L?Europa rende nervoso il mondo


La strada per l'uscita dell'Europa dalle secche della crisi è ancora lunga. È questo lo scenario, qui più volte evidenziato e che ancora una volta viene ribadito, che emerge dallo stato dei conti pubblici del Vecchio Continente. Che i bilancio fossero sempre stati un po' ?aggiustati? (Grecia docet) e che una visione ottimistica della situazione generale facesse piacere a tutti era chiaro da anni. Ma, giunto il momento della verità, non si può più imbrogliare le carte. La Grecia, appunto, poi i dubbi di Portogallo, Spagna e Irlanda. Ora l'Ungheria e, ancora più grave, la Francia. Altro che l'Italia.

Cominciamo dalla prima. Le elezioni hanno portato al potere un nuovo governo, il cui portavoce, qualche giorno dopo l'insediamento ha comunicato, forse con troppa leggerezza, che il governo precedente aveva raccontato un sacco di bugie, che i conti pubblici erano ben peggiori del previsto e che, virgolette, non è esagerato parlare di default, chiuse virgolette. Ovvio il panico, la speculazione, le vendite, le Borse che precipitano e così via. Stiamo parlando dell'Ungheria, mica di un paesello qualsiasi.

Poi intervengono ?quelli che ne sanno? a tranquillizzare la massa: il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn e il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, oltre al rinsavito ministro

dell'economia magiara Gyorgy Matolcsy, che butta acqua sul fuoco, annuncia risanamenti, tagli, che ?tutto è sotto controllo? etc etc. Scene già viste, insomma. Quindi? Chi ha ragione, chi dice la verità? Non è possibile saperlo. L'unica fonte sono i dati pubblici, i bilanci degli Stati. Ma se sono falsi, a che servono?

Poi la Francia. Sarà un caso, ma Parigi è uno dei più accesi sostenitori di un'inchiesta internazionale sull'assalto israeliano alla flotta diretta a Gaza, e con Italia e Usa ha approvato in questi giorni un enorme stanziamento a favore dell'Autorità Nazionale Palestinese, ben 655 milioni di dollari. Un caso? Fantapolitica?

Intanto però il costo dei Cds francesi è schizzato di 40 punti, cresciuto insieme alle insistenti voci di un grave problema con i derivati di SocGen. Voci. I numeri, in effetti, non sono eccezionali. Rapporto deficit/Pil all'8,2% e debito pubblico all'80% del prodotto interno lordo. La barca, insomma, non sta affondando la le onde la stanno facendo oscillare pericolosamente. E, come scrive IlSole-24Ore, la tripla A di Parigi è a rischio. E l'euro scivola sotto 1,20.

È in questo scenario che il buon Calderoli chiede a calciatori e alla Rai di tagliare sprechi e ingaggi milionari. E magari limitare l'uso delle veline. Entrambi.

Sempre a casa nostra, l'ipotesi di alzare l'età pensionabile delle donna 65 anni nel 2015 anziché, come previsto, nel 2018 è stata rispedita al mittente dalla UE: il 1° gennaio 2012 deve essere cosa fatta, ha fatto sapere la Ue. Punto. Avete avuto dieci anni per adeguarvi, ora basta, non c'è motivo per posticipare l'eliminazione di una discriminazione.

Sale poi la tensione in più punti del globo. Tra Usa e GB per i toni sempre più ?antibritannici? nelle accuse a BP sulla gestione della fuoriuscita del petrolio nel Golfo del Messico, che tra l'altro sta arrivando all'Atlantico. Inoltre la Turchia non accenna ad abbassare i toni con Israele per l'assalto alla flotta di Gaza, e questo malgrado i contratti milionari (in euro) per forniture militari e aerei senza pilota da Tel Aviv ad Ankara, mentre la Mezzaluna Rossa iraniana prepara tre navi di aiuti per forzare il blocco. La tensione nell'area è quindi destinata a rimanere alta, mentre Israele, la più fiorente, attiva e moderna economia del Medio Oriente, vive un assedio sempre più stretto e pericoloso, per tirarsi fuori dal quale non fa nulla, politicamente. Anzi.

 

Tutto questo non fa bene né ai mercati né ai conti pubblici, ma aiuta forse qualche colosso delle armi.

Non è un caso che, sull'S&P500, il Net Earnings Revisions Indexes del settore Aerospace & Defense  ha segnato, da aprile a maggio, una crescita dal 9,2% al 17,7%. Una revisione di crescita che ha toccato anche i sottosettori Construction & Farm Machinery & Heavy Trucks (dal 19,4% al 33,3%), Electrical Equipment & Components (dal 10,6% al 22,7%) e Industrial Machinery (dal 21.5% al 34%). Su questi sottosettori, inoltre, analisti come Ed Yardeni consigliano di restare sovrappesati, destinati come sono a beneficiare positivamente della ripresa delle esportazioni. Gli industriali dell'S&P500 restano complessivamente sotto la lente. La scorsa settimana, invece, l'indice Usa è sceso del 2,3%, registrando la quinta ottava negativa sulle ultime otto, a partire cioè dalle vendite conseguenti gli eventi europei. Complessivamente, tutti e dieci i settori e 124 dei 130 sottosettori hanno chiuso in territorio negativo; solo due settori e 61 sottosettori sono ora in attivo rispetto all'inizio dell'anno. Il settore dei Consumer Discretionary (beni di consumo durevoli) è attualmente il top performer a 12 mesi con un guadagno del 5,5%, seguito con un +1,6% dall'Industrials.

È probabile che la volatilità provocata dall'incertezza circa il debito sovrano dei Paesi europei lasci il mercato ancora nell'incertezza, ma la forte ripresa dei titoli dell'S&P500 non dovrebbe arrestarsi e potrebbe essere l'asset decisivo in direzione di un bull market.

 

Uno sguardo all'approccio ai mercati dei Large Speculator statunitensi, infine, mette in evidenza le aspettative positive verso il dollaro Usa (inferiori però rispetto a qualche settimana fa) e un po' meno positive verso i dollari canadese e australiano e vero il petrolio, mentre restano ancora postivi sull'oro. ?Extremely bearish? su euro e sterlina, ancora più negativi sullo yen (a causa dell'ennesima crisi politica), moderatamente negativi sull's&P500 e su T-note decennali.

 

 

 

 

 

 

 

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