PIANO BAR: ULTIMA PUNTANTA SU COME STIAMO A PETROLIO


Piano Bar di Virginio Frigieri

Come stiamo a Petrolio?… quarto round

 

Se ci voltiamo indietro, non è la prima volta che l'umanità è costretta ad affrontare delle crisi energetiche.

L'Europa medioevale ad esempio aveva basato tutto il suo fabbisogno energetico sul legname. Il fitto manto forestale che copriva l'Europa occidentale e settentrionale forniva quella che all'epoca poteva sembrare una fonte di energia inesauribile. Tuttavia già verso il 1300 il legname cominciava a scarseggiare. I progressi messi a segno dall'agricoltura, con l'introduzione dell'aratro a croce ed il tiro a cavalli, l'introduzione della rotazione a tre campi contribuirono ad aumentare in poco tempo la quantità di terra coltivata e la produzione alimentare. Ma il surplus alimentare portò ad un aumento della popolazione umana, che a sua volta esercitò una maggior pressione sugli agricoltori, che furono indotti a sfruttare più intensamente i terreni arabili e ad aumentare i medesimi deforestando. Nel trecento si ripresentò dunque un problema analogo a quello con cui si dovette misurare la Roma Imperiale attorno dal terzo secolo d.C. Una popolazione in continua crescita stava sfruttando le risorse disponibili, molto più rapidamente di quanto la natura riusciva a ricostituire.

Per la società medioevale, la scarsità di legname era un problema analogo alla carenza di petrolio nella società contemporanea. Il disboscamento proseguì per tutto il ?400 per la necessità di mettere a cultura nuove terre. Poi nel ?500 e nel ?600  si aggiunse la domanda crescente di carbone di legna impiegato in piccole attività produttive come il vetro ed i saponi.

In Inghilterra invece, la pressione maggiore per la deforestazione, veniva dal fabbisogno sempre più ingente della flotta. La produzione di ferro e le costruzioni navali, richiedevano quantità di legname enormi. Verso il 1630 il legno era diventato due volte e mezzo più caro rispetto al secolo precedente.

A poco a poco il carbone si sostituì alla legna, prima in Inghilterra,  poi nel resto d'Europa e nel ?700 il carbone era diventato di fatto la nuova fonte di energia primaria al posto della legna.

Va detto che l'estrazione del carbone non fu una passeggiata. Infatti dopo aver esaurito i giacimenti più facilmente accessibili e vicini alla superficie, i minatori dovettero iniziare a scendere nelle viscere della terra. Arrivati ad una certa profondità si incrociavano le falde acquifere ed il drenaggio di quest'acqua costituiva un serio ostacolo all'estrazione. Bisogna arrivare al 1698 quando Thomas Savery brevettò la prima pompa a vapore, per poter avere uno strumento per prosciugare le gallerie allagate e poter quindi scendere a grandi profondità. Anche nel trasporto i problemi erano seri con carri e cavalli su strade sterrate. Il carbone pesava più del legname e  con la pioggia il viaggio diventava impossibile. Le pariglie di cavalli, diventavano sempre più costose, la biada pure…

 

La soluzione venne con la locomotiva a vapore che è stata una delle prime macchine dell'era dei combustibili fossili. Quel progresso che spesso immaginiamo come un flusso di nuove idee che soppiantano sistemi primitivi e vecchi di fare le cose, è in realtà una corsa a ostacoli spesso motivata dalla disperazione, ed in fondo la madre di tutte le invenzioni è stata quasi sempre la necessità perché è nell'istinto umano di sfruttare la strada più facile. Fintanto che i nostri antenati ?cacciatori-raccoglitori? hanno avuto energia in abbondanza sotto forma di frutti e animali selvatici si sono ben guardati dall'adottare il più duro stile di vita agricolo.

 

E' il 27 agosto 1859 quando Edwin L.Drake, ferroviere in pensione, con un trivella artigianale scavando a 12 metri di profondità trova il petrolio nei pressi di Tutusville in Pennsylvania , dando inizio all'era dell'oro nero. Da quel pozzo, il petrolio fluiva in superficie al ritmo di 20 barili al giorno.

Nove anni dopo, finita la guerra civile, un ex impiegato contabile di Cleveland, tale John D. Rockefeller, fonderà la Standard Oil Company of Pennsylvania.

Nonostante il petrolio venisse già estratto nel West Virginia, a New York, nell'Ohio, e più ad Ovest nel Colorado ed in Virginia, Rockefeller fu il primo a capire che per garantirsi il successo nel settore petrolifero, non bastava controllare i pozzi, ma bisognava possedere raffinerie, e controllarne il trasporto e la commercializzazione del prodotto finito.

