Piano Bar : Non era una questione di lana caprina


Piano Bar  di Virginio Frigieri

Non era una questione di lana caprina…

 

quella posta un paio di mesi fa…

 

alla fine di maggio su un articolo intitolato ?inflazione o deflazione : that is the question? /lr/articolo.asp?id_articolo=26863 cercavo di dipanare le ragioni dei deflazionisti e degli inflazionisti, per cercare di capire chi dei due avesse più legna in cascina, giacchè nella mia piccola testa di perito elettronico, divenuto poi informatico strada facendo, e dunque ben lontano dal poter sedere al tavolo dei guru e degli esperti di economia e finanza, mi sembrava la chiave fondamentale ed indispensabile per poter leggere correttamente i mercati da qua ai prossimi 5-6 anni.

L'articolo di Repubblica, prontamente segnalato da Bellosta ?2010 – Fuga da Wall Street? non fa altro che avvalorare i miei timori di allora, quando pur non escludendo la possibilità di un periodo di inflazione a due cifre, vedevo più probabile inizialmente una fase di stagnazione/deflazione (tesi peraltro che sul sito di Prechter è propugnata dall'inizio della crisi dei mutui subprime).

Se il piccolo risparmiatore americano scappa dalle borse e dai fondi di investimento azionari, per correre a sottoscrivere titoli di stato trentennali con un rendimento annuo al 3,6%,  che si riduce ad un 2,6% sui decennali e a meno dello 0,5% sulle scadenze a due anni,… significa che più che una gran paura del ritorno dell'inflazione che attraverso l'aumento di prezzi si mangerebbe il capitale, il piccolo risparmiatore americano vede un' economia depressa, stagnante con inflazione piatta o addirittura prezzi in calo per un periodo di tempo certamente lungo.

Tutto questo rappresenta un sintomo classico della deflazione e siccome sappiamo bene che fine ha fatto il Giappone scivolando in deflazione all'inizio degli anni '90 se questi timori andranno confermandosi e consolidandosi nei prossimi mesi, le borse avranno una sola strada obbligata: quella del ribasso ed il 90% delle opportunità di guadagno saranno su posizioni short (altro che stare a cercare il titolino del menga che va in controtendenza e sale mentre tutto viene giù.)  

Quando arriva la deflazione si innesca un meccanismo infernale, per cui io dovrei comprare, ma se posso aspetto domani perchè probabilmente spenderò meno, solo che anche voi aspettate domani , ed anche il vicino di pianerottolo aspetta domani ed anche le aziende aspettano domani, e diventa una Via Crucis che riduce i redditi e fa aumentare il valore reale dei debiti e per quanto gli indebitati (tutti noi) tirino la cinghia si fa una fatica bestia a far scendere i debiti anche di poco e come sottolinea l'articolo ad un certo punto molti di questi debiti diventano insolventi essendo in mano a famiglie od aziende in stato di bancarotta o prossime alla bancarotta.

Aggiungo poi che se gli indici americani prenderanno la via definitiva del ribasso (i sintomi anche a livello di onde minori minuette e subminuette si stanno ormai trasformando in certezze) , sarà ben difficile che le borse europee (nonostante i buoni dati della borsa tedesca (unica economia che si salva in eurolandia) possano sganciarsi ed andare per conto loro al rialzo… quindi il dubbio sollevato dal sottoscritto su queste colonne alla fine di maggio, non era una semplice questione di lana caprina e trovo, come sempre, diamantine le parole di Bellosta quando titola ?presagi di un fosco futuro?.

 

Alla prossima

 

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