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Era peggio quando ero un finanziere


Era peggio quand’ero un finanziere   di Alessandro Gatti (gatti_alessandro@hotmail.com)

Solo due anni fa come era diversa la borsa, per me.  Quasi ogni giorno a pranzo con un gestore, telefonino che trillava ogni 20 secondi perché qualche sim mi segnalava nuovi report, o informazioni riservate da sfruttare senza diffonderle, cellulare pieno di numeri di pezzi grossi e tanto altro contorno che, dicevo tra me e me, mi piaceva proprio.   Sul mercato solo operazioni grosse, erano lontani i tempi delle 1000 Telecom:  gli stop si mettono ma non si rispettano, tanto potevo aspettare, i titoli illiquidi che mi davano soddisfazioni all’inizio chi li maneggiava più: entrando così decisi si rischiava di muovere il mercato;  che senso ha utilizzare solo i propri soldi, quando puoi avere anche quelli delle banche?  Paghi il 5% all’anno e in un pomeriggio il cinque si fa senza problemi, quando il toro ruggisce.   E se poi non ruggisce più, pazienza:  ho gli hedge che lavorano per me, decorrelati dal mercato, e se in qualche fondo non si può più entrare perché è chiuso basta il giro giusto di telefonate, e ti richiamano loro per invitarti a sottoscrivere. Ti accorgi che sei arrivato quando la sim ti chiama e ti dice che, come da accordi, ti hanno comprato un fib a 700 e venduto a 800 e invece tu sai di non avere chiamato, e che forse sei entrato nella lista di quelli “che non devono perdere mai”.  Insomma bella la vita: non sarò Capecce ma che mi importa, sono felice, stimato, e nel telefonino ci sono sempre i numeri giusti, se serve.  In ogni caso non sono un pollo di risparmiatore, visto che mi occupo di prodotti e strumenti nuovi e non ho più molto tempo ho diviso in capitale guadagnato negli anni “dei regali” tra i migliori gestori e le migliori banche, che ci pensino loro che hanno il track-record!   Non compro mica i fondi comuni, io!   Poi qualcosa è cambiato di colpo:  più uscivo a pranzo con chi di mercati ci capiva e meno ci capivo io: il mercato non era più lo stesso di prima, e i breack li faceva solo al ribasso.   Ma che importa, io i veri quattrini guadagnati quando ci capivo qualcosa li ho dati ai gestori, quindi sono al sicuro.  E poi se io ai miei clienti faccio guadagnare comunque con gli hedge, chi gestisce  i miei di soldi troverà il modo, come sempre, di avvantaggiarmi nelle Ipo, di scovare le perle nelle pieghe del Nasdaq, e comunque di non farmi perdere molto, se gira male, visto che ho detto a tutti:  “…ragazzi, mi raccomando….”.    Il tempo è passato, e chi doveva guadagnare ha perso, e perso tanto.  I migliori gestori peggio del risparmiatore della strada.  Fortuna che una parte considerevole era ancora sotto le mie grinfie, con gli hedge, e si è salvata.  Ritiro i mandati a tutti, e apro come pacchi di Natale conti con titoli mostruosamente in perdita:  ma certo che sono stati proprio incapaci, questi gestori, e il più stupido sono io:  ho il fluido azionario nelle vene e ho delegato ad una mandria di esseri capaci solo di parlare ma non di tradare.  Si ricomincia a fare in proprio:  pensavi di occuparti solo degli hedge e di lasciare la tua pensione agli altri, ma se continua così dovrai chiedere il sussidio di disoccupazione .    E’ qui che ho scoperto di non essere più capace:  come prima cosa, alle azioni ereditate, ho messo uno stoploss.  Saggia decisione, ma poi è mancato il coraggio di applicarlo in troppo occasioni.  Risultato:  mi sono scoperto incapace di guadagnare soldi in maniera costante con il mercato perché  non ero più attrezzato mentalmente e non “leggevo” più i grafici, ero troppo poco tirchio ( “…ma si, domani risale, e se no perdo solo un altro milione..”), e, soprattutto, avevo paura.  La paura di chi ha perso molto di quanto aveva guadagnato, mista a rabbia per non aver neanche perso in prima persona, ma per causa d’altri.  Per questa paura ho pareggiato il conto con le banche, perdendo quanto avevano perso loro.  Mi sono riscoperto non più in grado di guadagnare tradando, la peggior cosa per un trader.   Momenti neri, ma l’aver conosciuto nel frattempo tanti trader abili (uno su tutti è stato illuminante, ma non so dire come mai, visto che quando ci si vede non si parla di mercati) mi ha fatto capire quello che avevo scordato:  di mercati ci capisce chi opera e guadagna, non chi ne parla.  Chiusi tutti i vecchi conti, solo banche online. Testa bassa e impegno, innovazioni tecnologiche (Realtick, la possibilità di andare short), tanti errori e nervosismo, ma alla fine è tornata quella sensazione:  “..tra due minuti scende…. Questo sta per esplodere…..”:  insomma, sono tornato a “prenderci”.  Ero un finanziere d’assalto e ora faccio lo scalper sul Fib:  solo tre grafici aperti, dei futures principali (Nasdaq, Dax, Fib), e la ricerca delle aree dove gli altri hanno messo i buy/sell stop per anticipare e chiudere con profitto quando la massa inizia le operazioni;  è un metodo così particolare, mutevole da giorno a giorno, da orario ad orario, secondo il tipo di mercato.   Però funziona, anche se non saprei dire perché, o paragonarlo ad altre operatività.   Alle fondamenta le solite regole:  taglia le perdite, lascia correre i profitti, arrabbiati per ogni 100 euro persi.  E funziona per ogni tipo di mercato:  se non voglio fare Fib mi sposto sull’azionario, Italiano o Usa, allo stesso modo.    Il telefono non trilla quasi più, ma sono felice, liquido alla sera, e guadagno quasi costantemente (faccio ancora errori, ogni tanto mi rimangio l’utile di un mese in due giorni, ma dipende solo da me).    Insomma, non conto più niente ma sono felice. E quando il toro tornerà vedremo.   E a chi mi chiama per propormi qualche affare, rispondo: “Non mi occupo più di cose grosse”.  E sorrido.

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