriale di Sassuolo" … come dire un coglione qualsiasi). Ma penso che l'industriale o l'imprenditore non lo sapesse fare. Il suo vero mestiere era fare l'artigiano. Dell'artigiano aveva il naso fino, la passione per la tecnica, e soprattutto la grande ammirazione per l'ingegno umano. Quando ero bambino lui non parlava mai di denaro. In casa mia era un argomento tabù. Lui però parlava sempre con ammirazione dell'ingegno, dell'intelligenza applicata al lavoro, della profondità del pensiero che sa analizzare ed agisce con mano ferma in base alla idea. Per lui il denaro era un dettaglio. La realtà era la sfida contro la realtà e il duello tra la mano, alleata della mente, contro la materia. Il suo mito era il tornitore, che è quasi un artista se non fosse che deve essere attento alle misure e veloce nel calcolo. Raccontava con enfasi delle sue "scoperte", ovvero degli accorgimenti rispetto ad una tecnica produttiva o ad un materiale, ad un nuovo processo di trasformazione. Mai di profitti o di perdite. Erano ammennicoli. L'intendence suivra.
Frequento da alcuni anni invece una persona, per quanto adorabile, i cui familiari non fanno altro che parlare di denaro. La prima classificazione di una persona è se sia ricca o povera. Altrimenti si può parlare di raccomandazioni, di eredità cospicue, di fondi e di palazzi. Tutta roba che piove dal cielo, il merito non esiste, e non parliamo poi del lampo dell'ingegno.
Ma che cosa è il lampo dell'ingegno ? Mio padre raccontava la storia di Panini, quello delle figurine, che di fronte al successo della sua azienda trovava un ostacolo insormontabile. Le figurine le vendevano sfuse nelle edicole ma lui non sapeva come confezionarle. Allora venne a colloquio con un tale di Spilamberto, che passava per un pundit della tecnica. Questi lo accolse freddamente, chiamandolo con distacco "Panenin". Ebbene "Panein" gli espose il problema: doveva commercializzare in grande stile le figurine, ma non sapeva come fare ad incartarle. Allora questo magnifico artigiano gli disse: "Non so, provo a pensarci, nel mentre andiamo a mangiare un gelato". Panini continuava a parlare, raccontava di questo e di quello, e nel mentre aspettava il responso. L'omino comprò due mottarelli, e ne porse uno a Panini. Panini sempre continuando a parlare del più e del meno scartò il mottarello e si mise in bocca il gelato. Una volta che ebbero mangiato il mottarello Panini si spazientì e disse che era il momento di tornare. Aggiunse che quando quell'omino avesse avuto una idea poteva scrivergli un biglietto. E l'omino "Panein, sveglia, va mo a tirare su' il sacco del mottarello guarda come l'anno fatto e mettici dentro le figurine". Da allora le figurine sono incartate dentro degli involucri di carta che, se ci fate caso, sono simili a quelli del Mottarello.
Non so se la storia è vera. Ma in ogni caso è verosimile. E ci racconta come spesso, anche in Borsa, ci fermiamo alla superficie, non sappiamo andare a fondo, "sviscerare il problema" come diceva mio padre. Leggiamo quello che fa comodo a noi, pensiamo quello che fa comodo a noi o che comporta meno sacrifici. Ci adeguiamo, ci rilassiamo, ci facciamo prendere dallo sconforto o dalla euforia. E non cerchiamo il lampo dell'ingengo. Il lampo dell'ingegno non viene a comando: non è come la cacca che basta che vi sediate sul vasino, spingete e prima o poi arriva. Il lampo può arrivare mentre siete a passeggio, mentre correte in palestra, mentre fate l'amore, mangiate, leggete un libro sulla Shoà, parlate con un vecchio partigiano, leggete una sentenza penale ingiallita dal tempo. In "Funky business" i due professori della Stocklom School of Economics Nordstrom e Ridderstrale dicono che per averlo "occorre frequentare tossici, alcolizzati, leggere libri di cose che non vi interessano e frequentare gente assurda". Beh, non dico di fare questo, ma comunque ci siamo vicini. E' lì che vi arriva il lampo dell'ingegno. E' una luce, uno sfavillare, un contatto che c'è dentro di voi. Non so se sia una dote, un fattore ereditario, un processo di autoapprendimento. Arriva. Non a tutti, ma arriva, a chi più e a chi meno. Arriva a Mariani mentre scruta le barre come un aruspice le interiora di un uccello, a Capecce mentre naviga tra le quotazioni dei CW, a Borsi, a Del Corona, a Barillaro. E' il sale nel pane, il succo del mestiere. Riuscire a dominare le barre, a sconfiggere l'incertezza, ad imbrigliare il mercato. Come dice Sosan, non importa che sia un milione o 10 al giorno, importa di avere vinto la partita con il mercato. E' questo che penso spinga avanti tutti noi, i lettori del Lombard ed i collaboratori, il povero Tomasini, i programmatori, tutti quelli che vivono di mercati. Il lampo dell'ingegno. e' evidente che senza risultati non si va avanti, ma non penso che questi abbiano una importanza assoluta preponderante. E' chiaro che bisogna gudagnare, ma la sfida, il gusto di vincere contro un nemico oscuro, tentacolare, e più potente è quello che ci spinge ogni giorno ad aprire il computer e guardare i grafici. Non so se la nostra vita senza la Borsa sarebbe uguale: forse ci troveremmo una altra sfida. Ma non sarebbe mai una sfida così coinvolgente come questa, così completa, così aggressiva. Così totalizzante. In certa tutti dei soldi sì ma, soprattutto, del lampo del genio nell'interpretare i mercati. E' lì che si svolge la sfida, è lì che si gioca la partita. Tutti cercando il lampo del genio.