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QUALE EUROPA ? IL NODO CENTRALE DI UNA INTEGRAZIONE MONETARIA CHE STA VACILLANDO


Quale Europa ? Quando si parla dell'Europa regolarmente si cade nella retorica. Chi non è europeista alzi la mano. Siamo tutti, chi più chi meno, europeisti. Ma in questa maniera si rischia di cadere nella trappola di un tipo di Europa tolemaica in cui ogni dibattito è escluso in partenza. E quando il dibattito è escluso in partenza significa che i valori su cui si fonda l'Europa sono valori da operetta.

L'Europa non è l'inno alla Gioia, i soldi dati a pioggia con la politica strutturale, le frontiere senza passaporto, Erasmus, le studentesse svedesi a passeggio nelle nostre città. L'Europa significa concorrenza accresciuta, competizione, concentrazione dei settori, caduta dei privilegi, mercato forte e dotato di regole, controllori non più italiani ma olandesi e tedeschi. Europa significa che non conviene produrre grano in Sicilia, pomodori in Puglia, olio in Toscana. Tutti a casa, ci penseranno altri paesi più competitivi. E che faranno in Sicilia, Puglia e Toscana ? Affari loro, si potranno accontentare di qualche corso di inglese e di un seminario di formazione sull'utilizzo di internet. Significa le spiagge toscane vuote e quelle bulgare imballate di turisti, le piastrelle turche invece che quelle di Sassuolo, le scarpe rumene invece che quelle di Civitanova Marche.

E in questa polemica spicciola si inserisce invece un dubbio angoscioso che coinvolge la politica economica dei singoli stati nazionali e che pone spesso problemi irrisolvibili. Analizziamo senza la pretesa della completezza quelli che sono i veri problemi alla base dell'integrazione europea, i problemi che vengono prima dei prezzi che sono rialzati a causa dell'Euro.

Una politica monetaria centralizzata con politiche fiscali decentralizzate crea una forte tendenza verso cronicamente larghi deficit fiscali e ratio deficit / PIL crescenti. La ragione alla base di questa tendenza è che non esistono i correttivi tipici di un paese che ha una sua singola valuta e i suoi tassi di interesse: un deficit pubblico in ascesa significherebbe tassi in aumento e svalutazione della valuta. Il valore dell'euro ed i tassi di interesse reali a lungo termine della Euro zona non dipendono dalla situazione di questo e quel paese ma dalla situazione complessiva di tutti i paesi. E spingono le autorità monetarie verso una inflazione crescente che permetta di monetizzare tutti i deficit. In più gli effetti del comportamento ?free rider? possono essere assolutamente pesanti in una unione moentaria: un paese che non persegue una virtuosa politica di bilancio sa che non ne patirà singolarmente effetti devastanti perché le conseguenze saranno pagate anche da tutti gli altri paesi. Si faccia un esempio: la Spagna non ha ricevuto nessun premio dal mercato per il suo basso deficit dell1.1% e per il suo basso ratio debito / PIL che è circa del 60%. I suoi tassi di interesse a 10 anni sono esattamente quelli dell'Italia, che allegramente veleggia verso il 4.5% del deficit / PIL e del 106% del debito / PIL. Il mercato per il momento non scommette sul fallimento della Repubblica Italiana perché fa parte di una integrazione monetaria per il momento creduta forte. Domanda: ma conviene alla Spagna giocare alla parte della virtuosa che controlla le spese in una situazione di difficile congiuntura europea mentre invece l'Italia può permettersi di fare le nozze con i fichi secchi ? Di solito in economia chi è indebitato marcio paga un premio sugli interessi rispetto a chi invece è sano e virtuoso. Che cosa stia per succedere è esemplificato dal fatto che le famose sanzioni per chi superava i limiti di Maastrich, perché questi siano stati sfondati da Francia e Germania già dal 2002, nessuno le vuole imporre tanto che il Consiglio dei Ministri ha votato di sospenderle, cosa che l'Alta Corte di Giustizia Europa ha assolutamente respinto. E questo la dice lunga sulla volontà di rispettare il Patto di Stabilità e Crescita.

L'allentamento della politica fiscale avviene tipicamente durante periodi di congiuntura debole, lo Stato inizia a spendere di più e non ha la forza di cessare di spendere quando il ciclo positivo riprende. A causa della unione monetaria le singole autorità monetarie nazionali hanno le mani legate e non possono utilizzare la leva della svalutazione o del ribasso dei tassi di interesse per contrastare il rallentamento della economica. La politica fiscale diventa quindi centrale per correggere l'impasse economica e soprattutto i suoi effetti sono più importanti in una situazione dove non esiste liberà di politica monetaria e valutaria. Un altro modo per risolvere shock esogeni della domanda possono essere la mobilità del lavoro e i trasferimenti fiscali da uno stato all'altro. Negli Usa, dove vige un sistema federale, nel caso uno stato dell'unione sia colpito da uno shock della domanda, i trasferimenti dal governo centrale in termini di sussidi alla disoccupazione e incentivi alla produzione possono raggiungere anche una somma che è pari a 0.40 centesimi per dollaro di produzione persa. Inoltre negli Stati Uniti la mobilità della forza lavoro è enorme, un lavoratore nella sua vita professionale è abituato a cambiare numerosi posti di lavoro e numerosi stati, vi è facilità di trovare alloggi da affittare e i trasporti sono relativamente poco costosi ed efficienti. In Europa invece non c'è questa disponibilità, sono rari i casi di lavoratori disponibili a muoversi da un paese all'altro e soprattutto in Italia trovare un affitto a prezzi accettabili diventa pressoché impossibile. Quindi non esistono altri metodi per contrastare uno shock da domanda. E sembra che nel caso dell'Italia il problema sia diventato veramente insostenibile. Non è tanto infatti il caso di concentrare la polemica sui commercianti o sul ruolo della politica economica nello stimolare una industria come quella italiana assolutamente decotta. Il problema basilare è come riuscire a governare l'economia quando si è nella situazione di un pugile che sale sul ring con le mani legate dietro la schiena.

La logica di procedere per piccoli passi, anteponendo le ragioni della economia a quelle della politica, è tipica del funzionalismo, che mira a creare una ?solidarietà di fatto? sotto il profilo economico prima di passare alla integrazione politica. Per 60 anni ha funzionato e con altri e bassi ha portato il più lungo periodo di stabilità economica e politica dal 1600 ad oggi con un dividendo di 60 anni ininterrotti di pace.

Siamo sicuramente ora in una situazione difficile, con l'economia italiana che sta battendo in testa per via della rivalutazione effettiva dell'euro ?italiano? e per la concorrenza spietata della Cina. Il problema rimane comunque sempre interno alla Unione Europea e soprattutto interno alla nostra economia, dove liberalizzazione del mercato rimane ancora una parola grossa. Tanto per dire il 12 maggio entra in vigore la Market Abuse, su cui torneremo nelle prossime giornate, che invece di liberalizzare il mercato della consulenza e della informazione economia pianta inutili paletti e soprattutto istituisce l'Albo degli Analisti Finanziari, un albo che nasce quando l'Europa ci chiede da anni di liberalizzare il mondo delle professioni e la direttiva Bolkenstain sui servizi langue ancora negli armadi di Bruxelles.

 

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