700.000 investitori a secco


Oltre settecentomila risparmiatori coinvolti. Quasi 22 miliardi di euro – non attualizzati – bruciati dall'84 ad oggi. Cirio e Argentina sono solo l'ultimo (corposo) capitolo della lista nera dei crac finanziari in Italia. Una storia lunga almeno vent'anni, tra finanzieri d'assalto e fallimenti in Borsa, ricca di aneddotica e folclore ma quasi sempre priva di lieto fine. Con migliaia di persone che hanno visto andare in fumo in pochi giorni gli investimenti di una vita. Cinquemila miliardi di lire (di allora) si sono volatilizzati nel nulla negli anni '80 con lo scoppio della bolla dei titoli atipici, travolgendo le decine di migliaia di italiani che avevano affidato i loro sogni di ricchezza ai vari Sgarlata altro – visto che i guai non vengono mai da soli – sono per legge gli ultimi creditori ad aver diritto a eventuali rimborsi dalle liquidazioni. Ai casi hanno lavorato avvocati di grido e associazioni più o meno credibili di consumatori. Ma il risultato è stato quasi sempre lo stesso: di soldi, dopo questi crac, se ne sono recuperati molto pochi. In diversi casi – soprattutto per i fallimenti in Borsa – i risparmiatori non hanno rivisto una lira dei loro investimenti mentre la gran parte delle procedure è stata archiviata restituendo tra il 10 e il 40% dei capitali iniziali. Queste drammatiche Odissee non sono un buon viatico per chi oggi trema per aver inseguito gli alti rendimenti di Cirio e Argentina. E anche per questo la Giornata del Risparmio di domani, tradizionale appuntamento dell'autunno finanziario italiano, non poteva capitare in un periodo più infausto per il settore. Certo i dissesti degli anni '80, soprattutto se tradotti in valori attuali, hanno avuto a volte dimensioni colossali. Ma il 2003 su questo fronte rischia di passare alla storia come l'anno più nero. Non solo per le cifre in ballo (12 miliardi di euro e 450mila persone coinvolte per l'Argentina, 1,12 miliardi e 40mila italiani per Cirio) ma anche per le polemiche innescate. Su tutte lo scontro tra il Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che accusa la banca centrale di mancata vigilanza sugli istituti che hanno venduto i bond del gruppo alimentare ai loro clienti. Come finiranno i casi di Cirio e Argentina? Sul fronte Cragnotti la palla è in mano a Commissari e giudici. I primi impegnati a cercar di vendere le spoglie dell'ex-impero, i secondi ad accertare le responsabilità del crack, con un faro acceso sui manager e sul mondo bancario. Al lavoro ci sono ben nove Procure, che saranno protagoniste oggi di un vertice per il coordinamento delle indagini. Agli obbligazionisti, nell'ambito del primo piano di riassetto (fallito) era stato offerto un rimborso del 20% dei loro investimenti. Ma da allora la loro posizione è un po' peggiorata. Ancora più complesso il caso Argentina. Per tutelare gli interessi italiani, le banche hanno unito le forze di tutti i risparmiatori nella Task force argentina, guidata da Nicola Stock e incaricata di trattare con Buenos Aires facendo squadra con gli altri creditori esteri. Il nome è bellicoso, i proponimenti ambiziosi ("puntiamo a salvaguardare l'intero capitale", ha promesso Stock) ma i risultati per ora non sono altrettanto convincenti. L'Argentina ha offerto di rimborsare solo il 25% del capitale, proposta poi rivista addirittura al ribasso. La partita è ancora lunga. Ma la strada per le ultime vittime del "risparmio tradito" è ancora in salita.

(articolo di Ettore Livini, Repubblica , disponibile sul sito www.repubblica.it)

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