Ci sono squadre che hanno qualcosa in più delle altre. Ce l'hanno proprioscritto nel Dna. Parliamo di calcio, ma il discorso può essere allargatotramite facile metafora a tutto il resto del mondo più o meno civile. IlToro è una di quelle, una maglia con cui ci si identifica per sempre: chipassa di lì, resta cuore granata. E' un marchio che entra nelle vene e tiaccompagna per tutto il resto della vita. Proprio in vista del derby didomenica sera – che la banda di Camolese ha quasi centrato, ancora una voltain rimonta – ho letto d'un fiato una biografia eccezionale, 'La farfallagranata' di Nando Dalla Chiesa, Limina editore, nemmeno 13 euro spesibenissimo. Si tratta della storia dell'uomo che più di ogni altro haincarnato lo spirito speciale del Toro. Chi ne sa di sport lo ricorda o neha sentito parlare: Gigi Meroni, un anarchico prestato al pallone, unirregolare, protagonista non solo in campo degli anni Sessanta. Il traderper sua natura è un solitario, un San Giorgio che combatte contro il dragodel mercato. Qualcuno capace di uscire dalla normalità per coltivare unsogno, quello di battere costantemente l'universo, scegliere bid e ask dalverso giusto.Meroni sarebbe stato un trader eccezionale, perchè aveva quel genio abbinatoalla tecnica sopraffina che ne faceva un giocatore fuori dall'ordinario. Masoprattutto aveva quello spirito di libertà in un mondo incatenato dalconformismo come quello del calcio, che ne ha fatto una figura entratadirettamente nel mito. Come tutti gli eroi puri, è morto giovane, a soli 24anni, nel pieno della sua esplosiva carriera. A differenza degli altri genidel pallone non era nato in una 'bidonville', ma anzi si era formatoall'oratorio. Non era un guascone, bensì un ragazzo mite, perfino timorosoal primo approccio con il professionismo a Genova, prima di passare alTorino. Si innamorò di una giostraia (razza dannata per i benpensanti), dinome Cristiana, la quale si sposò nell'ambito del suo mondo, primadell'esplosione dell'amore per Gigi. Questi peraltro si presentò almatrimonio di lei come nel film 'Il laureato', pensando che la sua solapresenza la facesse recedere dalla decisione. Non fu così, ma alla finel'amore trionfò. Ed è proprio la descrizione dello strazio della ragazza difronte al corpo esanime di Meroni una delle pagine più belle del libro, undolore assoluto e infinito, che fu quello di tutti coloro che lo conobbero elo amarono anche soltanto di riflesso. La famiglia Agnelli, il Dottore inparticolare, fece di tutto per acquistarlo per la Juve, ma non vi riuscì. Cisono mille aneddoti tra le pagine di Dalla Chiesa, tutti sul filo dellagenialità e dell'indipendenza somma di Meroni dal pensare comune. Ma ci sonodue momenti che rimangono. Il primo è legato alla disgrazia: Meroni vennetravolto da un auto il 15 ottobre 1967, pochi giorni prima di un derby. Isuoi compagni di squadra del Toro sfilarono in silenzio davanti al corporicomposto nella sede della società, senza parole. Uno di loro, l'indioNestor Combin, un tipo chiuso e scontroso, si chinò, unico a baciarlo infronte. La domenica contro la Juve successe qualcosa di innaturale: igranata sembravano sorretti da una forza misteriosa, Combin segnò tre reti,come mai aveva fatto prima, e quella del 4-0 fu siglata da un giovane,Carelli, che vestiva la maglia numero 7, quella di Meroni. Tutti dissero cheil gol non lo aveva fatto lui, ma la sua maglia. Il Toro battè così la Juvecon un risultato mai così largo, e fu come un risarcimento del destino a unsuo fatale errore. Come un riconoscimento del fato. Ma la storia piùincredibile in assoluto nel libro non c'è: si dice soltanto che a investireMeroni fu un ragazzo neo-patentato, granata fino al midollo, che teneva lafoto di Gigi sul comodino e aveva i capelli lunghi come il grande ribelle.Nel 1995, anno della prima edizione della biografia, era soltanto un nomesenza significato. Ebbene, più di 30 anni dopo quel ragazzo divenuto uomo haassunto un ruolo pubblico: oggi è Attilio Romero, presidente del Torino.Anche chi non ama il calcio, troverà nella storia di Meroni leggerezza epoesia. Basta questo per leggere di un campione incompiuto, spezzato ma maivinto.Stefano Budriesi