Si dedicò così a stringere favorevoli accordi con le ferrovie e più tardi a costruire Oleodotti.

Con questa intuizione solo 11 anni dopo nel 1879, la Standard Oil controllava circa il 95% della capacità di raffinazione del paese. La sua attività si espanse così in fretta che qualche anno dopo, nel 1882, Rockefeller aveva consolidato le sue vaste proprietà con la creazione della Standard Oil Company of New Jersey, in cui conferì come in una moderna holding le azioni di decine di imprese produttive. Nel 1906 il suo controllo sul flusso d'energia degli Stati Uniti era tale da indurre il governo a perseguire la Standard Oil per infrazione allo Sherman Antitrust Act (la legge di tutela della concorrenza americana). Nel 1911 la corte suprema degli Stati Uniti ordinò la frammentazione della Standard Oil Group e la cessione di tutte le società sussidiarie possedute dal gruppo. La sentenza non ebbe effetti pesanti, poiché dopo lo smembramento del gruppo vennero costituite diverse società locali nei vari Stati in cui erano operative e chi possedeva le azioni del gruppo prima, si trovò dopo a possedere quelle delle singole società. Tuttavia il collocamento sul mercato di una parte di queste azioni, ebbe il risultato di fare accedere milioni di piccoli risparmiatori alla proprietà delle società derivanti dallo smembramento della Standard Oil.

Nel frattempo altre società petrolifere si erano costituite seguendo il modello di Rockefeller e negli anni trenta esistevano già tutte le società che sarebbero divenute  il simbolo del più potente settore industriale del mondo… Gulf Oil, Humble, Atlantic, Refening Company, Sinclair, Standard oil of Indiana, Phillips 66, Suncony, Sun, Union 76 e Texaco.

I due eventi che più ogni altro porteranno il petrolio al centro della vita americana, facendo dell'America il più potente paese del mondo furono l'invenzione del motore a combustione interna che aprì il mercato dell'automobile ed il ruolo giocato dal petrolio nella vittoria degli Stati Uniti e dei loro alleati nelle due guerre mondiali.

Gli industriali erano eccitati per le immense opportunità che il mercato dell'automobile aveva aperto.

Un analista nel 1932 scriveva:

?Pensate alle conseguenze che può avere per il mondo industriale, l'immissione sul mercato di un prodotto che raddoppia il consumo di ferro, triplica quello di vetro in lastra, quadruplica quello della gomma!…come consumatore di materie prime, l'automobile non ha uguali nella storia del mondo..?

 

Se fu l'automobile a rendere indispensabile il petrolio per la vita economico sociale del novecento, furono le due guerre mondiali a convincere i politici della sua importanza strategica negli affari internazionali. Nella prima guerra mondiale si vide per la prima volta l'impiego di motociclette, Jeep , autocarri, ed i primi aeroplani da ricognizione e combattimento. Nella seconda guerra mondiale fu il controllo del petrolio stesso il fattore più determinante. La Germania ricca di giacimenti carboniferi, non disponeva di riserve petrolifere proprie. Poiché la dipendenza da veicoli militari alimentati a carbone era costata alla Germania la sconfitta nella prima guerra mondiale, Hitler era ben deciso a non ripetere l'errore. Da lì le decisioni di sviluppare in Germania un'industria di combustibili sintetici , e di muovere guerra all'Unione Sovietica, per assicurarsi l'accesso ai ricchi giacimenti di Baku, nel Caucaso. Nonostante l'estrazione di combustibile liquido dal carbone fosse molto costosa e non potesse competere con il basso prezzo del greggio, Hitler non si lasciò influenzare, ed andò avanti con l'aiuto del colosso IG-Farben. Nel 1940 quasi il 46% del fabbisogno di idrocarburi era coperto dai combustibili sintetici con una produzione di 72000 barili al giorno e nel 1944 si arrivò addirittura al 57%. Non gli andò altrettanto bene con l'invasione dell'Unione Sovietica dove la resistenza sovietica, riuscì a bloccare e rallentare l'avanzata tedesca.

Quando i tedeschi nell'agosto del '42 arrivarono ai campi di Majkop, nel Caucaso, i Russi avevano già fatto saltare i pozzi e gli impianti di raffinazione. Lontani da casa e a corto di carburante, i tedeschi non furono in grado di sconfiggere l'Armata Rossa e prendere Grozny, il cuore petrolifero del Caucaso. Come nota Daniel Yergin, per colmo dell'ironia, i tedeschi esaurirono il petrolio, proprio andando a cercarlo.

