Crisi o non crisi, la Cina non smette di crescere. E di sorprendere. Gli stimoli lanciati nel novembre 2008 dal premier Wen Jiabao a supporto delle esportazioni, hanno infatti dato segnali più che positivi molto prima del previsto e confermano il gigante asiatico come vera locomotiva dell'economia planetaria. Per non fare che un esempio significativo, la produzione di elettricità del Dragone ? che come è noto in Cina è direttamente collegata all'andamento della produzione industriale e quindi del prodotto interno lordo ? dopo aver registrato un crollo del 9,6% a gennaio 2009, a settembre è tornata a scattare verso l'alto di un buon 8% (il dato si riferisce al terzo trimestre), il miglior risultato dell'anno. La stessa cosa si può dire del Pil, cresciuto a sua volta dell'8,9%. Oltre allo stimolo all'export, uno dei fattori di successo della manovra cinese è stato quello di focalizzare gli investimenti sulle infrastrutture in alcune delle regioni più interne del Paese, spingendo le imprese più attive delle aree periferiche a una crescita improvvisa che ha più che compensato gli effetti economico-finanziari della crisi globale.
Crisi che sarebbe ormai in fase di recupero, fatto salvo il problema disoccupazione che ? minacciano economisti ed analisti ? non passerà senza lasciare il segno. Senza contare aggiunge Nouriel Roubini che la cosiddetta ripresa è un po' troppo ?anemica? per essere considerata rassicurante e che, al contrario, i mercati sembrano preparare lo scoppio della bolla dell'entusiasmo precoce.
E in effetti, la Gran Bretagna, per esempio, attraverso i dati del Servizio nazionale di statistica mostra una generale stagnazione, quando va bene, in tutti i settori economici: il Pil trimestrale ha segnato il sesto calo consecutivo, mentre tra i peggiori, hotel&restaurant e veicoli commerciali hanno perso l'1%, contro il ?1,1% delle costruzioni. Ironia della sorte, soltanto le ?attività statali? hanno registrato una crescita, per quanto ?bassissima?.
Nel complesso, l'insieme delle economie sviluppate/occidentali hanno smesso di precipitare e, almeno per il momento, restano flat. Forse un po' troppo. E negli Usa, dove gli affari sono previsti in ripresa, la fiducia dei consumatori resta molto bassa, ancora una volta per la paura della perdita di posti di lavoro che, nel frattempo, è stata più che giustificata dall'incremento oltre le aspettative (531.000, 11.000 più del previsto) delle richieste di indennità di disoccupazione. Quanto al debito pubblico e al suo peso sulla percezione del valore del dollaro nel mondo, è storia nota, una tragedia annunciata che, nel corso della settimana, non sembra aver trovato alcun colpo di scena in grado di salvare la situazione. Nel frattempo i mutui a rischio concessi delle banche Usa sono scesi a 494 miliardi di dollari, anche se l'inesigibilità di gran parte di essi continua a mietere vittime: dall'inizio dell'anno sono oltre 100 gli istituti di credito falliti, grandi e piccoli. Per la precisione 106, grazie alla new entry della First DuPage bank di Westmont (Illinois) del 23 ottobre.
Sulle Borse Usa, la gran cavalcata di queste settimane ha premiato soprattutto le mid-cap, in particolare quelle dell'Health Care dell'S&P400 (il loro indice di riferimento) che hanno segnato un bel 28,2% sui 12 mesi; la possibile riforma della sanità di Obama, infatti, frena la crescita dei big del settore che potrebbero esserne penalizzati.
L'S&P500 la scorsa settimana ha lasciato sul campo lo 0,7%: poco forse, ma certamente un campanello d'allarme. Anche se nove settori su dieci restano positivi per il 2009, mentre l'indice guadagna quasi il 20% year-to-date.
Tra i temi più di legati nostra, iniziano a filtrare le indiscrezioni sul piano Fiat per gli Stati Uniti, ma molte sono talmente incredibili da non poterle considerare vere: credereste infatti a una Chrysler 500? Al di là dei mille dettagli più o meno curiosi del piano, il senso è che il gruppo Fiat-Chrysler sta per mettersi in moto e che qualche sorpresa ? per lo meno borsistica – potrebbe riservarla. Sorvoliamo sulla possibilità di un Draghi al Ministero dell'Economia, voce messa in giro per far dispetto a un Tremonti litigante col Gran Capo (tutto rientrato però, come da copione) e diamo un'occhiata all'Asia: qui, a partire da Hong Kong, le costruzioni stanno tirando giù tutti i mercati, e solo un campione riesce a distinguersi: Honda, che annuncia utili in crescita del 56% malgrado dollaro debole, crisi economica etc. etc., grazie al taglio dei costi.
Un po' di big-stock picking (ma con un occhio alle mid e small cap, anche italiane), può insomma sempre essere utile.