Piano Bar : Eurodissea parte 1 di 2


 

Piano Bar  di Virginio Frigieri

Euro-Odissea : parte 1 di 2

 

la lunga avventura di una moneta comune, mai davvero invocata dai popoli, ma imposta dai veti incrociati di politici e banche centrali…

 

Finiscono gli anni con lo zero e il primo decennio del nuovo millennio passa in cavalleria; presente sui mercati finanziari da poco più di un decennio e nelle nostre tasche da otto anni, l'euro nel bene e nel male è oggi una realtà con cui tutti dobbiamo fare i conti cercando di capire se nei prossimi anni che abbiamo davanti prevarranno le luci degli ottimisti a oltranza o le ombre dei pessimisti.

A beneficio dei lettori più giovani, premetto subito che non sono mai stato tenero nei confronti dell'euro e di questa Europa costruita forzatamente all'incontrario, pur non avendo in linea di principio nulla in contrario all'impiego di una moneta comune; anzi se proprio vogliamo andare molto indietro nel tempo, ancora in terza media (nel 1968) in un tema fatto fare a tutti gli studenti di terza media per selezionare i migliori da mandare a Roma, il sottoscritto ancora imberbe vedeva positivamente il raggiungimento di una grande comunità europea con una moneta comune… solo che nella mia innocenza dovuta all'ancor tenera età, il mio augurio per una moneta comune era visto come il punto di arrivo di un lungo cammino che avrebbe dovuto portare prima all'unità politica, ad un solo sistema legislativo, ad un solo sistema di difesa basato su un unico esercito e così via…

La pensava come il sottoscritto ancora pochi anni più tardi all'inizio degli anni '70 Pierre Werner , primo ministro del Lussemburgo europeista convinto della prima ora nel suo piano denominato appunto ?piano Werner? che si articolava in tre fasi distinte:

una prima fase in cui su base volontaria i paesi comunitari, armonizzavano le loro politiche economiche, fiscali e di bilancio.

Una seconda fase in cui l'armonizzazione diventava obbligatoria entro una certa data, ed infine (sola alla fine) una terza fase in cui si introduceva la moneta comune.

Del resto i nostri nonni ci hanno insegnano per secoli che mettere il carro davanti ai buoi non funziona e che chiudere la stalla quando i buoi sono scappati non serve a nulla. Ma se al buon senso si fa prevalere la ragione di stato (alias gli interessi di quattro banchieri e un manipolo di politici) allora anche le cosa più assurde possono diventare realtà…

Prima di proseguire la nostra cronistoria, voglio richiamare l'attenzione dei lettori sul fatto, che quello che sta succedendo in Grecia non è roba di poco conto eppure se ne parla appena. Ma la Grecia non è il primo campanello d'allarme che salta fuori e da come verrà gestita la crisi in Grecia dipenderanno con ogni probabilità la credibilità e il futuro stesso dell'Unione Europea. La prima a saltare per aria è stata l'Islanda che era arrivata ad avere ormai più banche che abitanti (300.000 abitanti è una delle nostre città nemmeno delle più grosse) e con la scusa che è piccola e pesa pochissimo, i pompieri massmediatici giù a dire che non conta niente che ha un peso irrilevante nel contesto dell'intera Unione e che in buona sostanza se salta per aria l'Islanda chi se ne frega!.

Quando io ero bambino l'unica cosa che sapevo dell'Irlanda è che stava di fianco all'Inghilterra divisa in due e che da una delle due parti si bastonavano di santa ragione per problemi religiosi, e dall'altra parte erano più tranquilli e dediti prevalentemente di pastorizia… Un bel giorno per chissà quale arcano mistero qualcuno ha deciso che l'economia Irlandese doveva crescere e portarsi a livello di altri paesi Europei e grazie all'introduzione di un regime fiscale particolarmente conveniente, hanno cominciato a calare le pecore e ad aumentare le aziende, soprattutto quelle finanziarie (fondi d'investimento etc) ed una bella mattina tutti aprivano aziende in Irlanda, prevalentemente società d'investimento, fiduciarie , fondi etc… Quando è arrivata la crisi finanziaria, che fine poteva fare un paese basato prevalentemente su questo tipo di attività? 

