Piano Bar di Virginio Frigieri: Il secondo round su "come stiamo a petrolio" ?


Piano Bar di Virginio Frigieri

Come stiamo a Petrolio?… secondo round

 

Ora vediamo qualche numero:

 

Gli Stati Uniti (considerando solo i 48 stati continentali) si valuta che abbiano 195 Gbo di riserve conosciute, ne hanno già estratti 169 e quindi restano riserve certe per 20 Gbo e da scoprire circa 6.

L'Arabia Saudita ha riserve sfruttabili per 300 Gbo ed avendone estrette solo 91, ha riserve certe per 194 Gbo e 14,3 da scoprire.

La Russia ha riserve sfruttabili per 200 Gbo ed avendone estratti 121 ha riserve certe per 66 Gbo e 13 da scoprire.

 

Quindi agli Stati Uniti resterebbe il 14% delle proprie originarie riserve di petrolio, alla Russia il 39 e all'Arabia Saudita il 70.

 

Sappiamo però che queste stime sono quasi sempre truccate ed addomesticate ad arte (vedi articoli precedenti). Una cosa che non è stata ancora detta è che i geologi assegnano alle proprie stime una percentuale di probabilità.

Il geologo Colin J.Campbell cita il caso del giacimento norvegese di Oseberg, per il quale gli ingegneri petroliferi stimano al 90% la probabilità che il giacimento dia alla luce 0,7 Gbo di petrolio, ma solo al 10% quella che se ne possano aggiungere altri 2,5 Gbo.

Il valore di stima più prudenziale è detto stima P90, mentre quella più generosa è detta stima P10.

 

Negli Stati Uniti la SEC, permette alle aziende petrolifere di dichiarare ?riserve? solo se ?il greggio si trova nei pressi di un pozzo attivo? ed esiste la ?ragionevole certezza? che possa essere estratto economicamente, tenuto conto dei prezzi correnti e delle tecnologie disponibili.

Questa definizione corrisponde alla stima P90.

Ora i geologi Campbell e Laherrére sostengono che tale stima sia troppo restrittiva e porti spesso a sottovalutare la quantità di petrolio effettivamente estratta nel corso di vita del giacimento e che sia più accurata una stima intermedia detta stima ?provata e probabile? o stima P50, per determinare il numero di barili di greggio che ha la stessa probabilità di essere prodotto o non prodotto da un pozzo nella sua vita produttiva, ipotizzando che i prezzi del petrolio oscillino in un range ristretto.

 

Se accettiamo questo ragionamento allora gli Stati Uniti tenderebbero a sottostimare le riserve certe ricorrendo alla stima P90, tuttavia altri paesi come quelli dell' ex Unione Sovietica hanno in compenso pesantemente sovrastimato le proprie ricorrendo alla stima P10.

 

La differenza fra realtà e fantasia, a volte può essere talmente grande da risultare assurda.

Nel 1996 la ?World Oil? attribuì all'ex Unione sovietica 190 Gbo, mentre nello stesso anno il ?The Oil and Gas Journal? ne valutò le riserve certe in 57 Gbo.

Secondo alcuni osservatori, i paesi dell'Opec gonfierebbero le cifre per poter aumentare le proprie quote di produzione a garanzia dei prestiti internazionali concessi da istituzioni come la Banca mondiale e l'FMI (fondo monetario internazionale) oppure per ottenere condizioni migliori sui prestiti concessi da istituzioni bancarie private a fronte di progetti di sviluppo infra-strutturale e produttivo, mentre infine le società energetiche lo farebbero per sostenere le quotazioni dei propri titoli in Borsa…

Nel libro di Rifkin che vi ho consigliato dal primo articolo troverete attorno a questi numeri e stime, degli autentici balletti di cifre dagli anni 60 fino ai giorni nostri che la dicono lunga su quanto la contabilità del petrolio sia manipolata un po' da tutti.

Ad ogni buon conto è importante tenere presente che alla fine il petrolio ancora disponibile è quantificato con buona approssimazione tra i 1500 e i 1600 Gbo che sommati ai quasi 900 già estratti porta il picco della curva attorno a 1200-1250 Gbo.

Ed inoltre quel che conta ancor di più, è che alla fine i range di oscillazione su questi balletti di numeri convergono tutti su un arco di tempo molto ristretto che va dal 2010 al 2020.

In quei 10 anni tutti i giacimenti della terra attivi oggi, avranno superato il picco della curva ed il consumo di petrolio sarà passato da 80 milioni di barili al giorno del 2000, a 120 milioni di barili al giorno con un incremento del 50%.

Trovare ed estrarre questi 40 milioni di barili in più, sarà a dir poco un impresa ardua!.

 

Se sarà così, ricorderemo le quotazioni record di questi giorni come ?… I bei tempi in cui il petrolio costava solo 45$ al barile… ? con quali ripercussioni socio-economico-politiche per tutti noi, è difficile da immaginare ma sicuramente impossibile ?pensare positivo? o come dicono gli inglesi ?think positive?.

 

Adesso credo di aver in parte accontentato chi voleva delle motivazioni concrete. La futura crisi petrolifera non sarà passeggera come lo fu  negli anni 70, ma permanente, tanto da portare ad un drastico cambiamento sul lungo periodo.

 

Per molti, la possibilità che si sia sul punto di esaurire il petrolio a ?buon mercato? indispensabile ad alimentare il nostro stile di vita, è talmente inimmaginabile, che quando dici queste cose ti guardano increduli come allocchi con gli occhi  sgranati come a dire ?o questo è tutto matto o io sto sognando?…

 

D'altra parte la tendenza a far finta di nulla è comprensibile, perché raramente le società reagiscono ad un ?previsto? cambiamento della situazione in cui prosperano.

 

Tuttavia per dirla con parole di Rikfin, ?quando il potenziale cambiamento può investire radicalmente la totalità del nostro stile di vita e l'assetto geo-poilitco mondiale, tale non curanza collettiva, diventa la ricetta perfetta del disastro?.

 

Nel prossimo articolo cercheremo di sondare le campane degli ottimisti e dei pessimisti, e parleremo di un particolare petrolio :quello che si ricava dalle sabbie bituminose. Perché ancora nel 2000, si valutava che sarebbe stato conveniente intensificarne l'estrazione, solo se il greggio avesse quotato 45$ al barile… Caso vuole o non è un caso io non lo so, ma in questi giorni ci siamo arrivati, ma attenzione che i risvolti ecologici di questa lavorazione sono a dir poco catastrofici…

 

Non perdetevi la prossima puntata.

 

 

 

  

(articolo di Sandro Mancini)

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