Piano Bar : Eurodissea parte 2 di 2


Piano Bar  di Virginio Frigieri

Euro-Odissea : parte 2 di 2

 

Nonostante la debacle subita dalle banche centrali europee col tiro alla sterlina, il sogno di una moneta unica e di un mercato comune europeo, andrà avanti e siccome l'egemonia del marco tedesco non era vista di buon occhio dalla Francia, il presidente dell'epoca Mitterand, si diede un gran daffare per portare avanti l'avanzata dell'Euro e disinnescare la ?bomba atomica della Germania? così era chiamato il marco tedesco. Riprendendo la tabella di marcia sancita nell'89 dalla piano di Delors, si arriva alla firma dell'accordo di Maastricht del 1992, dove si stabilisce che entro il 1°gennaio 1999, l'euro avrebbe dovuto partire a tutti i costi. Sempre a Maastricht sono fissati i criteri di convergenza che ogni paese dovrà mettere in atto per arrivare all'appuntamento del 1999 con le carte in regola.

A gennaio del 1994 prendono il via i lavori dell'istituto monetario europeo da cui nascerà la futura BCE a Francoforte. A dicembre del 1995 il nuovo nato viene battezzato col nome di EURO anche se ai francese sarebbe piaciuto di più ECU. All'inizio del 1998 si riunisce la commissione che ha il compito di esaminare i dati di ciascun paese rispetto ai criteri sanciti da Maastricht e ci si rende subito conto che applicando detti principi alla lettera solo due paesi (la Francia e il Lussemburgo) avrebbero le carte in regola per partire con l'EURO. Dopo una serie di consultazioni incrociate si decide che la cosa non è ?politicamente accettabile? e contemporaneamente nemmeno ?politicamente rimandabile? per cui facendo di necessità virtù, si decide con un beneplacito politico di chiudere un occhio e accogliere anche paesi ?zoppicanti? come l'Italia. A capodanno del 1998 i ministri delle finanza si riuniscono e rendono noti quelli che saranno i cambi definitivi tra le singole divise e l'Euro nel frattempo è nato dalla conversione con un rapporto di 1:1 dal precedente ECU.

Dal 1999 sui mercati finanziari e nelle banche l'euro entra nella vita quotidiana di tutti e dal 2002 arrivano nelle nostre tasche anche le banconote e le monete della nuova divisa.

L'introduzione della nuova moneta porta nei vari stati della comunità, una serie di conseguenze:

I paesi che tra il 1990 e il 1995 si erano create un vantaggio competitivo con le svalutazione delle loro monete, vengono private di quest'arma e costrette ad adottare dei percorsi virtuosi per recuperare punti efficienza e competitività sui paesi concorrenti della comunità.

Paesi come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, cronicamente afflitti da inflazione alta e tassi di interesse alti, si trovano ora col vantaggio di dover sborsare minori interessi per remunerare il proprio debito pubblico. Si riducono poi le distanze con la borsa tedesca, poiché le borse di Milano e Madrid in primis sono viste eccessivamente penalizzate rispetto al nuovo contesto della moneta comune per cui salgono percentualmente di più. Anche gli investimenti e i consumi conoscono un momento di boom giacchè tassi di interesse così bassi, spingono sia le aziende che i privati ad indebitarsi facilmente e a vivere al di sopra delle loro possibilità. Tuttavia il minor peso degli interessi da pagare sul debito pubblico, che dovrebbe spingere i governi di questi paesi a cogliere l'opportunità per abbattere il loro forte indebitamento statale, ottiene invece l'effetto contrario e la classe politica, approfitta del basso costo di indebitamento per indebitarsi ancora di più. Ma mentre questo accede in Italia, Grecia Spagna e Portogallo, non accade per esempio in Germania. E siccome un operaio tedesco mediamente guadagna di più dei colleghi di altri paesi, la Germania ha capito e si è mossa in questi anni per rafforzare la sua competitività in modo da non perdere eccessive quote di export. Insomma i tedeschi che sapevano di essere i primi hanno messo in atto tutte le manovre possibili per conservare il loro primato e perdere il meno possibile, mentre i paesi del Mediterraneo citati prima, a cui con la crisi in atto si sta aggiungendo la Francia, non sono riusciti ad aumentare competitività e produttività e non potendo più contare sulla svalutazione della moneta perdono terreno a vista d'occhio e continuano a tergiversare sul fronte delle riforme strutturali che sarebbero necessarie. Anche sul fronte dei  costi salariali, la Germania è rimasta ferma per diversi anni, mentre da noi hanno continuato a crescere e adesso, man mano che l'economia andrà a riprendersi, noi resteremo schiacciati al palo coi problemi di sempre. La Germania ripartirà… La Grecia dal 1998 ha aumentato i salari del 25%, l'Italia di un 30% e la Spagna addirittura del 50%.