Ma anche qua è piccola , la rava e la fava, chiudete gli occhi che andiamo avanti. Finchè ora arriva la Grecia che comincia ad essere un po' più grossa dell'Irlanda e cominciano a volare sul tavolo cifre consistenti … si parla di un piano di rifinanziamento da 54 miliardi di euro di titoli di stato da mettere sul mercato. Il problema è che per trovare finanziatori che se li comprano non basterà concedere cedole più accattivanti, ma la Grecia dovrebbe riuscire a dare un segnale forte di stabilità, varando in tempi rapidissimi un piano consistente di tagli alla spesa pubblica, alla previdenza ed anche  privatizzando ad esempio la produzione di Energia Elettrica… Insomma la Grecia dovrebbe fare quello che fanno tutti in questi casi, ovvero mettere in vendita qualche gioiello di famiglia, e chiedere sangue sudore e lacrime…

Ma il problema è che nel 2010, non c'è solo la Grecia sul mercato a cercare quattrini perchè più o meno tutti gli Stati per far fronte alla crisi, hanno dovuto aiutare le loro banche, le loro industrie e le loro economie nella più classica logica Keynesiana, dove nei periodi di crisi, lo stato interviene a fare da volano per la ripresa con interventi di opere pubbliche; solo che adesso ci sono problemi, perché da quest'anno saranno tutti sul mercato a chiedere soldi in cambio di titoli di stato e si creerà quindi una grossa concorrenza fra gli stati più solidi e con le spalle più larghe e gli staterelli più piccoli che devono coprire la minor affidabilità pagando un prezzo più alto sulle loro emissioni di debito pubblico.

D'altra parte nel momento in cui entri in un sistema monetario come l'eurozona in cui non è più permesso scappare dai problemi ricorrendo all'arma della svalutazione della propria moneta, l'unica cosa che puoi fare , come anticipato prima è di rimettere in ordine i tuoi conti ricorrendo a privatizzazioni ove, possibile, taglio di spesa pubblica e di welfare.

L'Irlanda per reagire al colpo subito ha ridotto i salari pubblici del 20%, che non sono bruscolini… ma riuscirà un paese come la Grecia a fare altrettanto senza mettere a rischio l'ordine sociale?

Quindi la situazione della Grecia, tenuta in secondo piano dai mezzi di comunicazione, è da seguire con estrema attenzione, poiché mette a rischio tutto il sistema dell'Unione Europea e dell'area Euro.

Ovvero è la prima volta nella storia della comunità Europea che un paese membro di dimensioni significative, rischia di saltare e di fare la fine dell'Argentina. Si tenga presente che non ci sono meccanismi per cui un altro paese o più paesi membri possano intervenire in soccorso o farsi garanti dei debiti di un altro paese membro e si tenga infine presente che alle spalle della Grecia, c'è la Spagna che ha già il record di disoccupazione europeo e l'Italia che a fine 2010 tornerà con un debito pubblico al 115% del PIL (tecnicamente fallito ma ormai lo siamo da vent'anni ci siamo abituati anche a questo). Ritornando al problema Grecia, qua entra in crisi anche il discorso del patto di stabilità perché li ti dicono cosa devi fare per rimetterti in carreggiata ed evitare che scattino delle sanzioni che sono l'unico strumento ad oggi esistente in Europa per convincere un paese membro a muovere il sedere , ma le sanzioni vanno bene quando le scateni su un paese ricco che le può pagare… ,a un paese come la Grecia che ha già un grave problema di debito, l' unico effetto che puoi ottenere con le sanzioni è di farla affogare prima… (meditate gente meditate)

L'amara verità è che si è costruito senza cognizione di causa una moneta unica senza un minimo di strutture centralizzate che potessero fare da collante e tenere insieme i legni della barca. Manca drammaticamente la figura di un Ministro del Tesoro Europeo Comune con poteri di intervento effettivi sull'intera comunità; poi ok,  abbiamo gli Ecofin, l'Eurogruppo ed altre amenità del genere ma si tratta sempre di riunioni fra ministri di 20 paesi alla pari, che possono chiacchierare fino alla nausea, ma alla fine nessuno ha il potere di imporre ad un collega parigrado di un altro paese una qualsivoglia decisione. Altri 25 Miliardi di Euro di cui poco si parla riguardano la Turchia (futura aspirante new entry) che sta trattando serratamente coi membri del FMI il rinnovo di un prestito scaduto a giugno del 2008.

La Turchia dal canto suo cerca di svincolarsi da eccessive pressioni nel confronti del FMI, che di solito quando ti concede un prestito ti costringe ad assumere tutta una serie di misure per poter poi rientrare e per un attimo si era anche pensato che l'FMI potesse intervenire anche nella crisi apertasi in Grecia, proprio perché per effetto dei maggiori vincoli e delle maggiori pressioni che si sarebbero esercitate, la Grecia avrebbe potuto prendere più seriamente la cosa. Il Fondo Monetario Internazionale, spesso quando ti concede un prestito te lo concede addirittura a rate, di modo chè se tu non rispondi e non corrispondi alle aspettative dell'FMI, non ti arriva manco la seconda rata. Per ora però nessuna decisione è stata assunta nemmeno in questa logica.