 

Anche l'attacco Giapponese a Pearl Harbor, nel 1941, fu motivato quasi esclusivamente dalla necessità di assicurarsi l'accesso alle riserve petrolifere necessarie ad alimentare la macchina bellica. Gli Stati Uniti e le Indie Orientali erano i principali fornitori di petrolio del Giappone.

Quando Tokyo decise di invadere l'Indocina meridionale a luglio del '41 , inglesi , olandesi ed americani, imposero immediatamente un embargo alle esportazioni di petrolio verso il Giappone.

Con scorte in progressivo esaurimento, il Giappone maturò la decisione di attaccare Pearl Harbor, in modo che eliminata la flotta americana, si sarebbero potuti impadronire dei giacimenti petroliferi delle Indie Orientali. Il resto è storia. Comunque l'esito della seconda guerra mondiale, può essere ridotto in estrema sintesi al fatto che gli Alleati controllavano l'86% della produzione mondiale di petrolio.

 

L'era del petrolio è stata caratterizzata, fin dal suo inizio, dalle economie di scala. Oggi, il controllo sull'energia globale e sulle attività economiche che ne derivano, è nelle mani di circa 500 grandi imprese transnazionali, molte delle quali integrate fra loro verticalmente in un reticolo di relazioni di interdipendenza.

La civiltà dei combustibili fossili, più di ogni altra forma di energia ha prodotto, a vantaggio di chi ne ha beneficiato, il più elevato tenore di vita della storia umana.

Tuttavia questa era ha anche creato per amministrare questo regime energetico, le istituzioni di comando e controllo più centralizzate e gerarchizzate, mai viste nella storia. Il novecento è stato realmente caratterizzato da un nuovo tipo di impero, fondato sul petrolio e gestito dalle grandi multinazionali che operano con i governi nazionali (e a volte contro).

 

Il problema è che una tale concentrazione e centralizzazione di potere in poche istituzioni, rischia di avere minore flessibilità nel rispondere a nuove sfide ed essere più vulnerabile rispetto a pericoli interni ed esterni ed il rischio è che il futuro dell'era del petrolio si riveli tanto costoso, quanto è stato vantaggioso il suo passato.

Avvicinandosi al picco della produzione e all'inizio di un lungo viaggio discendente, occorrerà porre molta attenzione a minimizzare le perdite e a prepararsi ad un nuovo regime energetico, prendendo consapevolezza delle sfide di enorme portata che ci aspettano.

 

Riassumendo questo ed i precedenti articoli:

La disponibilità di petrolio a buon mercato diminuisce.

Le riserve più cospicue di petrolio sono concretate nella regione più politicamente e socialmente instabile del mondo che è il Medio Oriente.

La temperatura del pianeta sale  con scenari elaborati dall'Us National Academy of Sciences da far rizzare il capelli in testa e far venire la pelle d'oca, la nausea il vomito e la diarrea,  ma tanto chi li legge (gli italiani leggono la Gazzetta dell Sport) mica stè robe qua…

 

Insomma ce né abbastanza per condizionare le prospettive della civiltà umana per i prossimi secoli che verranno.

Questi tre fattori stanno convergendo rapidamente, costringendo la società a prendere una decisione sulla strada da imboccare per garantirsi un futuro. La civiltà degli idrocarburi che tanti benefici ha portato alle precedenti generazioni che hanno potuto usufruirne, ora è sotto pressione.

Il modo in cui reagiremo a questa triplice minaccia, dipende almeno in parte da quanto la nostra attuale infrastruttura è vulnerabile ad attacchi, distruzioni e abbandono. Ma anche sotto questo aspetto le prospettive sono pessime: l'infrastruttura complessa e centralizzata creata per gestire un' economia fondata sull'energia dei combustibili fossili, se in passato è stata il nostro maggior patrimonio ora si sta rivelando il nostro principale problema. Siamo sempre più esposti a minacce e distruzioni, dall'interno e dall'esterno, che rendono la fase post-industriale che stiamo vivendo un momento storico caratterizzato dalla massima precarietà.

 

Ma purtroppo non c'è solo il problema dell'approvvigionamento energetico all'orizzonte!

L'invecchiamento della popolazione mondiale, rischia di travolgere e far saltare i vari sistemi pensionistici del mondo, e di provocare qualcosa di più preoccupante di un semplice conflitto generazionale. Ma di questo argomento parleremo nei prossimi articoli.

 

  

 

(articolo di Sandro Mancini)

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