http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel09/rel09it/economia_italiana/rel09_9_mercato_lavoro.pdf
Il tasso di disoccupazione, che aveva iniziato a crescere già dalla prima metà del
2007, è stato pari al 7,8 per cento nella media del 2009 (6,8 nel 2008) e ha raggiunto
l'8,8 per cento nel marzo dell'anno in corso. L'aumento del tasso di disoccupazione ha
interessato quasi tutti i gruppi demografici e in particolare i cittadini stranieri. La crescita,
più intensa tra i giovani (oltre due punti percentuali nella classe di età 20-34 anni)
per effetto dei tempi più lunghi di assunzione, è stata significativa anche tra i lavoratori
più anziani, soprattutto nel Nord, e tra quelli più istruiti.
L'aumento del tasso di disoccupazione è stato attenuato dal calo dell'offerta complessiva
di lavoro (-0,5 per cento; 127.000 unità in meno), di entità simile a quello
registrato durante la crisi degli anni novanta. Il tasso di attività dei cittadini italiani in
età da lavoro è diminuito al 61,6 per cento dal 62,3 nel 2008; dal 73,3 al 72,7 per cento
quello dei cittadini stranieri. La riduzione dell'offerta di lavoro dei cittadini italiani è
imputabile esclusivamente ai più giovani, per i quali hanno pesato soprattutto fenomeni
di scoraggiamento.
Il tasso di disoccupazione non coglie appieno il grado di sottoutilizzo delle forze di
lavoro perché esclude coloro che, pur immediatamente disponibili a lavorare, non cercano
attivamente un'occupazione e non considera il mancato contributo di lavoro dei
dipendenti in CIG. Nostre stime che tengono conto di questi due fattori indicano che
tra il 2008 e il 2009 il tasso di inutilizzo dell'offerta potenziale di lavoro è aumentato
dal 7,7 al 9,5 per cento includendo i lavoratori scoraggiati; dall'8,0 al 10,6 per cento
considerando anche l'equivalente del monte ore di CIG (fig. 9.3; cfr. il riquadro: Stime
del lavoro disponibile inutilizzato, in Bollettino economico, n. 59, 2010).
I lavoratori scoraggiati non rientrano nel computo del tasso ufficiale di disoccupazione che si basa sui criteri stabiliti dall'International Labour Organization. In particolare, un lavoratore è classificato come disoccupato se non ha un impiego, è immediatamente disponibile a lavorare e ha effettuato un'azione di ricerca nelle quattro settimane precedenti l'intervista. Quest'ultimo criterio, soprattutto nelle fasi cicliche fortemente negative, può determinare una sottostima della quota dell'offerta potenziale di lavoro inutilizzata perché esclude coloro che, pur disponibili a lavorare, non si impegnano nella ricerca per via delle scarse prospettive. Per valutare gli squilibri tra domanda e offerta di lavoro, il Bureau of Labor Statistics statunitense ha sviluppato e diffonde mensilmente una misura di lavoro inutilizzato ancor più ampia di quella qui stimata, che include nell'offerta potenziale di lavoro tutti coloro che, indipendentemente dalle azioni di ricerca, si dichiarano disponibili a lavorare. Sulla base di questo indicatore, nel 2009 la quota di lavoro inutilizzato salirebbe in Italia al 16,5 per cento. Nel 2008 questo tasso era pari al 15,6 per cento, un valore di almeno la metà superiore a quelli della Germania, della Francia, del Regno Unito e degli Stati Uniti.