Negli stessi paesi anche i prezzi al consumo sono saliti di più rispetto al resto d'Europa ed infine il deficit della bilancia commerciale di questi paesi si è incrementato. George Soros in una recente intervista ha dichiarato: ?la crisi sta portando alla luce la carenza fondamentale dell'Euro, ovvero che esiste una Banca Centrale, ma non esiste un Ministro delle Finanze comune!!?.

Una moneta voluta e calata dall'alto da quattro banchieri nel tentativo di fornire un collante a una ventina di paesi che in comune hanno storicamente e culturalmente abbastanza poco, …lingue diverse, spesso anche religioni diverse…, sistemi legislativi, e trattamenti fiscali e pensionistici, diversi…

 

Ma così sono andate le cose… la moneta unica c'è, mentre l'unione europea è di la da venire… e ogni stato bada più a salvaguardare gli interessi di bottega che il bene comune dell'intera comunità. E allora avanti così col ?Carrozzone Europa? che non sa mettersi d'accordo nemmeno sulle proprie radici cristiane e varare una costituzione comune.

Adesso, con la crisi economica che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, i bubboni esplodono, gli stati membri nonostante il destino di ciascuno sia strettamente intrecciato a quello degli altri, hanno perseguito delle politiche fiscali ed economiche orientate ai soli interessi nazionali, e se Francia e Germania decideranno di proseguire gli incentivi ai rispettivi settori automobilistici, noi volenti o nolenti dovremo fare altrettanto, anche se poi tutti sono pronti ad ammettere che si tratta di ?droga? e che quando si droga il mercato alla lunga si paga un conto salato. Le recenti debacle di Grecia e Irlanda, i problemi seri della Spagna e a ruota dell'Italia, mettono ora in evidenza come la minaccia più forte per l'euro non arrivi da altre divise più forti, quanto in primis dalla capacità di tenuta della coesione interna dei singoli stati membri, messi insieme lo ripeto solo dalla moneta, ma con fragilità e problemi atavici irrisolti da secoli alle loro spalle, senza contare le tante balle che ci hanno propinato in questi anni i vari governi che si alternavano alla guida del paese… Come non ricordare gli elogi che Berlusconi profondeva all'amico Aznar come se in Spagna fossero tutti fenomeni e qua un branco di coglioni incapaci.

La verità è che un Europa senza Spagna e Portogallo sarebbe stata un' Europa monca anche dal punto di vista geografico oltre che politicamente rischiosa considerato che i secessionisti baschi non si limitano a portare ampolle d'acqua del Po' dal Monviso alla Laguna, ma usano attirare l'attenzione dell'opinione pubblica ai loro problemi  imbottendo camion di tritolo da far saltare al momento giusto…

Al di là della valutazione ?politica? che per molti versi può anche essere giudicata ?saggia? del voler partire con un'Europa comprensiva della Spagna, resta il fatto che l'Europa ha concesso alla Spagna per vent'anni (1986-2006) aiuti a fondo perduto per la modica cifra di 100 miliardi di euro all'anno; con delle siringhe di bumba del genere chiunque governi a meno che non si tratti di un menomato mentale non può non riuscire a far crescere la propria economia creando un minimo di circolo virtuoso che crei e distribuisca ricchezza nel paese.

E' ancora un dato di fatto che nel 2006, chiusi i rubinetti della BCE verso la Spagna, la stessa abbia ripreso la via di un rapido declino, e si ritrovi dopo tre anni a barcollare come un pugile suonato con un livello di disoccupazione che è il più alto d'Europa.

Ma, siccome non vorrei fare la parte di quello che vede la pagliuzza nell'occhio del vicino e non si accorge della trave che trafigge il suo occhio, vado avanti per ricordare ai lettori che subito dopo la Spagna arriva l'Italietta delle banane… dove a parte la morte, tutto il resto è sempre incerto e temporaneo e sorvolo sull'Irlanda date le piccole dimensioni ha un peso ridotto sul resto dell'Europa.

Ma non può non apparire evidente che in generale, lo sviluppo economico europeo presenta delle pericolose divergenze e che al crescere della crisi economica, aumenta sensibilmente la distanza , (la forbice) tra i singoli membri della comunità, e così oggi Grecia e Irlanda per procurarsi finanziamenti e capitali devono pagare interessi più alti su titoli di Stato e Obbligazioni, rispetto agli altri stati membri. Del resto di questi genere di rischi e pericoli avevano parlato a suo tempo tutti i maggiori economisti del gruppo ?euroscettici?.

L'oggi deceduto Milton Friedman (allora novantenne e già premio Nobel per l'economia nel 1976) in una intervista a Capital ebbe a dichiarare che Eurolandia sarebbe andata in pezzi in un periodo di 5 , massimo 15 anni. Entrando nel 2010 siamo a circa due terzi del periodo stimato da Friedman.