Ma ripercorriamo velocemente il cammino che ci ha portati all'euro: alla fine degli anni '70 nell'intento di dare stabilità ad un sistema monetario composto da tante divise, (ndr in attesa di arrivare ad una moneta comune) nasce il cosidetto SME, (Sistema Monetario Europeo). In questo paniere di divise vengono fissati dei limiti di oscillazione al superamento dei quali le banche centrali degli stati membri devono intervenire per riportare quella divisa nei limiti prestabiliti. Nasce così il primo embrione di Euro che allora si chiamava ECU ed era il cuore del sistema SME (una divisa virtuale costituita da quote parte delle varie divise europee).

All'inizio fu concesso un margine di oscillazione massimo del 4,5% complessivo(dal 2,25% in eccesso a 2,25% in difetto), e per l'Italia che in quegli anni viaggiava con un inflazione a due cifre, si arrivò a concedere una banda allargata al 6%. Il sistema per un pò sembrò funzionare, finchè a far saltare il sistema non ci si mise la speculazione che nell'agosto del 1993, costrinse le autorità europee ad allargare i range di oscillazione delle singole divise fino al 15%. Memorabile in quegli anni gli attacchi speculativi condotti da George Soros alla sterlina inglese, la cui pesante crisi si tirò dietro altre valute più deboli, fra le quali la lira italiana, il franco francese e la peseta spagnola, e costrinse la Gran Bretagna da poco entrata nello SME ad uscirne di gran carriera.

Sintetizziamo per il lettori più giovani, la successione degli avvenimenti:

Ad ottobre del 1990, la Gran Bretagna entra nello SME con una banda allargata come per l'Italia al 6% di oscillazione anziché al 4,5%. Passano pochi mesi e ci si rende conto che la Gran Bretagna ha aderito troppo presto allo SME e le difficoltà a contenere le fluttuazioni dentro al 6% stabilito, costringono le altre banche centrali a continui interventi a sostegno della sterlina. Capisce tutto molto velocemente un guru d'oltre oceano (un tale George Soros) che a settembre del 1992 per poco non provoca il collasso dell'intero sistema monetario europeo.

Infatti quando la Gran Bretagna entra nello SME, in Germania siamo a circa un anno dalla caduta del muro di Berlino e in conseguenza di questo la Germania è costretta ad aumentare i tassi per tenere a freno una possibile ondata di inflazione. Nello stesso periodo a causa di un economia ristagnante la Gran Bretagna è costretta a calarli. Due anni dopo, (1992) l'economia tedesca è cresciuta del 2% mentre quella britannica dello 0,6%. Con un indebitamento netto del 6,1% rispetto al PIL, la Gran Bretagna si trova con un buco nella bilancia commerciale più che doppio rispetto alla Germania che viaggia al 2,8%. Geroge Soros ed altri investitori si convincono che la Sterlina Britannica sia sopravvalutata e che la Gran Bretagna debba scegliere se svalutare la propria moneta oppure uscire dallo SME. Inizia così una speculazione feroce contro la sterlina con fortissime somme di denaro. La Banca Centrale britannica, tenterà di sostenere e stabilizzare la propria valuta con massicci acquisti di sterline sul mercato, ma la speculazione non si placa e il 16 settembre del 1992 l'Inghilterra è costretta ad aumentare i tassi dal 10 al 12% per rendere più attrattiva la sterlina agli occhi degli investitori. Ma passano appena poche ore e la stessa Banca Centrale prospetta, la necessità di dover effettuare un ulteriore aumento dei tassi dal 12 al 15%. A quel punto tutte le altre Banche centrali intervengono acquistando sterline per un controvalore equivalente di 260 miliardi di marchi tedeschi!. Ma Soros e compagni per nulla intimoriti continuarono con grande impegno a scommettere contro la Sterlina, fino a quando il cancelliere dello scacchiere Norman Lamont, comunica ufficialmente che la sterlina sarebbe uscita dallo SME e che i tassi di interesse sarebbero stati ripristinati al precedente livello del 10%. Nelle successive 5 settimane la Sterlina inglese perderà il 15% rispetto al marco tedesco ed il 25% rispetto al dollaro USA. Tutta l'operazione ha fruttato a Soros un utile miliardario ed il soprannome di ?the man who broke the bank of England? (l'uomo che distrusse la Banca d'Inghilterra). Da allora il cambio della Sterlina è rimasto flessibile e la maggior parte dei britannici sono contrari ad un eventuale introduzione dell'Euro.

 

fine prima parte.

 

 

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