LA BORSA E' IL CANE: SE NON ABBAIA MORDE


Ieri mattina, per quanto mi sia sforzato, non avevo niente da scrivere. Potevo farvi vedere Capitalia che svettava, il Bund che saliva, ma onestamente non ne avevo voglia. E' da alcuni giorni che ho un chiodo fisso in testa, un chiodo che si conficca sempre di più e sempre fa più male a mano a mano che ci avviciniamo al referendum francese sulla Costituzione europea.

I francesi sono sempre stati, dal 1945 ad oggi, i grandi scocciatori d'Europa, pur prendendosene, con la dichiarazione di Schumann del 1950, gran parte dei meriti. La storia de facto è andata in maniera molto differente da quello che ci racconta la retorica europea, ovvero loro la Ceca l'hanno creata soprattutto per tenere sotto controllo l'industria tedesca del carbone e dell'acciaio, e da allora i francesi con una mano propugnavano l'Europa e dall'altra la devastavano: basti pensare alla PAC che ha ciucciato fino al 92% delle risorse comunitarie, a De Gaulle ed alla sua stupida grandeur, e via andare. Il francese, aggrappato a queste sue malinconie, al suo Stato che a tutto vede e provvede, alla sua previdenza sociale, non vuole la concorrenza, miopemente manda Chirac a mendicare ai cinesi una tregua sul tessile mentre de facto ha rinunciato ogni ambizione nel settore tecnologico (e chi se ne frega del tessile, diciamocelo francamente).

La lezione del Giappone dopo gli accordi del Plaza nel 1985 non se la ricorda nessuno: possono anche rivalutare lo yen (leggi yuan) ma se io sposto la mia industria da un settore all'avanguardia a quell'altro, dove ricerca scientifica e capacità di innovare sono il fattore principale di competizione, rimango sempre il numero uno in termini di export. Viceversa, se sono condannato a produrre magliette e piastrelle ceramiche, ecco che la manodopera a basso costo di India, Cina, Turchia e paesi dell'Europa dell'Est mi farà a pezzi in poco tempo. Si, vero, le griffe del made in Italy sono le più copiate da commercianti asiatici senza scrupoli, ma se i corsi di produzione italiani fossero competitivi come quelli della Germania avremmo avuto il loro stesso risultato: una crescita dell'export. Ed invece il nostro export cola a picco non tanto per i cinesi quanto perché a) ci siamo specializzati nella produzione di beni che sarebbe un bene per tutti lasciare ai cinesi b) i nostri costi del lavoro per unità di prodotto sono cresciuti nel 2004 del 3% mentre quelli di Germania e Francia sono diminuiti c) la nostra produttività ha perso dal 2001 ad oggi il 25 % mentre la produttività di Francia e Germania è cresciuta.

Ecco i veri mali del Belpaese, non certo l'Europa, che viene caricata di colpe che non ha per giustificare riforme che a livello politico non si possono fare. E poi con una vera e propria faccia di bronzo si parla di 100 euro di aumento agli statali, che continuano a lavorare meno degli altri con 34 giorni di ferie all'anno ! Certo, avete mai provato a chiedere a un impiegato del governo federale degli Stati Uniti quante ferie ha ? Ecco che questa Europa, carica di colpe che non ha, anche se certo non esente da colpe, quali ad esempio la mancata liberalizzazione dei servizi, va questo week end ed il 1° giugno davanti al plotone di esecuzione di francesi ed olandesi. Il risultato ? Sicuramente in Francia ci giocheranno al tiro al piattello. Ma questo non significa che il processo di integrazione si arresterà: in una ottica funzionalista, in cui si dà per scontato che il processo di integrazione è un passo indietro e due avanti, forse si ripartirà da questa sconfitta per un progetto forte. Non penso che sarà la fine.

Quali conseguenze per i mercati ? Mi stupisce che la stampa finanziaria italiana non abbia preso in considerazione lo scenario sconvolgente che ci sta davanti, eccetto un veloce articolo su MF. La vittoria del no significherebbe un ampliamento brusco del differenziale Bund ? Bpt, una caduta della borsa italiana, un ulteriore peggioramento, come se ce ne fosse bisogno, della situazione della contabilità pubblica. Come davanti alle grandi crisi che si sono prospettate in passato, la reazione della comunità finanziaria è di un religioso silenzio. E questo, come trader, non mi piace. I mercati sono i seguaci della politica del cane, che se abbaia non morde, ma se non abbaia è la volta che vi azzanna. Spero che il povero Tomasini dal suo antro di Spilamberto questa volta si sbagli davvero. Perché altrimenti addio rialzo fino a dopo l'estate.

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