A sostegno della sua tesi Friedman diceva che la maggior concorrenza di un sistema economico globale, avrebbe portato vantaggi a pochi, contro svantaggi per molti che si sarebbero ripercossi alla fine sui livelli di occupazione dei singoli paesi. Oggi si può vedere chiaramente come una politica monetaria che potrebbe andare molto bene al paese X , sarebbe totalmente inadeguata se non deleteria per il paese Y.  

A questo punto la credibilità dell'euro e la fiducia in questa giovane valuta rischiano di andare a ramengo. Questi paesi tra cui noi, devono imparare a tagliare i costi e gli sprechi e ad aumentare la produttività se si vuole ritrovare un cammino di crescita reale e duratura. Diversamente si rischia in breve tempo di avere accanto alla Grecia altri paesi a rischio di insolvenza; ma a quel punto il passo dalla bancarotta di Stato all'uscita dall'euro e al crollo dell'unione monetaria, rischia di essere molto breve.

E' del tutto evidente che alla comunità europea, mancano degli strumenti di controllo che obblighino i singoli stati membri a perseguire percorsi di stabilità, a meno che non si voglia considerare serio, il blando sistema disciplinare e sanzionatorio messo in atto fino ad oggi, che ha permesso quasi sempre ai ?peccatori? di sfuggire attraverso scappatoie e tortuosi bizantinismi burocratici dalle regole del patto di stabilità. Senza un sistema di coercizioni forti nei confronti di chi sgarra, i topi continueranno a ballare confidando di prendere a prestito credibilità dai paesi più forti ed in effetti sono in pochi a credere che la comunità europea permetterà alla Grecia di diventare insolvente, mentre è più probabile che verrà emesso un Euro Bond che consenta ai paesi a rischio di ottenere denaro a basso costo. Ma è difficile mettere d'accordo tutti sull'opportunità di emettere obbligazioni se i paesi del pool non hanno la stessa solvibilità. Molti economisti temono che gli svantaggi per gli stati solidi siano maggiori dei vantaggi per quelli deboli.

Inoltre va ricordato che la BCE non può saldare i debiti di uno stato dell'euro stampando denaro, e la clausola di ?No-Bail-out? impedisce tanto alla UE quanto ad altri paesi di rispondere dei debiti di un membro poco solido.

Mentre a Bruxelles si studiano possibili vie di uscita, quella che era cominciata come una crisi finanziaria e monetaria a livello mondiale, si è rapidamente trasformata in una recessione globale dell'economia reale che ora sta mettendo a dura prova il progetto ?Europa?. I punti deboli di questa unione valutaria che non ha ancora una politica fiscale ed economica comune, stanno venendo rapidamente allo scoperto. A lungo termine bisogna che ciascun paese sappia rinunciare ad una parte della propria indipendenza nell'interesse comune, cercando di attuare una stretta cooperazione nelle politiche economiche e di bilancio decise a livello europeo. Solo se si arriverà ad un atteggiamento più corale in campo di politiche economiche e monetarie, si potrà evitare che il progetto ?Europa? fallisca miseramente e che si consolidi una comunità economica stabile e in grado di essere all'altezza degli USA. Diverse aspettative con cui era partita quest'avventura si sono realizzate in questi anni a cominciare da una certa stabilità dei prezzi, per finire con l'integrazione dei mercati finanziari, e sono molti a ritenere che se non ci fosse stato l'euro nella crisi attuale le divergenze sarebbero state ancora più marcate. Ma oggi l'insufficienza di riforme strutturali, adottate da alcuni paesi, sta mettendo seriamente a rischio la coesione economica dell'Unione Europea, e il patto di crescita e stabilità che ha dato prova di efficacia in tempi meno difficili, ora si trova al test di importanti resistenze. Il decennio che si apre davanti a noi dovrebbe riuscire a vincere queste sfide, mentre nel frattempo oltre oceano si cercano dei punti fermi su cui basare la ripresa, ma anche là c'è chi vede il futuro dei listini americani molto più gìù dei livelli attuali e vede il fondo di questa crisi solo a fine 2014 inizio 2015.

Come sempre, chi ha ragione lo scopriremo solo vivendo, ma per l'economia reale è ancora notte; la disoccupazione sale e salirà per buona parte di quest'anno, il numero degli sfratti tocca ogni mese nuovi record e qualcosa vorrà pur dire, e per finire, come diceva alcuni giorni fa un signore intervistato al TG1 Economia, di cui non ho fatto in tempo a vedere il nome, "sì ok… può darsi che siamo usciti dal tunnel !… solo che fuori dal tunnel non c'è il sole e nemmeno una strada in discesa;… invece cominciamo a renderci conto che fuori dal tunnel è ancora buio, fa un freddo bestia, la strada è ghiacciata, insidiosa e piena di buche e di curve e soprattutto ancora molto lunga!…"

 

alla prossima  

     

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